Diversi sono stati i punti oggetto di dibattito all’interno dell’incontro USA-Cina del 14 marzo durato 7 ore, ma un ruolo centrale è stato sicuramente ricoperto dalla questione della crisi ucraina che ha visto il tentativo statunitense di corteggiare la Cina al fine di dividere le due potenze eurasiatiche, accerchiando e indebolendo la Russia. Tentativo che sembra essere mitigato dalla politica neutrale della Cina, definita da molti come “ambigua” ma che in realtà sembra celare un razionale calcolo di interessi.
Xinjiang, Tibet e Hong Kong e il principio di “un’unica Cina”
Il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan e il direttore dell’Ufficio per gli affari esteri del Comitato Centrale del Partito comunista cinese Yang Jiechi si sono incontrati a Roma, presso l’hotel Rome Cavalieri Waldorf Astoria, primo incontro ufficiale dopo il summit virtuale del 15 novembre 2021 tra il presidente Biden e il presidente Xi, all’interno del quale spinose erano state le questioni relative a Taiwan e i diritti umani, fratture ai tempi non risolte e che proprio in questo momento risultano particolarmente delicate. Le due parti hanno avuto una comunicazione schietta e costruttiva rispetto alle relazioni sino-americane e alle questioni internazionali e regionali di interesse comune. I due hanno concordato su una pluralità di punti tra cui figura la volontà comune di attuare il consenso raggiunto dai due capi di stato a novembre, migliorare la comprensione reciproca, gestire le differenze, espandere il consenso, rafforzare la cooperazione al fine di migliorare la qualità delle relazioni sino-americane.
Da parte sua, Yang Jiechi ha affermato che l’attuazione del consenso raggiunto dai due capi di stato è il compito più importante nelle relazioni Cina-USA. Centrale è infatti l’attuazione della proposta del presidente Xi Jinping volta a mantenere relazioni con gli Stati Uniti basate sui principi di rispetto reciproco, convivenza pacifica e cooperazione vantaggiosa per tutti. Proposte che hanno visto una risposta positiva da parte del presidente Biden il quale ha assunto impegni importanti relativi ad evitare il reiterarsi di una Guerra Fredda, astenersi dal modificare il sistema cinese e dall’opporsi alla Cina rafforzando le alleanze, evitando pertanto di sostenere “l’indipendenza di Taiwan”. A tal proposito Yang Jiechi ha sottolineato che la questione relativa a Taiwan riguarda principalmente le minacce alla sovranità e l’integrità territoriale della Cina. Antica questione che ha visto nei tre comunicati congiunti sino-americani, la parte statunitense riconoscere l’esistenza di una sola Cina, principio che costituisce la premessa per stabilire relazioni diplomatiche tra Cina e Stati Uniti, nonché unico fondamento politico delle relazioni sino-americane. Un sostegno verso “l’indipendenza di Taiwan” non del tutto coerente da parte americana, che ha visto pertanto la Cina ribadire la necessità di rispettare il principio di “una sola Cina”, le disposizioni dei tre comunicati congiunti sino-americani e gli impegni presi dagli Stati Uniti. Yang Jiechi ha inoltre chiarito la posizione solenne del proprio paese sulle questioni relative allo Xinjiang, al Tibet e a Hong Kong, sottolineando che queste questioni coinvolgono gli interessi centrali della Cina e sono affari interni del paese, che non consentono interferenze da parte di forze esterne. Qualsiasi tentativo di rovesciare il governo cinese e la Cina come nazione, fallirà. Una dichiarazione che si inquadra nuovamente nella volontà cinese di cercare un terreno comune, seppur caratterizzato da differenze ideologiche, incentrato sulla convivenza pacifica e sulla cooperazione, modello testato nella pratica dalla pubblicazione del Comunicato di Shanghai 50 anni fa.
La questione ucraina
Le due parti hanno anche scambiato opinioni su questioni internazionali e regionali come l’Ucraina, la questione nucleare della RPDC e dell’Iran e l’Afghanistan. Con riguardo alla crisi russo-ucraina, il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Sullivan ha espresso a Yang Jiechi preoccupazione per l’alleanza della Cina con la Russia, suggellata con la dichiarazione congiunta del mese precedente, ammonendo la Cina di punizioni economiche e isolamento globale in caso di aiuto a Mosca per l’invasione dell’Ucraina. False invece si sono rivelate le dichiarazioni americane agli alleati della NATO e a diverse nazioni asiatiche riguardo alla volontà cinese di fornire alla Russia aiuti militari ed economici per sostenere il suo sforzo bellico, notizia smentita dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, definendole come “informazioni false” da parte degli Stati Uniti. Sebbene pertanto l’incontro non volesse essere un confronto sulla crisi ucraina, quest’ultima ha sicuramente ricoperto un ruolo centrale nel determinare gli intenti delle due potenze. Obiettivo infatti di Sullivan sembra essere quello di dividere le due potenze eurasiatiche, al fine di indebolire e accerchiare la Russia. Non sembra essere un caso infatti la diffusione della notizia relativa alla richiesta d’aiuto militare da parte di Mosca, probabilmente divulgata al fine di mettere sotto pressione il governo cinese poche ore prima dell’incontro. Governo cinese che ha assunto, secondo molti, una posizione ambigua. Da un lato, ha infatti portato avanti una politica fortemente anti-americana e anti-NATO priva di esplicite condanne alla Russia, dall’altro una posizione neutrale, morbida verso entrambi i fronti, una politica volta alla soluzione pacifica dei problemi, come affermato dalla portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying.
L’incontro del 14 marzo a Roma si attesta dunque come un confronto tra due potenze coscienti delle fratture che le separano, ma intente a dialogare sulla crisi ucraina, fatto che più di tutti potrebbe accentuare queste fratture. Lo sforzo è stato sicuramente sottolineato dalla durata del colloquio, 7 ore, probabilmente frutto del tentativo di inserire anche il dossier ucraino all’interno delle complicate relazioni bilaterali. Un tentativo da parte americana di evitare che la Cina possa assumere un ruolo deciso all’interno del conflitto, aiutando la Russia ad attutire l’impatto delle gravi sanzioni imposte. Interessante a tal proposito è stata la pubblicazione, da parte cinese, di due comunicati ufficiali dell’incontro: uno sulle relazioni sino-americane, che affronta i principi cardine della politica estera cinese (come il riconoscimento di “un’unica Cina”, o la definizione delle questioni relative allo Xinjiang, al Tibet e ad Hong Kong come pertinenti solo alla sua politica interna) e uno sulla crisi in Ucraina, in cui Pechino si impegna a mantenere e promuovere un dialogo con gli Stati Uniti, ribadendo tuttavia la necessità del rispetto delle sovranità nazionali, considerando le preoccupazioni comuni. Ciò alla luce della consapevolezza cinese, sempre più eclatante, del peso che detiene nello scacchiere internazionale, peso che la starebbe portando a valutare, attraverso la “politica ambigua” che sta seguendo, il fronte ad essa più congeniale.