Nel primo pomeriggio del 4 Settembre, a seguito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è stata annunciata la formazione del nuovo governo sostenuto dal Movimento 5 Stelle (M5S) e dal Partito Democratico (PD) a conclusione della crisi di governo avviata lo scorso 8 Agosto. Il cambiamento radicale della maggioranza di governo ha fatto sì che l’intero Consiglio dei Ministri fosse ridefinito, tenendo conto dei rapporti di forza tra le due forze di maggioranza e della necessità, come più volte annunciato, di costruire un governo di svolta.
Particolarmente importante è stata la ridefinizione del ruolo di Luigi Di Maio, “capo politico” del Movimento 5 Stelle e precedentemente Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico nonché vicepresidente del Consiglio, che assumerà l’incarico di nuovo Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale del nuovo Governo Conte. Provare a definire in modo chiaro e netto quella che sarà la linea politica adottata dal Ministro nella conduzione della politica estera italiana non è affare affatto semplice dato che nella precedente esperienza di governo il M5S si è sostanzialmente concentrato sulle questioni di politica interna e in particolare di politica economica, lasciando che a condurre la politica estera fossero l’ex Ministro Enzo Moavero Milanesi e il Premier Giuseppe Conte.
Come affermato mediante un lungo post su facebook l’internazionalizzazione dell’economia italiana sembra essere uno dei punti fondamentali del nuovo Ministro degli Esteri, una linea, questa, già sostenuta nel corso della precedente esperienza al Ministero dello Sviluppo Economico durante la quale ha più volte ribadito la necessità di guardare alla Repubblica Popolare Cinese quale partner strategico fondamentale. Tale iniziativa, si è conclusa con la firma, lo scorso 22 marzo, di un Memorandum di intesa con Pechino che vede l’Italia essere il primo paese del G7 a aderire alla Belt and Road Initiative, l’enorme iniziativa infrastrutturale volta a collegare il gigante asiatico ai mercati europei lanciata nel 2013 da Xi Jinping.
Dossier fondamentali restano i fenomeni migratori e i rapporti con i paesi africani rispetto ai quali si ritiene necessario procedere tanto su base bilaterale quanto, soprattutto, su base multilaterale, in particolar modo mediante un intervento strutturato dell’Unione Europea, che resta uno dei veicoli fondamentali per risolvere le ragioni strutturali dell’instabilità in Medio Oriente e Nord Africa. Nel progredire in questa direzione, si ribadisce la necessità di muoversi con rapporti che vedano una cooperazione su base paritaria, tema caro al M5S che nel corso degli anni si è fatto alfiere di una politica estera basata sul rispetto della sovranità e dell’autodeterminazione dei popoli, nonché rilanciando la cooperazione economica con le economie emergenti al fine di creare nelle singole realtà locali stabilità e sviluppo.
Cruciale per il nuovo Governo sarà la definizione di un “multilateralismo efficace” volto alla promozione della pace e della sicurezza internazionale imperniato sul legame euroatlantico, non più messo in discussione come nella fase più radicale del Movimento 5 stelle, e sul processo di integrazione europea, entrambi pilastri fondamentali della sicurezza nazionale e consessi all’interno dei quali perseguire l’interessa nazionale italiano.
Questione fondamentale restano i rapporti interni all’Unione Europea. Nel corso della precedente esperienza di governo l’allora vicepremier Di Maio era stato al centro di uno duro scontro con le istituzioni europee e con Francia e Germania in particolare, uno scontro legato alla gestione della questione migratoria e della politica economica. Il confronto con Parigi raggiunse l’apice quando, nel febbraio scorso, l’ambasciatore francese fu richiamato in patria per consultazioni a seguito dell’incontro tra Luigi di Maio e alcuni esponenti del movimento dei “gilet gialli” avvenuto in un momento di massima tensione tra il Governo francese e i manifestanti che da settimane scendevano in pizza contro le politiche economiche volute dal Presidente Macron. Oggi, la propensione allo scontro con l’UE sembra essere venuta meno, soprattutto a seguito dell’elezione di Ursula Von Der Leyen a Presidente della Commissione Europea, elezione che ha visto il supporto determinante dei parlamentari europei del M5S. La nomina del Commissario italiano, il cui nome più accreditato sembra essere quello di Paolo Gentiloni, una figura stimata a Bruxelles per il suo incarico di Ministro degli Esteri prima e Presidente del Consiglio poi, resta ora uno dei punti più delicati da definire soprattutto se il Governo vorrà puntare ad un Commissario di peso nella gestione della politica economica dell’UE. Analogamente, la necessità di riformare il Regolamento di Dublino rimane uno dei temi più rilevanti da affrontare come pure la definizione di quelli che saranno i margini di manovra del Governo nell’elaborazione della prossima legge di bilancio.
In conclusione, Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle sembrano aver abbandonato le posizioni più radicali assunte precedentemente alla formazione del primo Governo Conte, ciò non toglie che, data la mancanza di esperienza diretta del leader pentastellato nella gestione della politica estera, fondamentali saranno i consiglieri di cui si contornerà e il rapporto che riuscirà a instaurare con le cancellerie europee nell’affrontare le grandi sfide che attendono l’Europa, prima tra tutte la Brexit, nonché la capacità di destreggiarsi tra Cina e Stati Uniti in un contesto internazionale che stenta a prendere una chiara forma.