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I risultati del voto catalano: scenari e prospettive per il futuro governo della comunità autonoma

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Domenica 14 febbraio si sono svolte le elezioni per rinnovare i 135 seggi del Parlamento della Comunità autonoma della Catalogna. Si tratta di elezioni anticipate, in quanto la scadenza naturale della legislatura sarebbe stata nell’autunno di quest’anno.

Il panorama politico

L’attuale quadro politico catalano si divide tra partiti indipendentisti e partiti unionisti. I primi, che sostengono l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, hanno governato in una grande coalizione a partire dal 2012. Questo percorso ha portato a un progressivo inasprimento dello scontro per l’indipendenza che ha avuto il suo culmine con il referendum illegale del 2017. Questa mossa è stata pagata duramente da molti esponenti politici indipendentisti, alcuni dei quali sono stati condannati per sedizione come il Presidente di Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) Oriol Junqueras, all’epoca vicepresidente della Generalitat. Carles Puigdemont, ex Presidente nonché leader della destra catalana, è fuggito dalla Spagna, vive in esilio in Belgio ed è attualmente eurodeputato.

La passata consultazione del 2017 è stata caratterizzata da una grandissima affluenza alle urne, oltre il 79%. L’altissima partecipazione di quelle elezioni era dovuta alla tensione determinatasi a seguito della repressione del referendum illegale indetto dal Governo catalano guidato da Carles Puigdemont. Nell’ottobre di quell’anno, il Governo di Madrid era guidato dal leader del Partito Popolare Mariano Rajoy che aveva scelto la strategia della repressione, da molti considerata eccessivamente dura. Il primo partito era, in quella tornata, il partito della destra moderata unionista Ciutadans (la versione catalana di Ciudadanos) che era riuscito a intercettare l’elettorato contrario all’indipendenza. Nonostante ciò, la destra di Junts per Catalunya (JxCAT) e la sinistra di Esquerra hanno formato un governo grazie all’astensione della sinistra radicale della CUP (Candidatura d’Unitat Popular).

Il Governo catalano si regge grazie a una sorta di “astensione costruttiva” da parte della CUP, movimento indipendentista di estrema sinistra. Inoltre, fino alle elezioni di quest’anno, i voti dei partiti indipendentisti non hanno mai raggiunto la maggioranza assoluta, elemento che ha sicuramente contribuito a minare la credibilità dei due referendum per l’indipendenza.

Il risultato 

Questa tornata elettorale ha visto un drastico aumento dell’astensione. Sì è passati da un’affluenza dal 79,09 % alle elezioni del 2017 al 53.56 % delle consultazioni odierne, una partecipazione al di sotto delle aspettative. Questa bassa affluenza ha penalizzato quindi non solo i partiti unionisti ma anche i partiti indipendentisti. Contrariamente alle ultime tornate elettorali, i partiti indipendentisti hanno ottenuto la maggioranza assoluta raggiungendo il 51,2 % dei consensi. Con circa il 23 % dei voti e 33 seggi, il PSC (Partito Socialista Catalano) diventa il primo partito della regione, superando i due principali partiti indipendentisti, e si conferma come l’unica forza politica in grado di ottenere un ampio consenso elettorale in tutte le comunità autonome. I tre maggiori partiti indipendentisti, Esquerra Republicana,  la destra di Junts e CUP ottengono rispettivamente 33, 32 e 9 seggi, raggiungendo e superando quindi la maggioranza assoluta di 68 seggi in Parlamento. Parallelamente Ciutadans subisce un fortissimo ridimensionamento passando da 36 a 6 seggi.

Ottimo risultato invece per l’estrema destra di Vox che con il 7,69% dei voti e 11 seggi, diviene la prima forza della destra unionista, entrando per la prima volta nel Parlamento della Generalitat. Stabile En Comú Podem (Podemos) che con il 6.87 % dei voti conserva 8 seggi.

