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NotizieI crocevia della politica energetica italiana

I crocevia della politica energetica italiana

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Opportunità e vincoli geopolitici suggeriscono da tempo all’Italia di intraprendere le necessarie misure economico-industriali e diplomatiche che potrebbero farne, come spesso si è sentito, uno dei principali hub del gas naturale per l’intero continente europeo. Le opportunità risiedono in considerazioni geografiche piuttosto oggettive, che vedono la Penisola sia come un crocevia dell’Europa occidentale e orientale, sia come un perfetto molo naturale che si immerge al centro del Mar Mediterraneo, sede di imponenti giacimenti di gas ancora poco sfruttati. I vincoli, non meno evidenti, appaiono chiari di fronte ai dati sulla dipendenza energetica del Paese dai mercati esteri, dalle cui importazioni ancora oggi dipende più dei due terzi della domanda nazionale di energia (dati Eurostat 2018).  

Come già accennato, tali tendenze potranno essere invertite solo a fronte di scelte industriali e diplomatiche che investono da una parte la politica infrastrutturale e dall’altra l’efficace gestione dei rapporti commerciali con i paesi partner. L’elevato costo di costruzione e gestione dei gasdotti rende l’interdipendenza tra gli Stati ancor più stretta e articolata, divenendo una questione politica tra Stati fornitori, acquirenti e di transito. È proprio per questo che l’Italia e l’Europa guardano con estremo interesse ai processi politici presenti e futuri dei Paesi attraversati dalle pipeline, con l’obiettivo di contribuire alla stabilità politica dei loro territori e mantenere relazioni commerciali equilibrate. La Russia è tra i principali partner dell’Italia (tra gli altri Libia, Algeria, Qatar, Norvegia e Olanda) dalla quale, stando ai dati della relazione energetica nazionale del MISE 2018, il nostro Paese ha importato più 27 milioni di m3 di gas (più di un terzo dell’import complessivo) el oltre 6 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi (quasi il 10% dell’import) e circa 5,5 milioni di tonnellate di combustibili solidi (quasi la metà delle importazioni di settore). Il gas russo, per raggiungere il territorio italiano, viene trasportato dai gasdotti di Soyuz, Yamal e Brotherhood che transitano tutti per l’Ucraina.

A seguito dell’annessione della Crimea nel 2014 e della guerra civile in Donbass, Mosca è stata sottoposta dall’UE a sanzioni economiche, prorogate semestralmente a causa della violazione degli accordi di Minsk. Le sanzioni imposte e rinnovate fino al 31 luglio 2019 si possono dividere in tre macro-categorie: sanzioni diplomatiche (sospensione del vertice UE-Russia e di altri vertici bilaterali, esclusione della Russia dal G8); misure restrittive individuali (congelamento dei beni e restrizioni di viaggio di alcuni esponenti dell’élite politica ed economica russa); restrizioni degli scambi commerciali in settori economici specifici nei confronti della Federazione Russa, della Crimea e della città di Sebastopoli. In risposta alle sanzioni la Russia ha vietato le importazioni di prodotti agro-alimentari da Europa, Canada, USA, Australia e Norvegia e ha imposto, esclusivamente per gli enti statali, un veto su importazioni tessili, abbigliamento, calzature e veicoli. Le conseguenze economiche per un Paese esportatore come l’Italia nei settori citati è facilmente calcolabile.

Sebbene né gli Stati Europei né la Russia abbiano sostanzialmente incluso il settore energetico nelle sanzioni, è evidente che il transito del gas russo sul territorio ucraino rappresenta una criticità. Per alleggerire la propria dipendenza dai Paesi di transito, Mosca già da tempo ha studiato nuovi percorsi per le sue esportazioni di gas. Il caso più noto è quello della realizzazione del Nord Stream che unisce le coste russe a quelle tedesche dal 2011 e che se fosse raddoppiato (Nord Stream 2) rafforzerebbe ulteriormente la posizione della Germania sul mercato energetico europeo.

L’Italia, dal canto suo, si è messa alla ricerca di fonti alternative di approvvigionamento per essere meno dipendente dalla Russia. Il più importante progetto in tal senso è quello del gasdotto il Trans-Adriatic Pipeline (TAP) che, allacciandosi al TANAP (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline), consentirà un collegamento tra l’Azerbaigian e l’Italia. Superate le importanti opposizioni da parte delle comunità pugliesi che dovranno ospitare il terminale dell’infrastruttura, il gasdotto di avvia a divenire presto operativo. Inoltre, l’Italia è riuscita a gestire la transizione al potere in Algeria, con l’ENI che all’indomani delle dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika (2 aprile) ha firmato un memorandum of understanding con la compagnia algerina Sonatrach (25 aprile).

Se l’Italia ha rafforzato il suo peso specifico in questa parte Mediterraneo sud-occidentale, sta inevitabilmente uscendo indebolita dal precipitare della situazione politica in Libia. Sebbene non si siano ancora verificati attacchi nei confronti delle infrastrutture energetiche dell’ENI non può non destare preoccupazione l’assedio a cui è sottoposto dalle milizie guidate dal generale Khalifa Haftar il governo legittimo di Tripoli, che trova nel nostro Paese il suo principale sponsor internazionale.

Ulteriori potenzialità si collegano alla possibilità di attrarre in Italia le ingenti risorse di gas del Mediterraneo orientale, dove da anni le attività di ricerca e prospezione geologica di ENI stanno portando a scoperte di giacimenti della portata di Zohr, il giacimento supergiant ubicata nelle acque territoriali egiziane. Quest’ultimo ha un’estensione di 100 chilometri quadrati e un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas. Questi sviluppi hanno creato malumori diffusi tra i nostri partners. Desiderando attestarsi quale principale hub energetico europeo, la Germania sostanzialmente vorrebbe scongiurare la possibilità di un riequilibrio del baricentro del mercato del gas verso sud-est. La Russia, dal canto suo, è intimorita dalla possibilità che lo sfruttamento delle risorse del Mediterraneo Orientale possa sottrarle importanti quote di mercato, con una conseguente flessione dei prezzi energetici. La Turchia, similmente, non vuole essere bypassata dai nuovi progetti relativi alle rotte meridionali del gas, che le farebbero perdere royalty relative al transito. In questo contesto, infatti, l’individuazione di altri importanti giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo mediorientale, come quelli avvenuti nelle acque di Cipro e Israele (Leviathan e Aphrodite), potrebbe contribuire al rafforzamento strategico dell’Italia.

I nuovi contorni che sta assumendo la partita energetica, quindi, impongono a Roma una riflessione sulle proprie politiche energetiche, ambientali e industriali, sia per ciò che attiene il comparto del gas naturale, sia per quanto riguarda le strategie per rendere sempre più sostenibile il sistema industriale senza provocare duri contraccolpi allo stesso. In quest’ottica appare fondamentale il percorso che porterà nel corso del 2019 alla definizione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, attualmente in fase di elaborazione al MISE.

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