Cipro è un unicum nel panorama geopolitico europeo. Un’isola storicamente contesa, affaccio strategico dal Mediterraneo verso il vicino Oriente, è suddivisa tra la Repubblica turca di Cipro Nord, riconosciuta in ambito internazionale solamente dalla Turchia, e la parte meridionale, corrispondente a circa il 62% del territorio insulare dove la popolazione è di lingua e cultura greche. Oggi la suddivisione è visibile politicamente, religiosamente e culturalmente, sebbene si viva una fase distesa dei rapporti, com’è facile comprendere attraversando il confine in pochi minuti.
Dopo che si era imposta la presenza britannica su concessione dell’Impero Ottomano nel 1878, nel primo Novecento si fece forte la richiesta da parte dei greco-ciprioti dell’énosis, vale a dire l’annessione alla Grecia. Nel 1925 si pervenne all’ufficializzazione della colonia da parte del Gran Bretagna e alla polarizzazione delle posizioni tra turchi e greco-ciprioti nel Secondo dopoguerra. Si arrivò alla costituzione di un Movimento di Resistenza Turco che chiedeva il taksim, cioè la suddivisione in due parti dell’isola e all’inasprimento delle posizioni, in un’escalation di violenza e scontri che portò alla linea di demarcazione, nota come Linea Verde, tracciata nel Natale del 1963 dal generale britannico Young su una carta di Nicosia. Si trattò di un evento storico, seguito nel 1974 dall’occupazione militare della porzione settentrionale da parte dei Turchi e dall’emigrazione di oltre 165.000 greco-ciprioti verso il Sud e di decine di migliaia di turchi in direzione opposta.
I segni di questa separazione sono oggi ben visibili. Arrivando all’aeroporto di Ercan, a circa 35 chilometri dalla capitale, nel viaggio verso Nicosia si nota subito la forte presenza turca: sulle colline lungo la strada, oltre i minareti di una moschea, spiccano le bandiere turca e della Repubblica di Cipro Nord, tangibili opere di territorializzazione simbolica. Nel checkpoint greco-cipriota un’icona ortodossa presente negli uffici segna metaforicamente l’ingresso in un territorio politico, culturale e religioso ben diverso da quello del Nord.
La capitale è anch’essa divisa in due – Lefkosia greca e Lefkoşa turca – e si accede a quest’ultima parte dalla via del passeggio principale greco-cipriota, la Lidras: è questa una zona commerciale, dove i ragazzi escono per lo shopping e mangiare fuori, chiusa al traffico e piacevole per il clima disteso che si respira. Alla fine della strada si arriva al checkpoint, presidiato da poliziotti che procedono a un rapido controllo dei documenti, superato il quale si attraversano circa cinquanta metri di terra di nessuno e poi si accede alla parte turca.
Qui il paesaggio urbano cambia repentinamente. Si lasciano i negozi dei marchi per lo più europei e in particolare italiani, i ristoranti greci e tipici ciprioti, per entrare nella zona più storica della città. Si attraversa un mercato di spezie e vestiti (spesso contraffatti), acquistati da turisti ma anche da greco-ciprioti, in alcuni bar campeggia l’immagine di Kemal Atatürk e i canti del muezzin fanno da sottofondo sonoro. Si staglia poco distante dal confine quella che un tempo era la splendida Cattedrale gotica di Santa Sofia, edificata nel XIII secolo e diventata, dopo la conquista dell’isola dagli Ottomani nel 1570 ai danni dei veneziani, la Moschea Selimiye. Poco più avanti ci si ferma nel Caravanserraglio, un tempo rifugio dei viaggiatori e oggi cortile ben tenuto nel quale prendere un caffè o mangiare e dove l’offerta culinaria non è più quella più tipicamente, ma turca.
Nell’una e nell’altra parte della città si vedono spesso case vuote e semiabbandonate: sono le abitazioni di chi ha lasciato la città nel 1974 per emigrare al Nord o al Sud e che tuttora sono oggetto di tentativi di risoluzione. Nella parte Nord si evince anche il tentativo di stabilire una presenza attraverso diversi edifici e strutture residenziali in costruzione. A Nicosia, invece, il vecchio Campus dell’Università di Cipro ha lasciato quasi completamente il posto a una struttura più decentrata, costruita principalmente con fondi europei e finanziamenti privati. La presenza italiana si fa sentire. Sono circa un migliaio gli italiani, principalmente pensionati, presenti nell’isola, disseminati tra Nicosia a Larnaca e Limassol e attratti anzitutto dalle aliquote del 5% sulle pensioni oltre che da uno stile di vita sereno e molto accessibile.
Politicamente resta il nodo di una suddivisione che è ancora tangibile e che fa ben comprendere quanto l’appartenenza culturale e religiosa possa portare a una conformazione di una medesima città, anche a distanza di poche decine di metri, così diversa. È la contraddizione di una duplice presenza, esistente da cinque secoli e che ha preso forma da una parte con l’ingresso di Cipro nel 2004 nell’Unione Europea, dall’altra con il rapporto pressoché univoco della Repubblica del Nord con la Turchia, con percorsi di sviluppo e traiettorie politiche profondamente differenti, pur nella permanenza di una duplice capitale eppure in un clima che lascia ben sperare per un’ulteriore distensione dei rapporti.