Dopo il discorso del Presidente della Repubblica davanti al Consiglio d’Europa, un altro passaggio va considerato significativo per comprendere i tratti essenziali della linea strategica che l’Italia è andata maturando sulla guerra in Ucraina. Si tratta degli intendimenti che il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi ha espresso in due importanti incontri internazionali, quello con il Parlamento dell’Unione Europea del 3 maggio, e la visita negli Stati Uniti svolta il 10 e 11 maggio scorsi. La linea è dunque tracciata: l’Italia ha inteso confermare inequivocabilmente la sua scelta euroatlantica, e in questa prospettiva vi considera come elemento ulteriore di forza anche l’auspicata “autonomia strategica” dell’Unione Europea, che pertanto non sarà ad essa alternativa, ma assolutamente complementare. E, in questa ottica, per le scelte sulla guerra in Ucraina spetta soprattutto ai Paesi dell’UE promuovere ora ogni necessaria iniziativa per la ripresa dei negoziati, verso la pace.
Il discorso del Presidente del Consiglio al Parlamento dell’UE
Pochi giorni dopo, il 3 maggio, è la volta dell’intervento del Presidente del Consiglio Mario Draghi di fronte al Parlamento dell’Unione Europea. Qui la prospettiva è ben diversa, e affatto meno importante. L’idea di fondo che anima il discorso del premier italiano, che come è noto ha piena confidenza delle istituzioni europee che gli riconoscono una innegabile leadership, è quella di rilanciare l’“approfondimento” e il “rafforzamento” dell’Unione, anche attraverso una riforma dei Trattati che dia maggiore forza e concretezza al suo ruolo. Il Presidente Draghi, ovviamente consapevole qui di avere già un ampio sostegno internazionale, a cominciare da Francia e Germania, senza mezzi termini parla di un’Europa finalmente federale, che potrà realizzarsi superando il modello dell’unanimità – un sistema troppo spesso bloccato dai veti di una minoranza – per passare a quello delle decisioni “a maggioranza”. E questo soprattutto per rilanciare una rinnovata iniziativa dell’Unione almeno nei settori strategici espressamente richiamati dal premier: la politica estere e di difesa, l’energia, il debito comune, le politiche migratorie.
È dunque in questo contesto di una nuova Europa che il Presidente Mari Draghi tratteggia la linea sulla guerra in Ucraina. Il discorso è articolato, e merita essere richiamato nei vari passaggi, a partire dal riferimento ideale sulla “pace”, intesa come “cifra distintiva” della stessa Unione Europea. «L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia – sottolinea il premier – ha rimesso in discussione la più grande conquista dell’Unione Europea: la pace nel nostro continente. Una pace basata sul rispetto dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica. Una pace basata sull’utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle crisi tra Stati; una pace basata sul rispetto dei diritti umani, oltraggiati a Mariupol, a Bucha, e in tutti i luoghi in cui si è scatenata la violenza dell’esercito russo nei confronti di civili inermi».
Vengono quindi richiamate le conseguenze degli effetti della guerra che anche la popolazione europea è chiamata a sostenere: circa 5,3 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina verso i territori dell’Unione Europea, soprattutto donne e bambini, una cifra che corrisponde a più del doppio del numero di rifugiati presenti nell’Unione alla fine del 2020, circa 2,5 milioni. Poi l’analisi del premier richiama i ben noti problemi sugli approvvigionamenti energetici e alimentari: secondo la FAO, 13 milioni di persone in più potrebbero soffrire la fame tra il 2022 e il 2026 a causa della guerra in Ucraina, e molti Paesi, soprattutto dell’Africa e del Medio Oriente, saranno più vulnerabili ed esposti a problemi ancora più seri di instabilità politica e sociale. In sostanza, il monito del premier è netto: «La guerra in Ucraina pone l’Unione Europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica».
Da qui i concetti-chiave della linea strategica che l’Italia è chiamata a perseguire sulla guerra in Ucraina.
