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TematicheAmbiente, Infrastrutture ed EnergiaIdrogeno, il nuovo vettore energetico per la decarbonizzazione europea?

Idrogeno, il nuovo vettore energetico per la decarbonizzazione europea?

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La produzione e l’utilizzo di massa dell’idrogeno come vettore energetico è l’ultima frontiera nella battaglia contro l’uso degli idrocarburi e si prevede estremamente necessario per il raggiungimento degli obbiettivi net-zero promessi dai vertici governativi. La corsa è iniziata, e il blocco dei 27 non è l’unico partecipante in questo gioco, con Cina, USA e altri attori che muovono le loro pedine ricercando la leadership mondiale nel mercato energetico del futuro.

Verde o Grigio? Tutti i colori dell’idrogeno 

Sebbene si possa pensare all’idrogeno come fonte di energia esclusivamente rinnovabile e sostenibile, esistono delle differenze fondamentali in base ai processi di produzione e alle fonti energetiche con le quali si ottiene questo vettore energetico, che determinano il grado di sostenibilità dell’idrogeno ottenuto. 

Per delineare la caratterizzazione delle diverse tipologie di idrogeno viene convenzionalmente usata una rappresentazione a colori, ognuno riferito a uno specifico processo di produzione, oltre che alle diverse fonti energetiche utilizzate nei processi, che di conseguenza ne determinano le emissioni di CO2 e il grado di sostenibilità. La difficoltà risiede nell’elevata scarsità della molecola gassosa di idrogeno presente in natura, per cui quest’ultima va prodotta, consumando a sua volta energia e con un costo associato. Il bilancio tra le emissioni di CO2 nella produzione della molecola e i costi complessivi per la sua generazione, trasporto e stoccaggio è alla base del complessivo ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica. Come descritto, i processi energetici e le rispettive fonti energetiche in ingresso sono caratterizzati da impatti ambientali differenti fra loro, per cui la produzione di idrogeno marrone si rivela la più inquinante, perché ottenuto tramite processo di gassificazione e con l’utilizzo di carbone, presentando valori che si attestano nel range di 18-20t CO2/t H2. D’altra parte, l’idrogeno verde risulta neutro dal punto di vista della carbon footprint, venendo prodotto tramite elettrolisi e con l’utilizzo di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili. Sempre in base al modo di produzione e all’input energetico utilizzato, esistono altre varie tipologie intermedie di idrogeno, quello grigio, blu, turchese, giallo e rosa, elencati dal più impattante al più sostenibile. Nel mondo, la forma di idrogeno più prodotto e più comune risulta essere quello derivante da fonti fossili, circa il 99,3%: in particolare, oltre il 70% risulta essere idrogeno grigio, prodotto tramite processo di Steam Methane Reforming, il 28% rientra nella categoria marrone (gassificazione del carbone), e solamente la restante parte si suddivide tra idrogeno blu (0,6%) e idrogeno verde (0,1%). Quest’ultimo viene prodotto tramite processo di elettrolisi, che consiste nella scissione della molecola d’acqua in idrogeno e ossigeno per via elettrochimica. Dal punto di vista della sostenibilità, le emissioni di C02 associate a questo metodo produttivo sono fondamentalmente solo quelle derivanti della produzione di energia elettrica, e quindi, nel caso di utilizzo di energia rinnovabile, sono sostanzialmente nulle. 

Chi domina il mercato dell’idrogeno? 

