L’approccio intergovernamentale si affaccia con grande prepotenza in Europa nel 1966, a seguito della cosiddetta crisi della “sedia vuota”: è un approccio alla cooperazione volontaria e consensuale tra Stati nazionali, che pone come principio fondamentale l’idea Stato-centrica. Gli Stati aderenti infatti, come accade e si auspicano altri modelli, non vedono ridimensionata la propria sovranità nazionale.
A little bit of history…
A seguito della liberalizzazione del mercato del carbone così come previsto dal trattato della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), il 23 febbraio 1953 i Capi di Stato dell’allora Comunità Europea si riunirono per decidere di sperimentare una riduzione congiunta delle tariffe doganali e l’adozione di una moneta comune. Già in questo contesto, Charles de Gaulle, futuro presidente della Repubblica francese, evidenzia la necessità di operare congiuntamente come una Confederazione basata su alcuni punti strategici: “Il faut bâtir une Confédération, c’est-à-dire un organisme commun auquel les divers États […] délèguent une part de leur souveraineté en matière stratégique, économique, culturelle”.
Dal luglio 1965 a gennaio 1966 si realizzò la cosiddetta crisi della “sedia vuota”, attraverso il ritiro di tutti i rappresentanti francesi in seno alle principali Istituzioni Europee per contrastare la decisione sul rafforzamento di poteri di tali Istituzioni e la modifica della modalità di voto all’interno del Consiglio dei Ministri, la quale sarebbe passata dall’unanimità alla maggioranza qualificata. Ciò che infastidiva di più il Generale, infatti, era in relazione a questo nuovo tipo di votazione, che “pesava” il voto degli stati su determinati criteri, quali ad esempio la popolazione. La crisi si arresterà solo nel 1966 con il compromesso di Lussemburgo che prevedeva, de facto, un rinvio del voto a maggioranza qualificata ed un rallentamento di conseguenza il processo di un’Europa sovranazionale e federale favorendo, invece, il progetto di De Gaulle: far prevalere cioè gli interessi nazionali a discapito dell’intero sistema comunitario. In relazione a questi accadimenti storici e in occasione di un comizio elettorale, il Presidente francese rilanciò il suo progetto di Confederazione: “Cette Europe-là ne sera pas comme on dit supranationale. Elle sera comme elle est. Elle commencera par être une coopération, peut-être qu’après, à force de vivre ensemble, elle deviendra une confédération”.
L’inserimento di questo approccio nell’Unione Europea
Secondo questo approccio, e come anche richiamato dal leader francese, non vi è infatti alcun trasferimento di sovranità poiché le decisioni sono adottate sempre all’unanimità. I rappresentanti dei governi nazionali cooperano solo ed esclusivamente su materie o settori strategici, senza cercare alcuna forma di integrazione tra i popoli. L’assunto da cui si parte, quindi, è: prima ancora che di cittadini, l’Europa si compone di Stati.
Accettando l’approccio intergovernamentale, l’unica soluzione possibile, nonché unica struttura che consente agli Stati di delegare parte della loro sovranità è la confederazione. Dovendo le decisioni essere assunte per consensus, infatti, nessuno si ritrova ad applicare una decisione non condivisa. Tutto ciò rappresenta al tempo stesso un vantaggio ed uno svantaggio: da una parte poiché attraverso la cooperazione volontaria si preservano gli interessi nazionali; dall’altra perché tali interessi, risultando spesso confliggenti e seguendo la legge del più forte, non garantiscono un sistema efficiente.
Al modello intergovernamentale si sono contrapposte, storicamente, altre due visioni distinte dell’Europa, quella Funzionalista e quella Federalista . Il primo, il cui fondatore è Jean Monnet, vedeva la Comunità Europea come un’unione politica “in divenire: prendendo in prestito dall’economia il concetto del cd. spillover effect, secondo il quale partendo dall’integrazione economica, i suoi effetti si sarebbero allargati anche negli altri campi. Il secondo invece, rappresentato da Altiero Spinelli, mirava ad un’unione di popoli, ai cd. “Stati Uniti d’Europa”. Attualmente, l’Unione Europea è un sistema di difficile definizione: alcuni la definiscono come un sistema ibrido, altri come un’organizzazione internazionale, altri come un multilevel system of governance. E’ a metà tra uno Stato federale ed una Confederazione, in quanto solo alcune delle competenze nazionali sono delegate, in tutto o in parte, alle Istituzioni dell’Unione Europea: alcune decisioni dell’Unione hanno un impatto diretto sugli individui, e tale caratteristica contraddistingue l’UE da qualsiasi altra organizzazione che coinvolge meramente gli stati.
L’attuale dimensione dell’Europa, quindi, soggiace in parte (ancora) alla visione immaginata dal Generale de Gaulle, in cui lo spazio politico non coincide con una comunità di diritto. L’uscita dall’impasse in cui si trova in questo momento l’UE non è di difficile soluzione, in quanto gli approcci finora utilizzati non sembrano adeguati.
Che sia arrivato il momento di una vera e propria rifondazione dell’Unione Europea a partire dal modello Federalista? Si potrebbe considerarlo come la chiave per rilanciare la centralità in un mondo globalizzato dominato da grandi attori come gli Stati Uniti e la Cina? La struttura, il “centro di potere”, nonostante alcune modifiche necessarie, è presente e ramificata. La vera sfida ora sta nella costruzione un’identità europea.