Il periodo di transizione dettato dalla fase post pandemica ha evidenziato l’importanza di aumentare gli investimenti e le risorse nell’ottica più ampia di decarbonizzare l’economia e la società attuale. In questo scenario, l’avvento del conflitto tra Ucraina e Russia, cominciato a febbraio 2022 e protrattosi fino ad oggi con implicazioni più gravi del previsto, ha inciso fortemente sul quadro energetico nazionale ed internazionale. Oggigiorno, nessuna nazione può considerarsi tranquilla dal punto di vista della sicurezza energetica, tanto che l’autonomia energetica rispetto a Paesi terzi è diventata la priorità politica. L’obiettivo è dunque quello di finalizzare un cambio di paradigma del sistema energetico italiano, volto sempre più a favorire l’utilizzo delle fonti rinnovabili a discapito dei combustibili fossili. Il Governo Draghi ha spianato la strada verso un percorso deciso e coerente lanciando, come ultimissima misura, 8 progetti di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (FER). Quale sarà il futuro energetico del nostro paese?
L’attuale crisi energetica e le implicazioni geopolitiche
La promozione delle fonti rinnovabili, della loro produzione e del loro consumo, è oggigiorno un obiettivo cruciale per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere la tanto ambita autonomia energetica. Con l’attuale crisi mondiale in corso, esiste la possibilità che la società possa incanalare un sistema produttivo ancor più inquinante per sopperire allo stop alle importazioni di gas russo. Uno scenario che va assolutamente evitato. Le questioni geopolitiche hanno fatto emergere alcune falle sistemiche a livello nazionale, sovranazionale ed internazionale che, nel medio-lungo termine, dovranno necessariamente essere risolte. Ad esempio, nel 2020, l’UE ha importato il 46,8% di gas naturale e il 24,7% del petrolio dalla Russia, una quantità che ha messo a serio rischio tutto il sistema dei 27 paesi membri non appena il Cremlino ha cominciato l’invasione della vicina Ucraina.
Un tale sconvolgimento geopolitico ha evidenziato come una strategia energetica, basata su assicurare la fornitura di materie prime, incrementare la produzione di energia nazionale e l’efficienza energetica dei consumi, sia fondamentale nella comunità internazionale odierna. In particolare, per autonomia energetica si intende dunque la capacità di un Paese di soddisfare il proprio fabbisogno energetico internamente, senza richiedere energia e dipendere da Paesi terzi.
Sono numerosi i tasselli che devono essere inseriti prima di raggiungere tale status: azioni ed investimenti che riguardano il lato dell’offerta, con riferimento alla produzione di energia nazionale, ed il lato della domanda, legato primariamente ad una graduale riduzione di consumi. In questo frangente, l’Italia è uno degli Stati Membri dell’UE più arretrati, nonostante una conformazione geografica ed una posizione territoriale tra le più invidiate del vecchio continente.
Lo scenario energetico italiano
L’Italia è tra le nazioni più ricche dal punto di vista delle risorse naturali da cui si può produrre energia rinnovabile, in primis sole, acqua e vento. Negli ultimi anni, Roma ha aumentato esponenzialmente la quantità di energia prodotta da fonti pulite, tanto che gli obiettivi per il 2020 sono stati raggiunti pienamente. L’avvento della pandemia e lo scoppio del conflitto russo-ucraino hanno tuttavia aumentato le preoccupazioni in merito agli obiettivi fissati per il 2030. Tra queste, è importante sottolineare come le emissioni di origine energetica rappresentino oltre l’80% delle emissioni totali nazionali. Di conseguenza, è fondamentale garantire una copertura capillare della rete energetica e una struttura in grado di fronteggiare i cambiamenti climatici e demografici, diminuendo analogamente l’inquinamento generale.
In quest’ottica, se da un lato il Bel Paese risulta deficitario di giacimenti fossili rispetto alle altre superpotenze europee, dall’altro Roma può godere di un elevato potenziale dal punto di vista delle fonti rinnovabili, come ribadito in precedenza. Nel 2021, la quota di fonti termiche tradizionali sul totale della domanda si è ridotta al 65%, con il conseguente aumento delle FER al 35%: tale crescita esponenziale è stata principalmente dettata dalla diffusione di eolico e fotovoltaico lungo tutta la Penisola, con un tasso di installazione di nuove capacità pari a 0,8 GW per anno tra il 2013 ed il 2020. Tuttavia, a causa di procedure inefficienti e una burocrazia napoleonica, questi risultati non sono sufficienti.
Ne è stato pienamente consapevole il Governo Draghi che, sfruttando le risorse stanziate tramite il Piano Energetico Ripresa e Resilienza (PNRR), ha cercato di dare una svolta al futuro energetico nostrano. Si è passati dal garantire l’azzeramento degli oneri generali di sistema concernenti gli impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili all’esonero dalle accise a cui sono sottoposti i prodotti energetici per quanto riguarda l’idrogeno verde.
La strategia nazionale
Le politiche energetiche italiane, riportate in tabella, vanno di pari passo con quelle europee. Il nuovo Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, guidato dal Ministro Gilberto Pichetto Fratin, è chiamato ad implementare il numero maggiore di interventi in grado di garantire un equilibrio non facile tra le esigenze nazionali e i bisogni di un’Europa in piena difficoltà.
Figura 1: una overview delle politiche energetiche a livello europeo e nazionale.
Certamente, la strategia italiana potrà contare su un portafoglio di interventi approvati al rush finale dal Governo Draghi che potrebbe dare un po’ di ossigeno. Proprio in ambito di energie rinnovabili, il Governo uscente ha dato il via libera a 8 progetti di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per una potenza complessiva pari a circa 314 megawatt. Si tratta di tre progetti da realizzare in Basilicata, tre in Puglia e due in Toscana, con l’impianto nei comuni di San Mauro Forte, Salandra e Garaguso, in provincia di Matera, che garantirà una potenza di 72 MW.
L’obiettivo di installare 8 GW all’anno è un target molto ambizioso ma assolutamente alla portata del nuovo Governo, se verranno effettivamente semplificate le procedure, a livello di tempistiche e competenze, in quanto, ad esempio, per gli impianti in mare la competenza è tutta statale mentre per l’eolico on-shore e l’idroelettrico, sopra i 30 MW, la competenza è statale ma l’autorizzazione resta in seno alle Regioni.
In conclusione, l’Italia ha tutte le carte in regola per attuare una reale transizione verso l’uso di fonti rinnovabili ed un’economia a zero emissioni, a patto che tutti gli stakeholders uniscano le proprie forze e superino gli ostacoli burocratici e tradizionali che, da sempre, congelano le evoluzioni di un settore cruciale per il nostro futuro.