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L’attivismo dell’Italia nei Balcani e il contenimento delle potenze revisioniste

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L’Italia deve rilanciare il suo impegno nei Balcani occidentali a partire dalla dimensione economica. Questo l’obiettivo che il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani intende raggiungere per preservare l’area nell’orbita europea e contenere l’influenza su di essa di potenze esterne come la Russia e la Cina.

Il presente articolo riproduce parzialmente i contenuti di un contributo dell’autore per l’edizione del 24 marzo di “Scenari”, inserto di geopolitica del quotidiano “Domani”

Dallo scorso luglio, quando hanno ripreso vigore le spinte separatiste delle minoranze serbe nel nord del Kosovo ed è salita la tensione a seguito del provvedimento del governo di Pristina sulle targhe per la circolazione stradale, i Balcani occidentali sono tornati a suscitare l’interesse della politica internazionale come potenziale scenario di confronto tra le grandi potenze.

La capacità dell’area di trasformarsi in una nuova “polveriera d’Europa” è stata confermata, dunque, dall’acuirsi degli scontri nella zona di Kosovka Mitrovica. Qui la «guerra delle targhe» ha rappresentato l’innesco per la riesplosione di uno dei mai sopiti motivi di tensione dei Balcani, la rivalità tra Pristina e Belgrado.

Sono stati diversi gli sforzi di risoluzione delle ostilità. Tra questi, l’incontro d’emergenza tra l’Alto rappresentante UE per la politica estera Josep Borrell, il presidente Aleksander Vučić ed il premier kosovaro Albin Kurti volto a scongiurare una nuova escalation di tensione. Ma anche le visite a Belgrado e a Pristina dei ministri italiani della Difesa, Guido Crosetto, e degli Affari Esteri, Antonio Tajani, per favorire la ripresa del dialogo e poi inaugurare un percorso di cooperazione, che vada oltre la cooperazione in campo diplomatico.

In continuità con il governo Draghi, pertanto, anche l’esecutivo di Giorgia Meloni sta confermando il suo ancoraggio alla tradizione della politica estera italiana, che ha nel Mediterraneo “allargato” il suo naturale perimetro d’azione. Ha scelto, a differenza del passato, però di adottare una linea di maggior visibilità verso i Balcani, come rimarcato dalla decisione del ministro degli Esteri di includere le relazioni con l’area balcanica nel suo portafoglio personale.

È all’interno di questa cornice strategica che a gennaio la Farnesina ha organizzato a Trieste la conferenza “L’Italia nei Balcani occidentali: crescita e integrazione”, a cui hanno preso parte numerosi ambasciatori, le principali realtà associative del mondo produttivo italiano interessate alla regione balcanica e le Istituzioni chiamate ad accompagnare i player economici italiani sui mercati esteri. Tra gli obiettivi principali, quello di far crescere stabilità e sicurezza ai nostri confini anche attraverso lo strumento economico.

Un meeting che si è tenuto a Trieste e alla presenza del Commissario europeo per il Vicinato e l’Allargamento, Oliver Varhelyi, a confermare l’investitura europea alle politiche che l’Italia svilupperà in tal senso. Nel corso dell’evento è emersa la necessità di accelerare il processo di integrazione europea dei Paesi balcanici, sottolineata anche dalla presidente del Consiglio Meloni in videocollegamento, affinché questi non entrino nell’orbita delle potenze “revisioniste”. 

Gli investimenti italiani nella regione, inoltre, potrebbero produrre effetti sulla questione dei flussi migratori, sul contrasto alla criminalità, ai traffici illegali e al radicalismo di matrice jihadista.

Un obiettivo da raggiungere portando avanti un approccio da “Sistema-Paese”, con la diplomazia nel ruolo di coordinatore dei lavori, affiancata dalla componente militare, dalle imprese italiane e dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

Secondo fonti della Farnesina, in fondo a questi sforzi c’è l’idea di un Italia che si faccia portavoce dei Balcani occidentali a Bruxelles e garante della prosecuzione del processo di integrazione europea per i territori che ne sono ancora al di fuori. 

Sempre nel corso della conferenza di Trieste, infine, il ministro Tajani è ritornato sulla situazione conflittuale fra Serbia e Kosovo, spiegando come l’Italia sia tornata a partecipare all’azione del cosiddetto «Quintetto», con Regno Unito, Germania, Francia e USA

Parigi e Berlino hanno proposto una bozza di accordo che costituirebbe un passo in avanti verso la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina: inviolabilità dei confini, rispetto reciproco dell’integrità territoriale e delle minoranze, responsabilità per il mantenimento della pace, più un elenco di dieci punti tra i quali spiccano quelli relativi all’impegno nello sviluppo dei rapporti di buon vicinato e il reciproco appoggio alle aspirazioni d’ingresso nell’UE.

Per dare continuità a questa strategia, la Farnesina ospiterà a Roma, il 3 aprile, una riunione di tutti i ministri degli Esteri dei Balcani. Mentre si è tenuto a Belgrado il Business and Science Forum, organizzato sempre dal ministro Tajani e da ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

Temi principali quelli della transizione energetica, delle infrastrutture, ma soprattutto l’inizio simbolico di una fase più dinamica nelle relazioni economiche tra i due Paesi.

Un cammino che però deve tenere in considerazione le scelte degli attori balcanici coinvolti, in testa la Serbia.

Infatti, proprio negli ultimi giorni è tornato a parlare il presidente Vučić: “Finché sarò presidente, non firmerò né accetterò il riconoscimento formale o informale del Kosovo o l’adesione di questo alle Nazioni Unite”. Parole che suonano come una sfida alla proposta europea di normalizzazione della controversia tra Serbia e Kosovo, che prevede l’impossibilità di opporsi all’adesione kosovara ad alcuna organizzazione internazionale.

Una posizione, quella del leader serbo, contraria alle linee suggerite dall’UE e che conferma una Serbia in bilico tra il mantenere vivo il rapporto di antica fratellanza con la Russia e l’accogliere le richieste della Comunità europea.

Una nuova questione balcanica da seguire con attenzione e alla quale solo tempo, competenze e politiche accorte potranno dare una risposta circa il suo destino.

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