Il primo, riferito alla difesa della popolazione ucraina, vilmente aggredita, che però è anche difesa del modello democratico europeo: «In una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. Vogliamo che l’Ucraina resti un Paese libero, democratico, sovrano. Proteggere l’Ucraina vuol dire proteggere noi stessi, vuol dire proteggere il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme negli ultimi settant’anni».
Il secondo, riferito all’impegno e all’interesse dell’Europa per ricercare la pace: «Aiutare l’Ucraina vuol dire soprattutto lavorare per la pace. La nostra priorità è raggiungere quanto prima un cessate il fuoco, per salvare vite e consentire quegli interventi umanitari a favore dei civili che oggi sono, restano, ancora molto difficili. Una tregua darebbe anche nuovo slancio ai negoziati, che finora non hanno raggiunto i risultati sperati. L’Europa può e deve avere un ruolo centrale nel favorire il dialogo».
La visita negli Stati Uniti
Nei giorni 10 e 11 maggio, il Presidente del Consiglio Draghi si è recato negli Stati Uniti, ove gli incontri principali sono stati quello con il Presidente Biden e l’altro davanti al Congresso. Biden ha accolto il premier italiano riconoscendogli il ruolo che ha svolto nel sostenere leconvergenze delle posizioni della Nato e dell’Ue, affatto scontate: “C’è una cosa che apprezzo – ha detto Biden – il suo sforzo di unire la Nato e l’Ue. Era difficile credere che andassero di pari passo, era più probabile che si sarebbero divise ma lei è riuscito a farli andare di pari passo”.
Nel contempo la posizione del premier italiano, anche in questa occasione ha confermato la linea espressa davanti al Parlamento europeo. Il primo punto del discorso indirizzato a Biden è stato dunque incentrato sulla linea del sostegno all’Ucraina: “Le nostre Nazioni sono unite in modo forte e la guerra in Ucraina ne ha ulteriormente rafforzato l’unione. Siamo uniti nel condannare l’invasione dell’Ucraina, uniti nelle sanzioni e nell’aiutare l’Ucraina come ci ha chiesto il presidente Zelensky “, ha detto Draghi.
Il secondo punto è stato quindi sviluppato sul tema della ripresa dei negoziati: “In Italia e in Europa adesso le persone vogliono la fine di questi massacri, di questa violenza e di questa macelleria e pensano che cosa possiamo fare per portare la pace. Dobbiamo utilizzare ogni canale per la pace, per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”. E per argomentare meglio la necessità di avviare un sollecito percorso sulla mediazione diplomatica per porre fine al conflitto, il premier ha ricordato anche le forti preoccupazioni per la sicurezza energetica ed alimentare, posto che è in questi ambiti che le popolazioni europee e soprattutto quelle dei paesi più fragili risentiranno ancora di più i drammatici effetti della guerra, se questa dovesse prolungarsi.
Conclusioni: la prima sfida per l’“autonomia strategica” dell’UE
Due discorsi, dunque, quelli del Presidente della Repubblica Mattarella e del Presidente del Consiglio Draghi con angolazioni differenti, dati anche i contesti distinti in cui sono stati pronunciati, ma senza ombra di dubbio pienamente armonizzati e integrati in una visione comune del ruolo dell’Italia e dell’Unione Europea, di cui occorrerà tenere conto. A questo punto sarà importante il ruolo degli sherpa, sia italiani che europei, che dovranno valorizzare gli intendimenti tracciati, definendo una road map per le future iniziative negoziali.
Il messaggio è chiaro, sia nell’aver individuato il fine, una concreta, progressiva de-escalation verso la pace, il metodo, quello del multilateralismo e del dialogo, che gli attori della mediazione, che dovranno essere principalmente i Paesi europei perché l’Unione Europea, dopo l’Ucraina, è la più esposta alle dirette conseguenze della guerra. È dunque tempo che l’Unione Europea si eriga a protagonista, e l’Italia ne sarà la prima sostenitrice. Potrà essere questo il senso concreto da conferire alla tanto auspicata “autonomia strategica” dell’Unione Europea.