Nel comprendere se si profila un mondo post-americano il sistema internazionale sembra ondeggiare tra multipolarità ed anarchia, mosso da dinamiche di “logoramento” ed eventi che spingono verso una ridefinizione degli assetti. A livello globale la grande potenza cinese sfida in campo economico e tecnologico la leadership degli Stati Uniti.
A lato, la Russia di Putin si muove con opportunismo tattico in cerca di “vuoti di potere” su cui inserirsi per ottenere autorità e ritorno strategico. Gli USA, unica superpotenza, di fronte ad un sistema internazionale sempre più anarchico sembrerebbero aver riportato gli obiettivi di politica estera ad una scelta razionale dove la propria sicurezza e la crescita economica sono centrali e guidano l’approccio quasi personale di Trump agli affari internazionali.
Le questioni internazionali sono osservate con distacco dalla nazione guida dell’ordine liberale con ripercussioni negli assetti regionali. In questi si evidenzia l’area del Mediterraneo allargato animata da crisi e conflitti, e l’Europa con un’Unione Europea (UE) alla ricerca di una propria identità tra reale progetto politico o semplice mercato comune.
In questo contesto geopolitico sospeso in una transizione di difficile definizione, non si può far a meno di evidenziare come al momento sia troppo presto per comprendere gli effetti della pandemia nel mondo post covid-19, quindi se l’impatto globale del coronavirus potrà essere “forza selettiva” per la geopolitica.
In questo intreccio di questioni internazionali il saggio intende analizzare l’influenza della politica interna nelle scelte e nelle strategie di politica estera di USA e UE.
Politics Stops at the Water’s Edge
Con questo adagio Alden & Aran cercano di racchiudere l’essenza di una politica estera in cui il dibattito decisionale interno si ritrova nel superamento dei contrasti a vantaggio degli interessi di sicurezza nazionale. La citazione in questo senso si riferisce alla risoluzione con cui il senatore repubblicano Vandenberg nel 1948 si rivolse al Senato americano durante la presidenza Truman. Con questa si sosteneva di superare le divisioni interne a favore di un impegno per una sicurezza collettiva e la possibilità di intervenire in difesa degli alleati Atlantici per mezzo di un’alleanza multilaterale come sarà la NATO (1949). Questo evento cambiò l’approccio della diplomazia americana sulla la necessità di non stringere alleanze vincolanti.
Stati Uniti: la centralità dell’interesse nazionale nell’intesa tra Politica Interna e Politica Estera
Ad oggi la realtà della PE degli US ci porta lontano da un intento di “Internazionalismo” e di una Grand Strategy volta ad un Deep Engagement. All’opposto dopo la War on Terror (2001-2011) l’impegno degli US si è orientato verso una strategia di retrenchment nella continuità tra la presidenza Obama e Trump. Sebbene attualmente sia dibattuto il fatto che l’America First possa essere isolazionista o meno, l’approccio personale e poco istituzionale di Trump spinge verso un nuovo paradigma dove sono selezionati gli interventi per la sicurezza internazionale ed è sentita l’avversione verso le organizzazioni internazionali.
Nonostante questo e le “discussioni” di Trump con il deep state, la PI degli US sembrerebbe capace di confluire nelle scelte di politica estera e di ritrovarsi negli obiettivi di interesse nazionale. In questo il dibattito è comunque acceso nella dialettica delle differenti correnti dei partiti, e nel confronto tra Trump e i leader democratici Biden e Obama.
Differentemente dal passato l’opinione pubblica e alcuni gruppi di interesse sembrerebbero maggiormente sensibili alle questioni interne del paese, ed identificare divisioni più forti nelle scelte politiche. In riferimento alla PE molti americani non guardano più al loro paese come la nazione capace di rimediare alle criticità globali, ma piuttosto vedeno nel loro paese una nazione che si deve difendere da queste. Questo sentimento non è solo riferibile all’attualità del covid-19, ma desumibile da molti passaggi della NSS 2017, dove Combat Biothreats and Pandemics è riportato come secondo punto del primo pillar.
Da qui l’evidenza di una percezione profonda verso questa minaccia e non a caso vi è un attacco comunicativo di Trump al “virus cinese”. Tuttavia, nella NSS 2017 sono numerosi i riferimenti che sottolineano un’America intenta a difendersi e promuovere se stessa nella competizione globale.
