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La diga che fa discutere Etiopia ed Egitto: tra presunti attacchi hacker e mediazioni internazionali

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La decisione dell’aviazione etiope di sospendere qualunque volo sopra il proprio territorio nazionale in corrispondenza con l’area della Grande Diga del Rinascimento Etiope (GERD), sta sollevando non poche perplessità. La decisione è stata presa a seguito dell’acuirsi delle tensioni con l’Egitto proprio a causa della GERD, attualmente in costruzione sul Nilo Azzurro.

I lavori per la diga sono iniziati nel 2011 e per l’Etiopia, quest’opera rappresenta un’occasione di sviluppo e rilancio essenziale: attraverso la diga, il Paese arriverebbe a produrre 6.450 megawatt di energia capaci di fornire elettricità a 60 milioni di abitanti – numeri importantissimi, se si pensa che ad oggi 65 milioni di abitanti, su una popolazione totale di 109 milioni, non dispongono di corrente elettrica. Con queste cifre l’Etiopia spera non solo di imprimere un nuovo slancio allo sviluppo economico ed industriale del Paese, ma anche di porsi come maggiore esportatore di energia elettrica nella regione.

L’Egitto però, ha fin da subito espresso le sue perplessità: il Paese dal Nilo preleva circa il 95% dell’acqua dolce utilizzata per usi agricoli e domestici e teme che la costruzione della diga possa contribuire a diminuire la portata del fiume, a causa di un afflusso inferiore proveniente dal Nilo Azzurro. L’Egitto, infatti, si muove già in un regime di precarietà idrica rispetto agli standard internazionali – secondo la Banca Mondiale, sotto la soglia di 1.000 metri cubi di acqua annui per individuo si può parlare di scarsità d’acqua, mentrel’Egitto attualmente ne produce solo 550 mq.

Nel corso degli anni la regolamentazione dell’utilizzo delle acque del Nilo è passata attraverso vari trattati, l’ultimo dei quali risalente al 1959 – con il quale Sudan ed Egitto si spartirono l’utilizzo delle acque, riservando 18,5 miliardi di metri cubi al Sudan e 55,5 miliardi all’Egitto. Quest’ultimo ha sempre continuato a ritenere valido l’accordo, avvalendosi anche del pretesto di una minore precipitazione piovana rispetto ai restanti paesi del bacino del Nilo, mentre l’Etiopia ha sempre lamentato la propria esclusione dai negoziati. La successiva Dichiarazione dei Principi del 2015, quindi, ha visto coinvolta anche l’Etiopia, sancendo l’impegno dell’Egitto a non opporsi ad eventuali progetti di sfruttamento delle acque al di fuori del proprio territorio nazionale e, di contro, l’impegno dell’Etiopia ad evitare “danni significativi” a seguito della costruzione della diga. In ogni caso, l’accordo è restato vago e poco vincolante per le parti, che si sono arrogate il diritto di interpretarlo a modo proprio.

Ad oggi, il centro della discordia riguarda la tempistica per il riempimento della diga: secondo i tecnici egiziani, per evitare di causare danni idrici ai paesi del bacino – e far fronte anche ad eventuali periodi di siccità aggravati dal cambiamento climatico – il processo dovrebbe avvenire nell’arco di 10-15 anni. L’Etiopia, invece, sembra decisa a realizzare l’intero progetto entro tre anni, sostenendo che attualmente non esisterebbero studi affidabili sugli effetti nocivi della GERD sull’approvvigionamento idrico dei paesi confinanti.

Nemmeno l’opera di mediazione statunitense – iniziata nel novembre 2019 su richiesta del presidente egiziano Al-Sisi – è riuscita a far uscire i due paesi dall’impasse. Nel febbraio 2020, infatti, l’Etiopia ha ufficialmente abbandonato il tavolo dei negoziati ritenendo che gli Stati Uniti avessero posizioni troppo filoegiziane. Dopo il fallimento diplomatico americano, la mediazione è passata nelle mani dell’Unione Africana – di cui l’Etiopia detiene la presidente pro-tempore – ma ad oggi non sembrano essere stati fatti ulteriori passi avanti.

Tale mossa, seppur indicatore di una scarsa fiducia nell’operato di attori terzi estranei alla regione, potrebbe aver aperto uno spiraglio all’azione italiana. Il partner principale dell’Etiopia è l’italiana Salini Impregilo, alla quale è stata affidata la costruzione materiale della diga, mentre il completamento delle opere idroelettriche è stato affidato alle cinesi China Gezhouba Group e Voith Hydro Shanghai. Tale coinvolgimento economico potrebbe non favorire l’immagine di Roma – soprattutto agli occhi di al-Sisi – quale mediatore imparziale, tuttavia, l’Italia potrebbe puntare ad avere un ruolo di consulente meramente tecnico, soprattutto per quanto riguarda i dissensi legati alle tempistiche e alle modalità di riempimento della diga. Tale settore, come già ripetuto, è di esclusiva competenza cinese e potrebbe garantire una certa imparzialità di giudizio. Inoltre, l’Italia si assesta tra i primi cinque partner commerciali del paese, nonché uno dei maggiori investitori, già presente in Etiopia, come appaltatrice primaria delle dighe GilgelGIbe II, Gilgel Gibe III e Tana Beles.  