McKinsey & Co, a settembre 2022, ha pubblicato un report sullo sviluppo globale dei progetti e degli investimenti relativi al mercato dell’idrogeno, marcando la crescita senza precedenti relativa al settore. Il report sottolinea come 680 progetti di grandi dimensioni del valore complessivo di 240 miliardi di dollari siano stati proposti – un incremento del 50% da Novembre 2021 – sebbene soltanto il 10% di essi abbia raggiunto decisioni di investimento finali. L’Europa ospita oltre il 30% degli investimenti proposti per l’idrogeno a livello globale. Tuttavia, altre regioni stanno guidando l’implementazione sul campo: l’80% della capacità operativa globale di produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio è in Nord America, mentre la Cina ha superato l’Europa nell’elettrolisi, con 200 MW operativi, contro 170 MW in UE, grazie al forte sostegno del governo. D’altra parte, la Corea del Sud e il Giappone, a loro volta, guidano la corsa alle celle a combustibile, spinti da forti ambizioni governative e aziendali: più della metà degli 11 GW di capacità produttiva globale di celle a combustibile si trova lì. Il Giappone ha inoltre intensificato la diffusione dell’idrogeno tramite moduli di cogenerazione (CHP), con 425.000 impianti installati. L’amministrazione Biden invece ha di recente annunciato uno storico programma di finanziamenti del valore di 7 miliardi di dollari per far ripartire l’economia dell’idrogeno pulito in America, con l’obbiettivo di creare hub regionali per l’idrogeno verde. Il H2Hubs sarà uno dei più grandi investimenti nella storia del Dipartimento dell’Energia, e il motore centrale per aiutare le comunità di tutto il paese a beneficiare di investimenti in energia pulita e migliorare la sicurezza energetica del paese, sostenendo l’obbiettivo del presidente Biden di un’economia a zero emissioni entro il 2050. Come sottolineato dal Segretario dell’Energia Jennifer M. Granholm, “questa strategia nazionale per l’idrogeno ci aiuterà ad accelerare lo sviluppo e il dispiegamento di tecnologie per realizzare il pieno potenziale dell’energia pulita a idrogeno per le generazioni a venire”.

Il governo cinese, d’altra parte, ha identificato il mercato dell’idrogeno come una delle sei industrie del futuro. Entrando nello specifico, la Cina rappresenta già il maggior produttore di idrogeno al mondo, ricavandone 25 milioni di tonnellate, ovvero il 25% della produzione mondiale. La China Hydrogen Alliance prevede che la domanda interna di idrogeno raggiunga i 35 milioni di tonnellate entro il 2030, rappresentando almeno il 5% della fornitura energetica totale del paese, prima di arrivare al 10% entro il 2050, e raggiungere il 20% entro il 2060. Ciò che però sfugge da questa figura è l’entità dell’idrogeno prodotto finora da Pechino. Difatti, si tratta per la stragrande maggioranza di idrogeno “sporco”, il che mitiga fortemente i suoi potenziali impatti ambientali positivi. La Cina attualmente produce il 60% del suo idrogeno dal carbone (marrone), e il 25% dal gas naturale (grigio). Lo scorso 20 settembre, Pechino ha annunciato l’apertura del più grande progetto mondiale di produzione pulita di idrogeno dal carbone, il quale, tramite l’uso di metodi innovativi per utilizzare efficacemente il carbone, dovrebbe ridurre le emissioni di CO2 di 220.000 tonnellate all’anno, fornendo una spinta alla transizione verde del paese. Piani per accelerare l’implementazione dell’idrogeno verde nel paese sono stati resi noti con il quattordicesimo piano quinquennale, il quale traccia la via per il periodo 2021-2025. 

I passi di Bruxelles verso l’economia dell’idrogeno 

In Europa, invece, sembra essersi già delineata nettamente la strada in direzione dell’idrogeno verde, come conferma la notizia di qualche giorno fa sull’approvazione da parte della Commissione Europea di sovvenzioni pubbliche pari a 5,2 miliardi di euro a sostegno del secondo progetto di comune interesse europeo (IPCEI) diretto a sostenere la ricerca, l’innovazione, l’applicazione industriale e la costruzione di relative infrastrutture nella catena del valore dell’idrogeno. Questo segue e integra il suo predecessore IPCEI “Hy2Tech”, approvato dalla Commissione il 15 luglio 2022 e incentrato sugli utenti finali nel settore della mobilità. Il secondo progetto, denominato IPCEI “Hy2Use”, è stato elaborato da 13 stati membri, tra cui anche Italia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. 