In questo senso l’interesse nazionale diviene il perno per trovare un punto di sintesi al di fuori delle divisioni interne, elemento di equilibrio pragmatico in accordo con quanto ci dice Putnam sulla logica a due livelli, la quale vede nel processo decisionale di politica estera l’interazione tra gli interessi condivisi dai principali attori del sistema internazionale e gli imperativi interni.
UE: complessità strutturale e un difficile dialogo tra politica interna e politica estera
Passando all’UE ad oggi si discute molto su di una politica estera propria dell’UE e sul fatto che l’UE possa strategicamente far leva sul proprio peso. Tuttavia, il posizionamento geopolitico rimane piuttosto incerto, ancorato ad un approccio alle relazioni internazionali di tipo liberale e istituzionale che ne vincola la prospettiva al solo perseguimento di guadagno assoluto e di vantaggio comparato. Da qui è ipotizzabile che ne derivi una difficoltà oggettiva nell’affrontare contesti di crisi e destabilizzati, o nel rispondere alle spinte di riassestamento dell’ordine internazionale.
In riferimento a questo alcune ricerche sottolineano come la struttura istituzionale rappresenti lo spazio di negoziazione nel quale si formano le coalizioni per esercitare pressione ed orientare le scelte di politica estera verso interessi specifici.
In questo la peculiarità di assetto sovranazionale determina per l’UE ulteriore complessità portando a sovrapposizioni e interessi contrastanti negli stati membri. Ne consegue un difficile equilibrio multilaterale in un complesso processo decisionale. Questo infatti si caratterizza per scontri interni e visioni contrastanti sugli obiettivi di politica estera. L’approccio di “istituzionalizzare” in chiave multilaterale il processo decisionale incontra serie limitazioni nel trovare centralità verso un interesse condiviso, quindi in un superamento virtuoso della logica di interazione evidenziata da Putnam.
L’intersezione tra ruoli e compiti di: Commissione europea, Consiglio europeo, Consiglio dell’UE, Parlamento europeo, più Servizio europeo per l’azione esterna, delinea una significativa complessità nell’interazione di forze interne ed esterne moltiplicando i fattori per un’effettiva leadership multilaterale. Da una struttura così articolata ne deriva: da una parte una logica poco lineare nel processo decisionale; dall’altra competizione interna e il prevalere del peso specifico degli stati nelle questioni di interesse nazionale nella politica estera.
Una descrizione di questo ci viene dall’analisi di Raine (IISS) che identifica una leadership dell’UE come strumento di espressione dell’interesse nazionale della Germania, fatto che conduce le istituzioni dell’UE ai margini degli affari internazionali con gli stati membri che differiscono in modo significativo nel rapporto con gli stati extraeuropei; in particolare nelle relazioni con le grandi potenze evidenziando come questo costituirà un ostacolo per arginare la penetrazione dell’influenza cinese in Europa.
Conclusioni
Da quanto analizzato emergono differenze considerevoli nell’interazione tra politica interna e politica estera nei due attori considerati. Se per gli US la centralità dell’interesse nazionale determina un punto di accordo nel dibattito di politica interna e genera una chiara visione per gli obiettivi di politica estera, per l’UE la complessità in termini di struttura, peculiare del suo assetto sovranazionale e di frammentazione dei ruoli, ne limita in modo rilevante la possibilità di visione strategica in ambito di interesse nazionale e di politica estera. Ne consegue un dialogo difficile e molto limitato tra i due attori su molte questioni internazionali. Così, nella criticità di questa fase di transizione del sistema internazionale, la visione di intesa strategica, se vogliamo Atlantica, rimane ridimensionata e limitata.
In questo l’incongruenza in termini di politica estera dell’UE ostacola un effettivo dialogo strategico.
Così, nonostante le sfide geopolitiche sia molte e rilevanti a livello globale e regionale, permane un “impasse” a vantaggio delle potenze sfidanti, le quali trovano opportunità nelle questioni più lontane agli US ma spesso in diretta competizione con l’Europa.
In questo contesto per l’Italia si pone la necessità di profonda comprensione delle sfide geopolitiche che la riguardano in primo luogo. Su questo potrà essere significativo valutare tramite un’analisi di costi e benefici il ritorno strategico dall’impegno profuso verso l’UE; comprendere l’importanza di un chiaro posizionamento con gli US nelle questioni di competizione con la Cina per i sistemi ICT; ed identificare quali obiettivi di interesse nazionale siano propri e non riscontrabili negli interessi dell’UE.