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NotizieIl tentativo di golpe militare in Armenia

Il tentativo di golpe militare in Armenia

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La stabilità interna è stata nuovamente messa a repentaglio, questa volta da forze domestiche. Recentemente, Pashinyan è sopravvissuto a diversi tentativi di destituzione da parte del Parlamento, ma nella giornata di ieri, il Capo di Stato Maggiore tramite un comunicato emesso il 25 febbraio ha formalmente chiesto la destituzione del primo Ministro da parte del Presidente, Armen Sarkissian. In questa situazione, dove il Capo dello Stato ha deciso di mantenere la propria posizione super partes, l’Armenia rischia una nuova grave crisi.

Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha accusato l’esercito di aver tentato un colpo di stato durante la giornata di giovedì 25 febbraio. Immediatamente, Pashinyan ha invitato i suoi sostenitori a radunarsi nella capitale dopo che l’esercito ha chiesto le sue dimissioni e del suo governo. L’esercito “deve obbedire al popolo e alle autorità elette”, ha detto a migliaia di sostenitori nella capitale Yerevan. L’opposizione politica ha subito saputo replicare l’azione, con l’organizzazione di una contromanifestazione, al fine di spingerlo le dimissioni.

Le tensioni tra Pashinyan e i militari sono esplose in un conflitto verbale aperto giovedì, quando il Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate, Onik Gasparyan, e altri alti ufficiali hanno accusato il Primo Ministro di aver portato l’Armenia sull’orlo del tracollo. Le principali accuse, evincibili dal comunicato rilasciata giovedì dall’esercito, riguardano la presunta incapacità di prendere decisioni ragionevoli a livello interno, dopo aver condotto una politica estera distruttiva. La collera dell’esercito è esplosa proprio a seguito della decisione del Primo Ministro di rimuovere dai propri incarichi il Vice Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, Tiran Khacharyan, accusato di gravi inefficienze durante la conduzione del conflitto e di aver minato l’autorità del Primo Ministro in un dibattito pubblico. Ne è la prova il comportamento del Vice Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate armene, che è letteralmente scoppiato a ridere in seguito all’affermazione di Pashinyan riguardo il fallimento del lancio dei missili russi Iskander durante il conflitto. Molto di questi, secondo il Primo Ministro, avrebbero sofferto di disfunzioni al momento dell’esplosione, rendendo gli attacchi armeni inefficaci. Khacharyan, di tutta risposta, ha ridicolizzato queste affermazioni, assicurando l’impossibilità di questa casistica.

Pashinyan ha rassicurato la popolazione affermando che i sostituti sarebbero presto stati trovati e che la crisi sarà superata costituzionalmente. Del resto, Pashinyan, ex giornalista, ha ottenuto il potere guidando una rivoluzione pacifica nel 2018 e non ha interessi a creare nuovi squilibri governativi nel Paese. Per mobilizzare i suoi sostenitori, il Primo Ministro, che ha invitato i suoi seguaci a radunarsi in Piazza della Repubblica a Yerevan, ha stranamente deciso di utilizzare un canale non istituzionale come Facebook per parlare alla nazione in una diretta. Egli ha affermato che la priorità per la nazione è “mantenere il potere nelle mani del popolo”, dopo aver annunciato l’estromissione del Capo e del Vice Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, un provvedimento che deve essere però ancora firmato dal Presidente.

 
Pashinyan ha dovuto affrontare diverse richieste di dimissioni a partire da novembre, dopo aver subito critiche dall’opposizione, che ha giudicato la gestione del conflitto armeno-azero come disastrosa e inadeguata. Di fatto, dopo la risoluzione bellica supportata da Mosca, le forze armene del Nagorno Karabakh hanno ceduto importanti territori della regione all’Azerbaigian, mentre le forze di pace russe sono state dispiegate nell’enclave, che è internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian ma popolata da cittadini di etnia armena. Pashinyan, ha ripetutamente respinto le richieste di dimettersi nonostante le proteste dell’opposizione. Il Primo Ministro armeno, rimettendo le richieste di dimissioni, si è assunto la responsabilità di ciò che è successo, ma rimane prioritario fornire la garanzia di sicurezza del suo paese.

Se, da un lato, Vazgen Manukyan, ex Primo Ministro del Paese e leader dell’opposizione, ha invocato la folla a bloccare fisicamente il Parlamento in segno di protesta, l’approccio del Presidente Sarkissian è stato ben diverso e super partes. Secondo la Costituzione armena, il Presidente ha 3 giorni per presentare la sua posizione rispetto alla richiesta formalizzata dal Primo Ministro e Sarkissian, perseguendo l’obiettivo di garantire il normale funzionamento degli organi statali, non ha mai avuto obiezioni fondamentali alla nomina o al licenziamento dei funzionari.

Sarkissian ha però sottolineato che, in virtù della legge marziale e della crisi esistente, il licenziamento del Capo di Stato Maggiore in seguito alla dichiarazione citata non equivale ad una sostituzione ordinaria di un ufficiale. Il Presidente non ha apprezzato la mossa dell’esercito né la replica del Primo Ministro. Egli ha sottolineato infatti come nessuno dovrebbe cercare di coinvolgere in alcun modo il Capo dello Stato negli sviluppi politici, ritenendo questa strategia premeditata e inammissibile. Il Presidente al momento auspica un confronto pacifico tra le parti, volto a disinnescare alcun tipo di shock interno, non mancando di ricordare che il Presidente della Repubblica non sostiene nessuna forza politica e che il presidente è guidato esclusivamente dagli interessi dello Stato e della sua popolazione.

Turchia e Russia, considerabili entrambi come stakeholders nei confronti dell’Armenia hanno avuto due reazioni completamente diverse. Da una parte Mosca ha attuato una strategia mitigatrice, mentre Ankara è passata all’attacco. Il Cremlino, alleato dell’Armenia, ha detto di essere allarmato dagli eventi nell’ex repubblica sovietica, dove la Russia ha una base militare, e ha esortato le parti a risolvere la situazione in modo pacifico e nel quadro della costituzione. Ovvero, la stessa risoluzione esortata dalla Casa Bianca. La Turchia invece, tramite le parole del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, ha condannato il tentativo di colpo di stato accaduto in Armenia. Un approccio più aggressivo da parte di Ankara potrebbe sottolineare l’interesse di assistere ad una guerra intestina che potrebbe indebolire ulteriormente l’Armenia. Questo profilo sembra essere confermato anche dalla dichiarazione del servizio di sicurezza nazionale dell’Armenia, che ha esortato tutte le parti ad astenersi da azioni che possano minare la sicurezza nazionale.

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