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TematicheAmbiente, Infrastrutture ed EnergiaLa competitività delle infrastrutture aeroportuali italiane

La competitività delle infrastrutture aeroportuali italiane

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Il caso della lunga agonia di Alitalia terminata con la creazione di ITA Airways a rilevarne il ruolo come compagnia di bandiera mostra come il settore dei trasporti aerei nel nostro Paese possa somigliare ad una medaglia a due facce: da un lato il flusso di merci ad alto valore aggiunto e il turismo che riempiono gli aeroporti e dall’altro la costante difficoltà di molte infrastrutture a rimanere competitive.

Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento del traffico aereo e alla sempre maggiore concorrenza tra i vettori da cui è derivata l’esigenza di adattare la capacità degli aeroporti di soddisfare l’accresciuta domanda, attraverso l’ampliamento delle strutture esistenti o l’utilizzo di nuovi scali. La geografia aeroportuale italiana mostra come l’Italia è uno dei paesi con il più alto numero di aeroporti attivi nell’aviazione commerciale, insieme a Francia e Spagna. Gli scali sono generalmente di medie e medio-piccole dimensioni come nel caso spagnolo mentre la Francia e il Regno Unito hanno una localizzazione più polarizzata in cui, a fianco dei grandi hub intercontinentali, coesistono molti aeroporti dal carattere prettamente locale.

Molti degli aeroporti di maggiore importanza hanno un livello di utilizzo delle infrastrutture che potrebbe imporre, a breve termine, adeguamenti della capacità di traffico con investimenti prioritari per i piazzali degli aeromobili, i terminal passeggeri e le piste. Molti degli scali minori hanno invece livelli di utilizzo contenuti anche se cresciuti molto nell’ultimo decennio, riflettendo l’aumento del traffico. A livello di bilancio solo gli scali che hanno più di 5 milioni di passeggeri l’anno hanno registrato avanzi di bilancio costanti mentre meno della metà di quelli piccoli ha chiuso in equilibrio. Il problema italiano è quindi una rete infrastrutturale poco concentrata e diffusa, che, almeno in linea teorica ha il vantaggio di assicurare una maggiore vicinanza alla rete aeroportuale per una quota rilevante della popolazione e di permettere una maggiore competizione tra scali e vettori, ma che in realtà causa un insufficiente sfruttamento delle economie di scala, nell’utilizzo dell’aeroporto e nell’allestimento dei collegamenti via terra, che si traduce in gestioni degli scali economicamente non sostenibili.

Due possibili approcci

I rischi di un’offerta eccessivamente decentrata dei servizi di trasporto aereo e di un indebolimento della capacità di traffico dei maggiori scali aprono un dibattito sulla necessità di un piano per gli aeroporti. Nonostante sembra esserci un trade-off tra i vantaggi della pianificazione e quelli dell’iniziativa del mercato, occorre invece trovare la giusta mediazione tra i due approcci.

Per il settore aeroportuale una soluzione potrebbe essere l’inserimento dei progetti di sviluppo degli aeroporti e delle altre infrastrutture nella più generale pianificazione territoriale. In questa fase potrebbero infatti essere coinvolte tutte le istituzioni competenti e sanati i possibili conflitti tra Stato e Regioni sulla progettazione della rete e poter definire linee prioritarie di intervento comuni. In merito al lato prettamente operativo della gestione delle infrastrutture, l’iniziativa più idonea sembra essere una regolazione economica trasparente e ordinata verificata da un’autorità di settore.

In Italia manca infatti una disciplina dei diritti aeroportuali legata agli obiettivi di investimento, di qualità e di produttività da assegnare ai gestori causata (analogamente a molti altri settori) dalle frequenti revisioni normative e dalla complessità degli iter decisionali che coinvolgono un numero elevato di attori istituzionali. Gli strumenti normativi sono tuttavia disponibili ma è necessaria una semplificazione dei livelli decisionali e di tempi amministrativi certi, approccio che potrebbe essere esteso in maniera molto più ampia all’apparato decisionale e burocratico dell’intero Paese.

La rete italiana e il confronto con l’UE

Nel trasporto passeggeri, la Francia, insieme a Italia, Spagna e Germania, è tra i paesi UE con il numero più alto di scali. La presenza di numerosi piccoli aeroporti è in parte riconducibile a un obiettivo di interesse pubblico, quale quello di collegare isole o luoghi remoti, mal serviti da altre vie di trasporto e ne sono indice le tratte in regime di OSP (Obblighi di Servizio Pubblico). Alla fine del 2010 la Francia era il paese con il più elevato numero di tratte e di aeroporti interessati (57, comprese quelle riguardanti i territori d’oltremare) seguita proprio dall’Italia con 40 presenti principalmente nelle isole e le zone periferiche del Paese (Alghero, Cagliari, Elba, Lampedusa, Olbia, Pantelleria, Trapani, Bolzano, Crotone, Cuneo, Reggio Calabria). I grandi hub europei (oltre 50 milioni di passeggeri annui) si localizzano a Heathrow a Londra (settimo scalo mondiale per volume di traffico nel 2017), Charles de Gaulle (CDG) a Parigi (decimo) e Francoforte in Germania (tredicesimo). I primi due scali italiani, Roma Fiumicino e Milano Malpensa sono rispettivamente al 10° e 18° posto in Europa per traffico passeggeri al 2017, con volumi di traffico nettamente inferiori rispetto a quello di Londra.