A seguito della caduta di consensi di Ciudadanos alle elezioni nazionali del novembre 2019 ci si aspettava un ridimensionamento anche in Catalogna a beneficio soprattutto del PSC e di VOX. Ciutadans, nato come forza politica che si contrapponeva all’indipendentismo, si è reso complice della mano dura del Governo Rajoy, strategia che ha inasprito il conflitto tra indipendentisti e governo centrale all’indomani del referendum del 2017. Il fortissimo calo di Ciutadans è dovuto quindi a un massiccio spostamento degli elettori unionisti sul PSC e su VOX.

Il voto anticipato sembra essere stato un altro importante fattore che ha avvantaggiato il PSC. Il suo candidato, Salvador Illa, è il ministro della salute uscente, candidato da Pedro Sanchez per capitalizzare la sua popolarità dovuta all’esposizione mediatica durante la pandemia. All’interno della coalizione indipendentista si osserva il sorpasso di Esquerra su Junts, forza che ha costruito e guidato la battaglia per l’indipendenza. Si prevede quindi una guida del fronte catalanista più conciliante e più incline alla mediazione con il governo di Madrid, in quanto Esquerra Republicana esprime posizioni leggermente più moderate rispetto al centrodestra di Junts, erede della battaglia indipendentista ritornata in auge a seguito all’elezione nel 2010 dell’ex Presidente Artur Mas.

Gli scenari di coalizione per il governo della Generalitat

Due sono quindi le possibili coalizioni per raggiungere la maggioranza assoluta di 68 seggi in Parlamento necessaria per la formazione del governo. Il primo scenario di coalizione è quello sostenuto dal Governo progressista di Pedro Sanchez e in particolare da “En Comun Podem” (Podemos), il quale tenta di porsi come punto di mediazione tra ERC e PSC per rompere lo schieramento indipendentista tramite la formazione di un governo delle sinistre. Podemos, che ha sempre tenuto una posizione più dialogante per non dire ambigua rispetto alla questione dell’indipendenza, ritiene che ERC, potrebbe sostenere un governo delle sinistre in Catalogna, essendo già decisiva per la tenuta del Governo progressista di Madrid. L’attuale esecutivo di Pedro Sanchez si regge infatti su un patto di coalizione tra i due maggiori partiti (PSOE e Unidas Podemos), i quali raggiungono la maggioranza assoluta grazie alla decisiva astensione dei partiti indipendentisti di Esquerra Republicana e dei baschi di Bildu.

L’opposizione del PSC alle principali rivendicazioni di ERC, ovvero l’amnistia e il referendum per l’autodeterminazione, non è certamente di aiuto nella prospettiva di un accordo delle sinistre. Nonostante i 33 seggi ottenuti il PSC di Illa non sembra quindi avere il sostegno delle altre forze politiche necessario per la formazione di un governo delle sinistre che arresti la deriva indipendentista.

Nel secondo scenario si riproporrebbe invece la coalizione dei partiti indipendentisti, ERC e Junts, con una nuova “astensione costruttiva” oppure con una partecipazione diretta alla maggioranza di governo della CUP. Al momento questo sembra lo scenario più probabile. I partiti indipendentisti si sono infatti impegnati tramite un documento sottoscritto dai leader di Junts, ERC, PDECat e CUP a non siglare accordi post-elettorali con il PSC, che stando ai sondaggi sembrava essere la prima forza in termini di voti e nel Parlamento catalano. Il fatto che anche ERC abbia sottoscritto questo documento è molto significativo, in quanto questo partito potrebbe essere tentato di formare una maggioranza di sinistra con il PSC, rompendo in questo modo il fronte indipendentista. Si profila quindi un nuovo governo indipendentista a guida Esquerra, che porterà avanti la sua battaglia con possibilità di un nuovo scontro con il governo centrale sul referendum per l’autodeterminazione. In questo senso però Esquerra sembra porre la questione di un ulteriore referendum cercando il confronto e la mediazione con il governo centrale, allontanando la possibilità di un’altra dichiarazione unilaterale di indipendenza come quella di Carles Puidgemont nel 2017.

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