Una intervista al Professore Chang MengJen della Fu Jen University sulle presidenziali a Taiwan del 2020 pubblicata dall’Agenzia Nova e realizzata da Raffaele Cazzola Hofmann. Una corsa a due che potrebbe diventare una corsa a tre. La campagna elettorale per le presidenziali del gennaio 2020 a Taiwan vede già schierati in prima linea i candidati di punta: la presidente in carica, Tsai Ing-wen, del Partito democratico progressista (DPP), e l’attuale sindaco di Kaoshiong, Han Kuo-yu, del Partito nazionalista (KMT).
Ma a settembre potrebbe scendere in campo un terzo candidato di peso, l’attuale sindaco di Taipei, Ko Wen-je, un indipendente che sembra in grado di ottenere consensi nel clima di crescente insofferenza dei taiwanesi verso i due grandi partiti. Secondo recenti sondaggi in una ipotetica corsa a tre Han otterrebbe il 29%, Ko il 25% e Tsai il 21%. Indecisi e astensionisti sono quindi il 25%. Tsai è vista in ripresa rispetto ai sondaggi davvero pessimi dei mesi scorsi che ne avevano messo in dubbio la ricandidatura da parte del DPP. Si attende inoltre di capire se e in che modo il magnate Terry Gou, sconfitto nelle primarie del KMT, voglia aggiungersi come indipendente nella corsa elettorale. Una possibilità è che alla fine Ko e Gou decidano di formare un ticket.Il tema centrale, dominato dalla dialettica tra DPP e KMT, è quello delle relazioni con la Repubblica Popolare Cinese. A scontrarsi, spiega a Nova il prof. Meng-Jen Chang, direttore del Dipartimento di italiano e del Corso di studi diplomatici e internazionali dell’Università Fu Jen di Nuova Taipei, sono due visioni radicalmente opposte non solo sulla linea da tenere nei confronti di Pechino ma anche sull’essenza stessa di Taiwan rispetto alla “Cina continentale”.
“La linea ufficiale del DPP – dice Chang – è che la Repubblica di Cina equivale a Taiwan, in altre parole che Taiwan è la legittima continuatrice della repubblica che guidò la Cina tra il 1912 e il 1949, anno in cui il Partito comunista vinse la Guerra civile a danno dei nazionalisti poi rifugiatisi nell’isola. La posizione storica del DPP è però diversa, ovvero che Taiwan è una nazione che niente ha più a vedere con la Cina e che quindi parlare di Repubblica di Cina è sbagliato. Tsai, per questo contestata da alcuni settori del DPP, ha sposato la linea più moderata per allinearsi agli Usa che hanno l’interesse a mantenere lo status quo e mai sosterrebbero una ‘fuga in avanti’ da parte di Taiwan, tanto più nel precario equilibrio geopolitico oggi esistente nell’area dell’Asia-Pacifico in cui alla questione taiwanese si aggiungono il dossier nordcoreano e le tensioni tra Giappone e Corea del Sud”. La politica estera della presidente in carica si basa sul rapporto con gli Usa. Tsai ha di recente incassato un successo politico con il via libera di Washington alla vendita di missili Stinger e tanks Abrams a Taiwan. Ora spera di ottenere i nuovi jet F16 richiesti da tempo.
Sul fronte del KMT, aggiunge Chang, “si fa invece riferimento al cosiddetto Consenso del 1992, un accordo informale raggiunto quell’anno tra il partito nazionalista taiwanese e il PCC in base al quale entrambe le parti riconoscono l’esistenza di ‘una sola Cina’ pur avendo ognuna la propria interpretazione di ‘cosa sia’ la Cina”. Per esempio è stata molto discussa la definizione data da Han di Taiwan come una “regione” della Repubblica di Cina. “Il KMT sostiene che la stessa Taiwan, la RPC, Hong Kong e Macao continuino ad essere tutte parte della ‘sola Cina’”, spiega Chang. Han a fronte delle polemiche ha dovuto rassicurare che questo non equivale ad accettare l’applicazione a Taiwan del modello ‘un paese, due sistemi’ e che egli, se eletto, si batterà per salvaguardare l’isola.
Un quadro molto complesso che spiega perché la campagna elettorale veda i due partiti accusarsi a vicenda di mettere Taiwan nelle condizioni di divenire una nuova Hong Kong (il DPP nei confronti del KMT) e di voler irresponsabilmente provocare la Cina al tempo stesso isolando sempre più dalla comunità internazionale Taiwan che sotto la presidenza Tsai ha perso l’alleanza diplomatica di sette Paesi passati a favore della Cina (il KMT verso il DPP).