Se si guarda alla dimensione delle strutture aeroportuali dei paesi UE, l’Italia si caratterizza per una distribuzione in cui le classi di media e medio-piccola dimensione (da 1 a 5 milioni di passeggeri l’anno) sono relativamente più rappresentate rispetto alla media dei paesi europei. Tra i principali paesi dell’Unione, quello che più si avvicina alla distribuzione italiana è la Spagna che tuttavia ha una frequenza maggiore di grandi aeroporti (con più di 10 milioni di passeggeri).

Nel trasporto merci, la Francia si conferma ancora come il paese con il numero più elevato di aeroporti, ma a pari merito con l’Italia anche se tra gli aeroporti con traffico superiore a 1 milione di tonnellate l’anno, non figura alcun aeroporto italiano. I primi quattro scali europei sono Francoforte, Parigi-Roissy, Heathrow e Amsterdam. Il primo aeroporto italiano (Milano Malpensa) ha un traffico merci nettamente inferiore rispetto a quello di Francoforte mentre. La posizione tedesca nel cargo è andata rafforzandosi anche grazie alla crescita di alcuni aeroporti regionali come quelli di Lipsia Halle e Francoforte Hahn, che hanno attratto operatori che svolgono servizi point to point.

I primi aeroporti europei per volume di traffico annuale mantengono le loro posizioni di dominio anche rispetto ai network di connessione e all’accessibilità intercontinentale ma sono meno forti nella connettività continentale data la loro specializzazione relativa nel traffico a lungo raggio. Francoforte è stato lo scalo meglio connesso a livello mondiale (con in media 2,46 voli) nel 2009. Seguono Parigi CDG, Londra Heathrow e Amsterdam. In termini di connettività mondiale i primi due aeroporti italiani si sono ben distanti dall’offerta di collegamenti dei primi tre scali europei, collocandosi tra i cosiddetti aeroporti di seconda fascia nel panorama europeo.

L’Italia è quindi ben dotata in termini di strutture aeroportuali come dimostra la loro numerosità in linea con la media della UE. Rispetto a UK, Germania e Francia, in Italia mancano aeroporti di grandissime dimensioni e centrali nel trasporto intercontinentale. Gli scali di Fiumicino e Malpensa sono lontani in termini di volumi di traffico dai primi aeroporti europei. La distanza dai primi hub è solo in parte dovuta a un gap nelle dotazioni infrastrutturali, avendo il suo peso anche il ruolo che le compagnie insediate svolgono nel network globale ed europeo. Il confronto mette anche in luce come nel Regno Unito e in Francia vi sia una quota di strutture di piccole dimensioni ben più elevata che in Italia dove invece prevalgono aeroporti di medie e medio-piccole dimensioni.

La localizzazione delle infrastrutture

Sempre con un approccio comparativo si fa un confronto della diversa localizzazione delle infrastrutture cercando di comprendere come questa si vada a relazionare con la territorialità della regione presa in esame e quindi se vi sia o meno una coerenza tra questi due aspetti.

Le regioni più dotate di scali si collocano tendenzialmente nelle aree periferiche del continente europeo. Alcune di esse sono caratterizzate da bassa densità abitativa (Scandinavia), insularità (isole della Grecia, della Scandinavia, del Nord del Regno Unito, parte dell’Irlanda, Corsica, Sardegna). Per connettere i viaggiatori di queste zone, l’aereo è quindi il mezzo più efficace. 

Al contrario la parte delle regioni geograficamente ed economicamente centrali in Europa che si snoda attorno alla “banana blu” (Sud Est del Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, parte orientale della Francia, Germania occidentale e Nord Italia) presenta aeroporti con traffico superiore ai 150.000 passeggeri l’anno ma un numero minore di scali. Un simile trend trova senso proprio con la posizione centrale occupata da queste regioni e con la disponibilità di una rete infrastrutturale maggiormente sviluppata (strade e ferrovie) che favorisce la diversificazione della domanda di trasporto e una maggiore competitività. In Italia, gli scali sono meno numerosi nelle principali regioni del Nord, Lazio e Campania mentre collocano nella media UE Toscana e Abruzzo. Indici superiori o molto più elevati della media si riscontrano in Liguria, nelle Isole e nelle altre regioni del Sud cronicamente affette da un deficit infrastrutturale legato alle vie terrestri e alla conformazione geografica.

