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Il caso Navalny, il dissenso interno e la sfida al Cremlino

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Il caso Navalny continua ad attirare l’attenzione internazionale sull’operato di Mosca. Lo scorso anno il nome di Alexei Navalny emerse per la prima volta nei media occidentali in occasione dei risultati del referendum costituzionale pubblicati il 2 luglio del 2020, quando il blogger russo venne indicato come rappresentante di una porzione di cittadini russi che contestavano, in primis i risultati, ma anche le modalità di svolgimento del processo referendario che, avvalendosi del “voto da casa”, in alcuni distretti convalidato poi da agenzie vicine al Ministero degli Interni russo, prestavano il fianco ad ingerenze statali nella votazione.

Chi è Alexei Navalny?

Ma chi è Alexei Navalny? Alexei Anatolievich Navalny nasce il 4 giugno 1976, figlio di un ufficiale dell’esercito, cresce nelle basi militari che circondano Mosca. Si laurea in legge alla Università russa dell’amicizia tra i popoli nel 1998 per poi proseguire gli studi alla Università di finanza del governo russo. Navalny muove i suoi primi passi come politico nel 2000, iscrivendosi al partito Jabloko (Partito Democratico Unificato Russo), per poi diventarne, tra il 2004 e il 2007, uno dei rappresentanti più in vista nell’area moscovita. Nel 2005 Navalny fonda la compagine giovanile del partito, la DA! (Democrazia Alternativa), protagonista nel 2006 della manifestazione nota come Marcia Russa, la quale però non fu autorizzata, nonostante le animate critiche dell’oppositore russo. Entrato in contrasto con le linee del partito, venne espulso da Jabloko nel 2007 e, nello stesso anno, Navalny, fondò il movimento politico Popolo, dai connotati nazionalisti. La sua attività di blogger anticorruzione raggiunge l’apice quando, nel 2008, acquistò piccoli pacchetti azionari di grandi società russe, così da poter esercitare il diritto all’informazione degli azionisti e ottenere prove di condotte illecite, per poi pubblicare i risultati delle sue indagini sul suo blog. Nel 2010 viene selezionato per il programma annuale Yale World Fellows organizzato dalla Università di Yale, rivolto a circa venti leader emergenti provenienti da tutto il mondo. Il 2011 è l’anno in cui Navalny consolida il suo ruolo di oppositore politico, egli organizza infatti, a partire da quell’anno, numerose manifestazioni di protesta, in favore della democrazia, contro la corruzione dei politici e contro Putin. Nello stesso anno insieme a Leonid Volkov, anch’esso blogger attivista e politico, fonda il Partito del Progresso. Nel 2013 arriva per Navalny la prima condanna per appropriazione illecita e frode ai danni dell’azienda russa Kirov. Navalny si appella alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), la quale accoglie la sua richiesta di un nuovo processo, ma ne conferma l’esito: sei anni di reclusione e l’obbligo di restituzione di 16.000.000 di rubli. Nel dicembre 2014 l’attivista russo, insieme al fratello, viene giudicato colpevole del reato di riciclaggio di denaro e frode. Nel gennaio 2015 Navalny si appella ancora alla CEDU e la sua richiesta trova accoglimento. Numerose sono state le successive condanne, nel marzo 2017 fu arrestato insieme ad altre centinaia di persone a causa di una manifestazione contro la corruzione non autorizzata dal governo, e per questo è stato condannato a quindici giorni di carcere e a una multa da 20.000 rubli. Nel giugno dello stesso anno viene nuovamente arrestato, per motivi analoghi, e pochi mesi dopo, a settembre, viene accusato e successivamente condannato per “istigazione al reato”, per aver invitato, ripetutamente, i suoi sostenitori a partecipare a eventi pubblici non autorizzati. Sia Amnesty International che Memorial, ONG con sede a Mosca, iniziarono una compagna d’informazione sui processi di Navalny ritenuti meramente politici. L’ipotesi venne avvallata e successivamente confermata dalla già citata Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quando, nel novembre 2018, condannò la Russia a risarcire Navalny con 50.000 euro per danni morali, 1.025 per danni materiali, e 12.653 euro per le spese sostenute per i suoi molteplici arresti subiti sul territorio russo giudicati come politici, contro la libertà di espressione e privi di una reale motivazione. Nel 2019 alle elezioni per la Duma di Mosca arriva la prima vittoria elettorale, i candidati del progetto “Voto Intelligente” ricevettero più voti della lista di Russia Unita. Naval’nyj si renderà poi protagonista di numerose dichiarazioni pubbliche dal significato politico molto chiaro, come l’appoggio al comico, leader di Servitore del Popolo, Volodymyr Zelens’kyj, alle presidenziali ucraine del 2019, o come nel 2020 quando accusò il Capo della Repubblica Cecena, Ramzan Kadyrov, di essere il responsabile del tentato omicidio del dissidente Tumso Abdurachmanov.

