Il conflitto a lungo temuto che sta dilaniando l’Etiopia non ha solo riacceso timori sui delicati equilibri del Corno d’Africa, ma sta anche causando una crisi migratoria che colpisce quasi un milione di persone. Sfollati interni e rifugiati sono in viaggio verso il Sudan in fuga dal continuo aumento delle violenze nel Tigrè. La comunità internazionale esorta alla risoluzione del conflitto mentre l’Unione Europa si prepara a chiudere i confini.
La guerra civile in Etiopia, che ha già raggiunto l’Eritrea il 14 novembre con il bombardamento verso Asmara, minaccia di espandersi nel resto del Corno d’Africa con un possibile impatto devastante. L’escalation della violenza durante l’ultimo mese ha già provocato gravi disordini interni: 96.000 rifugiati eritrei vengono dislocati per la seconda volta, aumentano gli sfollati interni, aumentano le violenze tra gruppi etnici e 30.000 rifugiati etiopi scappano verso il Sudan.
L’aumento delle tensioni
L’Etiopia, il secondo paese più popoloso d’Africa, è un paese storicamente diviso tra un desiderio di unità nazionale e le rivendicazioni di autonomia di alcuni gruppi etnici. In Etiopia convivono ben 80 gruppi etnici diversi di cui la maggior parte sono gli Omoro, che rappresentano il 34,4% della popolazione, mentre gli Amara il secondo gruppo più numeroso, sono il 27% ed infine i Tigrini costituiscono circa il 6% della popolazione.
Le forze del Fronte di Liberazione del Tigrè (TPLF) combattono per l’indipendenza dei Tigrini contro l’esercito federale etiope. Il Tigrè è infatti uno dei dieci stati federali semi-autonomi dell’Etiopia organizzati seguendo linee etniche.
Le tensioni tra il primo ministro Abiy Ahmed e il TPLF sono iniziate già nel 2018, quando Ahmed fu eletto. L’inizio dei recenti scontri invece è stato causato dalla posticipazione delle elezioni che avrebbero dovuto tenersi ad agosto, rinviate da Abiy Ahmed ufficialmente a causa del COVID-19. I leader del Tigrè però lo accusarono di voler così prolungare il suo mandato e decisero di indire le proprie elezioni a settembre 2020. Da quel momento le tensioni tra il TPLF e il governo federale crebbero; Ahmed rispose a questa decisione dichiarando il governo del Tigrè illegale e il TPLF in risposta affermò di non riconoscere più l’amministrazione di Abiy Ahmed.
L’escalation del conflitto iniziò con l’attacco di una base militare federale nel Tigrè. L’amministrazione di Ahmed accusa il TPLF di aver forzato un confronto militare con questo attacco, mentre il TPLF accusa i governi di Addis Abeba e di “un paese straniero”, chiaramente l’Etiopia, di aver dichiarato il falso per poter giustificare gli attacchi militari che di fatto seguirono verso il Tigrè. Entrambi sono accusati di atrocità contro i civili e le istituzioni internazionali sospettano crimini di guerra a seguito di uccisioni di massa in Tigrè. E’ però ancora difficile verificare la veridicità degli eventi sul territorio.
L’esodo verso il Sudan
Le violenze hanno causato l’esodo di migliaia di persone verso il Sudan. Le persone che lo hanno raggiunto in cerca di rifugio hanno descritto l’aumento delle atrocità nella regione del Tigrè tra i militari federali e le forze ribelli e, rifugiati come Gowru Awara, riferiscono ad Al Jazeera che sono fuggiti perché “il governo vuole liberarsi dei Tigrini e le persone rimaste vivono in una zona di conflitto”. Oltre 4.000 rifugiati attraversano il confine con il Sudan ogni giorno e quest’ultimo richiama la comunità internazionale ad aumentare gli aiuti per contenere la crisi migratoria.
L’OIM ha rilasciato una dichiarazione il 13 novembre affermando che il conflitto ha spinto 14.500 persone a fuggire verso il Sudan. La maggior parte delle persone arrivano da Humera, all’intero del Tigrè, ma anche da altre due città vicine Rawyan e Dima.
Gli ufficiali delle Nazioni Unite sono preoccupati in particolare per i rifugiati eritrei in Etiopia. Dopo l’accordo di pace tra l’Etiopia e l’Eritrea nel 2018 non ci fu alcun miglioramento nel loro riconoscimento come rifugiati, tuttora rimangono privati di diritti umani fondamentali. Da quando le violenze sono iniziate, a novembre, 96.000 rifugiati eritrei, che prima del conflitto vivevano nei campi di profughi nel Tigrè, sono stati nuovamente sradicati anche a causa delle condizioni insostenibili nei campi. Il 12 novembre gli scontri si sono avvicinati al campo di Shimelba, che ospitava 6.500 rifugiati eritrei, causando spostamenti di massa ed il loro secondo dislocamento.
In Sudan la capacità di accoglienza è stata superata; nel centro di transito al checkpoint di Hamdayet, che potrebbe ospitare 300 persone, ce ne sono già 6.000. Il governo sudanese ha approvato la costruzione di un campo di rifugiati ad 80 km dal confine con la capacità di ospitare 20.000 persone, ma le autorità sudanesi si stanno preparando per accogliere un numero stimato di 200.000 rifugiati provenienti dall’Etiopia. Nel contempo però inviano 6.000 truppe sudanesi al confine.
L’UNHCR emette una richiesta urgente per aumentare i fondi per gli aiuti ai rifugiati fuggiti in Sudan e il Direttore Regionale, Clementine Nkweta-Salami, esorta “i Paesi confinanti dell’Etiopia a mantenere i confini aperti”.
A livello internazionale la Francia, l’Austria e la Germania hanno avanzato una proposta all’Unione Europea per rendere l’assimilazione dei migranti più rigorosa. Il piano, elaborato alla luce dei recenti attacchi terroristici, prevede che i migranti da paesi musulmani ricevano un’educazione religiosa una volta arrivati in Europa e debbano imparare la lingua del Paese nel quale arrivano. La presentazione di questo progetto non è stata ricevuta positivamente dagli altri Membri, la Svezia, il Lussemburgo e l’Olanda hanno, infatti, sempre contrastato la decisione di questioni riguardanti la migrazione e la religione secondo una visione basata sulla sicurezza.
Nel frattempo, l’Italia pianifica di utilizzare navi e aerei militari per tenere monitorate le coste Tunisine. Secondo Al Jazeera, lo scopo dell’operazione italiana è di avvertire le autorità tunisine per impedire le partenze verso l’Europa.
Quasi 100 rifugiati etiopi hanno attraversato la Manica, 65 sono stati fermati in Croazia nel tentativo di raggiungere l’Italia e la BBC riporta che più di 1.600 migranti e rifugiati hanno raggiunto le Isole Canarie nello scorso weekend.
Che gli scontri nel Tigrè possano modificare il delicato equilibrio del Corno d’Africa non è più solo un timore. L’instabilità dell’Etiopia si sta riverberando nella regione portando con sé perdite civili, crimini di guerra e aumentando la crisi migratoria. Il Sudan non ha la possibilità di contenere l’emergenza e neanche la capacità di accogliere tutti i rifugiati; allo stesso tempo l’Unione Europea non sembra prepararsi agli arrivi di persone che tenteranno di attraversare il Mediterraneo, contribuendo al rafforzamento delle organizzazioni criminali.
Neila Zannier,
Geopolitica.info