L’escalation

La situazione si è ufficialmente aggravata nel luglio 2020, data in cui il riempimento del bacino idroelettrico è iniziato ufficialmente. La manovra ha irritato il governo egiziano, il quale aveva in passato rivendicato il diritto di stabilire le modalità del riempimento prima della messa in moto da parte dell’Etiopia. Nella stessa settimana, il Sudan ha dichiarato di aver registrato un calo della portata del fiume in corrispondenza del confine con l’Etiopia, a pochi chilometri dalla diga. Notizia poi smentita dal Ministro dell’Irrigazione etiope, Bekele Seleshi, il quale ha spiegato come il riempimento del bacino e il conseguente ristagno d’acqua fossero dovuti semplicemente alla stagione delle piogge, prospettando un ritorno alla normalità in tempi celeri.

La tensione crescente tra i due paesi ha allarmato l’Etiopia e ha portato l’aviazione civile, lo scorso 5 ottobre, a proibire ufficialmente qualunque volo che si trovi a sorvolare l’area interessata dalla diga “per motivi di sicurezza”. Il provvedimento dell’Etiopia sembra tradurre i timori che in molti hanno espresso circa la pericolosità dell’aviazione egiziana, che può vantare un posto nella top ten mondiale per forza militare.

Una questione di valore

A complicare ulteriormente la questione, vi è l’alto valore simbolico incarnato dalla GERD: per l’Etiopia la diga è strettamente collegata all’ideale di “rinascita” del paese, rappresenta la promessa di un futuro contrassegnato da sviluppo e benessere. Lo stesso presidente Abiy Ahmed la descrive come una diga etiope per gli etiopi”. Proprio questo rimarcare il carattere nazionale della diga potrebbe celare in sé il tentativo di assurgere l’opera ad elemento di coesione nazionale, proprio in un periodo particolarmente complicato per il paese, dove le istanze etniche stanno riemergendo con più forza. Da mesi, infatti, il paese è scosso da violente proteste a seguito dell’omicidio, il 29 giugno scorso, del cantante ed attivista di etnia oromo Hachalu Hundessa.

L’Egitto, dal canto suo, vede nella diga una vera e propria “minaccia per la sua esistenza”. Con la costruzione della GERD perderà il suo monopolio sul controllo delle acque del Nilo, controllo sul quale ha basato la sua intera identità nazionale e il processo stesso di State-building. Quest’evento potrebbe rimescolare le carte in tavola, dando man forte ad una parte del movimento intellettuale sorto nella regione, il quale rimarca la necessità da parte dell’Egitto di comprendere che “Il Nilo appartiene anche ad altri nove stati africani”.

Una nuova guerra

La rivista Foreign Policy parla già una nuova guerra dell’acqua combattuta attraverso attacchi cibernetici. Tutto sembra essere nato lo scorso giugno, quando un gruppo chiamato Cyber_Horus Group ha hackerato una dozzina di siti web di proprietà del governo etiope, oscurandoli con l’immagine di uno scheletro vestito da faraone, che stringe tra le mani una falce e una scimitarra, con sotto il messaggio “If the river’s level drops, let all the Pharaoh’s soldiers hurry. Prepare the Ethiopian people for the wrath of the Pharaohs”.

Subito dopo, la rete ha registrato degli insoliti movimenti provenire dagli account Tik Tok di giovanissimi utenti etiopi. Come riporta il Foreign Affairs, il video più famoso – oggi non più disponibile – ritrae una giovane influencer che balla una canzone egizia popolare, con sotto il messaggio “Distracting the Egyptians while we fill the dam”. Gli utenti di nazionalità egiziana hanno riposto alla provocazione della ragazza lanciando gli hashtag #Nile4All e #EgyptNileRights.

È sicuramente insolito vedere un tale coinvolgimento da parte di una fascia di popolazione così giovane e questo potrebbe far intendere che la GERD non nasce per essere – e non sarà – una semplice infrastruttura. Bisognerà vedere se, come pronosticato da Foreign Policy, potremmo trovarci di fronte al primo conflitto tra due pasi africani che vede l’utilizzo di mezzi cyber.

Sabina De Silva,
Geopolitica.info

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