L’avvelenamento

Il caso Navalny scoppia il 20 agosto 2020 quando il blogger dissidente è ricoverato d’urgenza all’ospedale di Omsk, nella Siberia Occidentale, dopo un presunto avvelenamento sul volo Mosca-Tomsk, prima tappa del tour elettorale dell’attivista russo in vista delle elezioni locali del mese successivo. Navalny, dopo essere stato trasferito in terapia intensiva ed essere stato indotto in coma farmacologico. Immediatamente, il comitato sostenitore, attraverso la portavoce Kira Yarmish, ha accusato il Cremlino di aver attentato alla vita del dissidente, indicando nel the bevuto al mattino dal leader dell’opposizione russa l’unico veicolo del presunto avvelenamento. Nei giorni successivi, su iniziativa della moglie di Navalny e dell’ONG tedesca Cinema for Peace è stato organizzato un trasferimento in Germania al fine di offrire al blogger le migliori cure possibili. L’iniziale reticenza delle autorità sanitarie ha però aperto i sospetti di un interesse politico all’eliminazione di Navalny, lo stesso che avrebbe fatto poi pressioni, secondo il comitato sostenitore, al fine di ritardare il trasferimento o evitarlo del tutto. Due giorni dopo, quasi inaspettatamente, Navalny è stato trasferito a Berlino, con il beneplacito del Cremlino che, per voce del portavoce Dmitry Peskov, ha escluso ogni coinvolgimento nella vicenda, tanto in merito all’avvelenamento quanto in relazione al ritardo nel trasporto in Germania, dove l’avvelenamento è stato poi confermato. Dal momento della notizia, malgrado le affermazioni di fonti del Cremlino, si è immediatamente diffuso il dubbio di un possibile tentato omicidio orchestrato da elementi vicini al Presidente russo al fine di eliminare uno dei più seguiti oppositori di Vladimir Putin. Purtroppo, la politica russa, anche recente, è ricca di omicidi di note figure politiche diffusamente conosciute in Occidente o di ex funzionari con i quali saldare i conti: Anna Politovskaya, Aleksandr Litvinenko, Boris Nemtsov e Sergey Skipral raccontano tutti storie analoghe e Alexey Navalny, secondo alcuni, doveva essere il prossimo. Dall’altro canto però in momento in cui la Russia era sotto l’attenzione internazionale per i fatti bielorussi, la morte di un dissidente tanto noto all’estero e faro dell’Occidente in Russia sarebbe stata un boomerang politico. Sebbene la repressione sia stata particolarmente dura in passato, l’omicidio di un avversario politico è ben altra cosa, soprattutto in un momento tanto delicato. Inoltre, Navalny, per quanto sia uno degli organizzatori più efficaci delle manifestazioni contro il Cremlino, è stato grandemente depotenziato, non solo con le recenti riforme costituzionali che gli impedirebbero di candidarsi alla Presidenza della Federazione, ma anche per la limitatezza del suo seguito al di fuori delle grandi città, fatto questo dimostrato durante le elezioni amministrative del 2019, e ribadito dallo scarso successo dell’iniziativa “Voto intelligente” di Navalny nelle amministrative dello scorso anno.

