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Il rapporto tra Italia e Libia alla vigilia delle elezioni

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A novembre, probabilmente in Sicilia, l’Italia ospiterà un vertice sulla Libia, con la partecipazione di Onu, Stati Uniti, Lega Araba, Cina e Qatar, Unione europea e Unione africana. Lo scopo della conferenza, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, sarebbe quello di “favorire l’attuazione del piano d’azione Onu e la creazione di condizioni politiche e legislative di sicurezza che permettano lo svolgimento delle elezioni entro la fine dell’anno”.

In occasione di questa conferenza e delle imminenti elezioni in Libia, previste per dicembre, il ministro degli Esteri si è nuovamente recato a Bengasi per trattare, questa volta con il generale Khalīfa Haftar, i temi già toccati più volte in passato: la stabilizzazione politica del Paese e la gestione delle migrazioni. Anche Haftar, così come il premier riconosciuto dall’Onu Fayez al-Sarraj, si è detto pronto a collaborare con l’Italia, dichiarando inoltre il suo apprezzamento nei confronti delle politiche già intraprese. Moavero Milanesi e Haftar hanno inoltre discusso, secondo quanto riportato dalla Farnesina, delle possibili misure da adottare per intensificare la collaborazione in campo umanitario e contrastare “il terrorismo e i trafficanti di ogni tipo, nonché gli sfruttatori di esseri umani”.

Nel luglio di quest’anno era stato nuovamente discusso il trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia. L’accordo, meglio conosciuto come “Trattato di Bengasi”, firmato nel 2008 dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal colonnello Gheddafi, è stato rilanciato dal ministro degli Esteri italiano, in accordo con la sua controparte libica, Mohammed Taher Siyala e il premier al-Sarraj. Secondo l’accordo originario, l’Italia avrebbe dovuto garantire alla Libia, come risarcimento per l’occupazione militare del suo suolo, cinque miliardi di dollari (250 milioni di dollari l’anno per 20 anni) in infrastrutture, tra le quali un’autostrada litoranea.

La Libia, in cambio, si sarebbe offerta di favorire gli investimenti delle aziende italiane e di prendere provvedimenti per contrastare l’immigrazione clandestina in Italia, anche rimpatriando i richiedenti asilo respinti.

Non è stato specificato se il testo del trattato, decaduto nel febbraio 2011 dopo lo scoppio delle rivolte che avrebbero portato alla caduta e all’uccisione di Gheddafi, sarà modificato. Nell’unico comunicato del Ministero riguardante i colloqui tra Moavero Milanesi e il premier libico al-Sarraj si legge che durante gli incontri è stato rinnovato l’auspicio di un rilancio del partenariato strategico, sulla base dei meccanismi dell’accordo del 2008, sottolineando il potenziale circolo virtuoso tra la ripresa economica del Paese e la sua stabilizzazione politica. Il ministro Moavero Milanesi, inoltre, parlando dell’Italia come di un auspicabile luogo di mediazione tra la Libia e l’Europa, ha sottolineato come le strutture petrolifere e la produzione stessa del petrolio debbano restare sotto il controllo della National Oil Corporation, la compagnia petrolifera nazionale libica.

Per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori è stato ripreso il discorso sull’importanza degli aiuti, anche finanziari, alla Libia per il contrasto del traffico e si è discusso di misure per aiutare i centri di smistamento per i rifugiati e per velocizzare i rimpatri. È stato inoltre riconfermato il sostegno italiano alla guardia costiera libica che, secondo il comunicato, “sta dando ottimi risultati”, ma che è anche oggetto di numerose critiche e contestazioni. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Raad al Hussein, per esempio, ha definito “disumana” la collaborazione tra l’Unione europea e la guardia costiera, la cui condotta è stata spesso giudicata aggressiva e violenta.

Al-Sarraj, durante l’incontro di luglio, ha sollecitato un incremento, da parte dell’Italia, di programmi di assistenza come borse di studio, corsi di formazione, requisiti per il visto meno stringenti e l’impiego di voli di linea italiani per gli spostamenti tra i due Paesi, oltre al ritorno delle aziende italiane in Libia. Le autorità libiche si sono inoltre complimentate con il governo italiano per i numerosi e apprezzati interventi di assistenza umanitaria.

Alle missioni del ministro a Tripoli e a Bengasi sono seguiti dei colloqui telefonici con il Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salameh e, successivamente, con il presidente del Consiglio al-Sarraj, con il vicepresidente del Consiglio Ahmed Maitig e con il ministro degli Esteri Syala.

Nonostante il rinnovamento del trattato non sia stato confermato ufficialmente e nonostante la sempre più difficile situazione a Tripoli, l’atteggiamento del governo italiano nei confronti della Libia sembra decisamente favorevole a una possibile intesa, avvalorata, da una parte, dal clima collaborativo instaurato con il governo di al-Sarraj, ma anche, e soprattutto, dai numerosi incontri e colloqui con le diverse parti in campo, portati avanti nella volontà di mantenere un dialogo “aperto con tutti coloro che hanno a cuore l’evoluzione positiva della situazione in Libia”. Con al-Serraj, dunque, in quanto premier in carica, ma anche con Haftar, nell’eventualità di una sua vittoria alle prossime elezioni, nella speranza che una pacifica e regolare stabilizzazione politica della Libia sia il preludio di una parallela stabilizzazione politica europea.

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