Per il traffico passeggeri e per quello merci emerge una concentrazione della gran parte del trasporto aereo in un numero relativamente ridotto di regioni europee. Tra le regioni con valori degli indici superiori o significativamente superiori alla media della UE figurano quelle in cui si localizzano i principali aeroporti europei, tanto nel traffico passeggeri, quanto in quello merci. Guardando al nostro Paese l’Italia è in linea con gli altri principali paesi UE. Nel trasporto passeggeri la Lombardia si colloca nella media UE mentre il Lazio si situa nella fascia più alta. Tra le regioni con un indice superiore alla media UE, pur non essendo sede dei più grandi aeroporti continentali, si segnalano la Sicilia e la Sardegna grazie agli importanti flussi turistici. Nel traffico merci, solo il Lazio e la Lombardia, che concentrano il 20% e il 70% del traffico italiano, risaltano nel panorama europeo.

Le prospettive future per le infrastrutture aeroportuali

Nella rete aeroportuale europea quella italiana si annovera tra quelle caratterizzate da un numero relativamente elevato di scali in rapporto alle dimensioni della sua economia e della sua popolazione, questa caratteristica è condivisa con altri due paesi mediterranei come la Francia e la Spagna. Emerge quindi un sistema di aeroporti diffuso nelle diverse regioni del paese, il numero degli scali è relativamente più elevato nelle regioni più periferiche del Sud e nelle Isole mentre il traffico è invece più sviluppato nelle Isole, nel Lazio e in Lombardia (che insieme a Veneto, Campania e Sicilia hanno gli aeroporti più grandi). Roma Fiumicino e Milano Malpensa sono gli unici aeroporti che rientrano tra i primi in UE per volumi di traffico ma rimangono ben lontani dai grandi hub del Continente sia in termini di traffico passeggeri e merci complessivo sia per la presenza nei network intercontinentali ed europei.

Nel medio periodo la loro capacità dovrà essere adeguata con opportuni investimenti per i piazzali, i terminal passeggeri e le piste. In alcuni casi, come Roma e Napoli, è necessaria una migliore integrazione con le infrastrutture limitrofe in un unico network decentrato come nel caso degli aeroporti di Roma Ciampino e Napoli Capodichino e in seconda battuta di Viterbo e Napoli Grazzanise. Accanto ad aeroporti con gradi di utilizzo elevati, vi sono scali scarsamente utilizzati come nel caso degli aeroporti più piccoli che in parte hanno tuttavia registrato i tassi di crescita più elevati del traffico passeggeri e del grado di utilizzo delle infrastrutture air side, grazie anche ai collegamenti attivati su di essi dai vettori low cost. Esclusi i principali scali del paese è quindi possibile determinare come due fattori vadano ad essere determinanti per lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali del Paese: il bacino d’utenza e la vicinanza con altri aeroporti. Nel primo caso vi è una relazione proporzionale di tipo positivo mentre nel secondo tanto più le infrastrutture sono vicine tanto più negativa sarà l’influenza reciproca per il loro sviluppo.

In Italia non vi é quindi un problema di insufficiente disponibilità di infrastrutture aeroportuali, né di squilibri di distribuzione sul territorio ma di un network diffuso che ,se da un lato teoricamente ha il vantaggio di assicurare una maggiore vicinanza alla rete aeroportuale per una quota rilevante della popolazione e di permetter una maggiore competizione tra scali e vettori, dall’altro comporta un insufficiente sfruttamento delle economie di scala, nell’utilizzo dell’aeroporto e nell’allestimento dei collegamenti via terra. Rimane inoltre l’esigenza di adeguare e rafforzare la capacità di traffico degli aeroporti più grandi e il problema degli scali che non conseguono il pareggio di bilancio.

Il proliferare degli operatori low-cost ha saputo colmare una domanda di collegamenti aerei latente operando su aeroporti secondari rispetto a quelli utilizzati dalle linee aeree tradizionali. Ciò è stato possibile anche perché gli enti locali hanno visto negli aeroporti un possibile volano per lo sviluppo del territorio, in particolare nel caso di quelli a vocazione turistica.

È necessario monitorare l’evoluzione del traffico e della capacità degli scali, coordinare i piani di sviluppo a lungo termine con la pianificazione locale e regionale e valutare l’accessibilità degli aeroporti in un’ottica intermodale. Per l’Italia, data la natura del territorio e la complessità della normativa, appare particolarmente importante l’integrazione dei progetti di sviluppo della rete aeroportuale all’interno di un più generale piano di sviluppo dei trasporti e della pianificazione territoriale, nazionale e locale.

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