L’erogazione da parte di questi governi di 5,2 miliardi ne sbloccherebbe ulteriori 7 di investimenti privati. Saranno 29 le imprese e start-up che parteciperanno ai 35 progetti previsti, tutti incentrati sullo sviluppo della catena del valore dell’idrogeno, sovvenzionando principalmente le infrastrutture, in particolare elettrolizzatori e infrastrutture di trasporto, produzione, stoccaggio di idrogeno a basse emissioni di carbonio, e lo sviluppo di tecnologie innovative e più sostenibili per l’integrazione dell’idrogeno nei processi industriali, in particolare quelli dell’acciaio, del cemento e del vetro, ovvero quelli più difficoltosi da decarbonizzare. L’Italia occuperà una posizione di rilievo in questo, promuovendo quattro progetti di applicazione nell’industria: NextChem, RINA-CSM, SardHy Green Hydrogen e SOuth Italy Green Hydrogen. Previsti dal PNRR, per l’Italia ulteriori 450 milioni di euro per sviluppare ed espandere il settore dell’idrogeno verde, con l’obbiettivo di realizzare entro il 2026 una filiera tutta italiana con stabilimenti che producano elettrolizzatori e componenti per una potenza complessiva annua di 1 GW. Nello scenario italiano, la Toscana e le Marche sembrano spiccare come potenziali hub nazionali dell’idrogeno, con progetti destinati a diversi ambiti di investimento, tra cui la produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse, il trasporto stradale e ferroviario, l’utilizzo dell’idrogeno nell’industria pesante, la ricerca e lo sviluppo. Nelle Marche, con la recente approvazione del Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima (Paesc), si consolida il supporto alla nascita della Arezzo Idrogen Valley, la quale nel medio–lungo termine sarà in grado di produrre almeno 500 tonnellate all’anno di idrogeno verde, ed eviterà l’emissione di 3 milioni di tonnellate annue d CO2. 

Tornando in prospettiva europea, un’altra luce verde in ambito idrogeno è accesa dall’approvazione del lancio della Banca europea dell’idrogeno, avvenuta lo scorso 14 settembre durante il discorso sullo stato dell’Unione da parte dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La banca investirà nello sviluppo dell’idrogeno con lo scopo di passare da un mercato di nicchia alla produzione su larga scala. Sono previsti 3 miliardi di euro nei prossimi anni – la maggior parte arriverà dal Fondo per l’innovazione – per costruire il mercato futuro dell’energia. Bruxelles, col piano REPowerEu, ha raddoppiato i suoi obbiettivi per il 2030, fissando a 10 milioni di tonnellate annue la capacità produttiva interna di idrogeno rinnovabile e puntando ad importarne altrettante ogni anno entro la stessa data. Tutto questo con lo scopo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi e sostituire il gas naturale, il carbone e il petrolio nelle industrie e nei settori dei trasporti difficili da decarbonizzare (hard to abate). Stando alle stime, questo richiederebbe però entro il 2030 una capacità installata di elettrolizzatori in suolo Europeo pari almeno a 90-100 GW, mentre per il momento, il commissario UE per il mercato interno e i principali leader del settore degli elettrolizzatori si sono impegnati “soltanto” a decuplicare la produzione per il 2025, ovvero passare dagli attuali 1,75 GW annui a 17,5. 

Nel frattempo, vari enormi progetti stanno prendendo piede in Europa, tra cui quello commissionato da Siemens in Alta Franconia, che prevede la costruzione del più grande impianto di produzione di idrogeno verde della Germania. Nei Paesi Bassi invece, la Air Product ha recentemente annunciato i piani per la costruzione di un secondo impianto di liquefazione dell’idrogeno a Rotterdam. Questo, si aggiungerebbe all’impianto già esistente dell’azienda, a Botlek. Una volta operativa, quest’opera raddoppierà l’attuale capacità totale di idrogeno liquido in Europa. Sempre nei Paesi Bassi, la Shell ha in previsione di costruire un enorme impianto di idrogeno verde alimentato dal parco eolico offshore Hollandse Kust, un progetto da 759MW che sarà operativo nel 2023. Il cosiddetto Holland Hydrogen I, diventerà il più grande impianto di idrogeno rinnovabile d’Europa quando le operazioni inizieranno nel 2025.

Bene o male tutto il mondo sta guardando all’idrogeno come la potenziale fonte energetica sostenibile del futuro. In ogni angolo del globo iniziative governative e multinazionali private stanno sponsorizzando enormi programmi e progetti per l’adozione di massa dell’idrogeno. 

Ma riuscirà questo vettore energetico a soppiantare le più consolidate alternative energetiche sostenibili, come l’eolico e il fotovoltaico?

Se così fosse, sarà davvero l’idrogeno il game changer nella lotta all’abbattimento delle più dannose fonti energetiche tradizionali, gli idrocarburi?

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