La prima ricaduta sul piano internazionale del caso Navlny colpisce le cancellerie europee, ed in particolar modo la Germania, tra le prime ad accusare Mosca di aver avvelenato il dissidente russo. Dopo la conferma dell’avvelenamento, non incontrovertibilmente imputabile a Putin però, dagli esami tossicologici ed anche dalle rilevazioni su alcune bottiglie d’acqua ritrovate nell’alloggio dell’oppositore da parte dei suoi famigliari, Mosca e Berlino iniziarono ad intimarsi reciprocamente di avviare indagini indipendenti e rendere noti i fascicoli sul caso, senza nessuna conseguenza concreta. L’elefante nella stanza erano senza dubbio le sorti del Nord Stream 2 (NS2). La Germania, infatti, minacciava alla Russia sanzioni a livello nazionale ed europeo che potevano minare la stabilità dei rapporti tra i due paesi, mentre gli Stati Uniti minacciavano nuove iniziative per punire le figure sospettate di essere coinvolte nell’avvelenamento. Il caso Navalny diviene quindi rapidamente una questione internazionale, in grado di minare però anche le relazioni transatlantiche, poiché ha offerto a Washington un ulteriore strumento di pressione sulla Germania verso la quale, dall’inverno 2019, erano cresciute le attenzioni statunitensi a causa della prossima conclusione del NS2, il gasdotto della discordia ampiamente osteggiato dalla Casa Bianca. 

L’epilogo

Dopo cinque mesi di convalescenza e riabilitazione, Alexey Navalny, nel gennaio scorso, ha fatto però ritorno in Russia, annunciando di non temere la reazione del Cremlino al suo rientro in patria. Sul suo capo pendeva infatti l’ordine di arresto per una condanna a tre anni per appropriazione indebita emessa nel 2014, precedentemente sospesa ma “riattivata” per violazione dei termini di sospensione condizionale della pena, che si è tradotto nell’immediato fermo al momento del superamento della dogana all’aeroporto di Mosca. Dopo un veloce processo, che ha confermato la precedente sentenza a tre anni e mezzo di reclusione, Navalny è stato quindi tradotto nella colonia penale IK-2, per scontare i due anni e mezzo rimanenti della sua condanna. Da allora è iniziata una nuova fase dello scontro tra il Cremlino e il suo principale oppositore. Navalny ha infatti avviato nelle ultime settimane uno sciopero della fame per denunciare, con il supporto dei suoi sostenitori dall’esterno, il trattamento di cui è oggetto in carcere, considerato dai suoi collaboratori come una vera e propria tortura, evidenziando le privazioni del sonno, la rapida perdita di peso e le difficoltà nel ricevere assistenza medica. Per queste ragioni è stato recentemente trasferito nella colonia penale IK-3, dove avrebbe ricevuto delle cure mediche, sebbene le sue condizioni restino gravi.   

Malgrado la condanna, Alexey Navalny ha dimostrato un notevole coraggio e una solida volontà nel portare avanti la sua sfida la Cremlino. Ulteriormente, la spettacolarizzazione del suo arresto e del suo rientro in patria ha portato centinaia di persone in piazza con diffuse manifestazioni di supporto, soprattutto a Mosca, che hanno portato ad una massiccia ondata di arresti. Di conseguenza, Navalny è riuscito a mantenere costantemente alta l’attenzione nazionale e internazionale. Indipendentemente dal suo reale consenso, oggettivamente relativo, il principale oppositore di Vladimir Putin resta ancora oggi un avversario temibile, non tanto per la sua capacità di mobilitazione dell’opinione pubblica russa, quanto piuttosto per l’attenzione mediatica internazionale di cui è oggetto. 

Questo articolo è uno dei contributi del numero speciale di Matrioska – Osservatorio sulla Russia, pubblicato in occasione dell’anniversario del nostro osservatorio. Scopri qui tutti i numeri di Matrioska!

Nicolò Sorio
Geopolitica.info

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