L’intervista rilasciata dai duchi di Sussex Harry e Meghan alla conduttrice Oprah Winfrey ha scatenato un prevedibile polverone. Negli ultimi decenni non è certo il primo scandalo interno che la corona britannica affronta e con ogni probabilità, a meno di brusche svolte storiche, non sarà nemmeno l’ultimo. Tuttavia, dalla vicenda, emergono alcuni aspetti e criticità che caratterizzano la società nel Regno Unito e che meritano un approfondimento.
God save the Queen
Quello principale è il legame tra la popolazione britannica e la corona. Un rapporto stretto che dura da secoli e che il lunghissimo regno di Elisabetta II (iniziato nel 1952) ha contribuito negli ultimi decenni a mantenere saldo. La monarchia inglese, vista dall’esterno, può sembrare un antico retaggio totalmente slegato dalla realtà per un paese democratico del 21° secolo. Invece è un’istituzione ancora molto sentita nel Regno Unito. Un recente sondaggio di YouGov ha evidenziato che alla domanda “pensate che la Gran Bretagna debba continuare ad avere una monarchia in futuro?” il 63% degli interpellati ha risposto positivamente e solo il 25% si è espresso a favore di un capo di Stato eletto.
Un forte consenso che però, prevedibilmente, non riscuote così tanto successo nelle fasce di popolazione più giovani. Tra gli intervistati tra i 18 e i 24 anni solo il 37% è a favore della monarchia mentre il 42 eleggerebbe democraticamente una nuova guida per il paese. Una popolarità minore che non sorprende, motivata da diversi fattori. Uno fra tutti quello della scarsa presa dell’anziana regina sui ragazzi e sulle ragazze di oggi. Un elemento che fa discutere e riflettere forse anche dalle parti di Buckingham Palace, anche perché a succedere a Elisabetta sarà (in futuro) il principe Carlo, attualmente 72enne. Una figura che con ogni probabilità non cambierebbe l’immagine della casa reale. Diversamente potrebbe andare in caso di abdicazione di Carlo nei confronti del principe William, personaggio molto amato dal popolo e che, se non altro, potrebbe portare una ventata di novità e modernità nella corona, con l’obiettivo di avvicinarsi alle giovani generazioni.
Soft-power
Quelle che potrebbero essere considerate solo suggestioni sono però considerazioni fondamentali non solo per la famiglia Windsor. Vale la pena ricordare il ruolo tuttora incredibile di quella che viene chiamata The Firm (la “Ditta”), non solo come collante della nazione ma anche come strumento di soft power spendibile nel mondo e su cui il Regno Unito, nonostante tutto, fa profondo affidamento. Potrebbero sembrare banalità o semplificazioni ma in termini economici la loro influenza smuove grosse cifre.
Nel 2017 la società Brand Finance ha stilato un report sul valore della monarchia britannica che in quell’anno giunse a circa 67,5 miliardi di sterline. Brand Finance ha stimato che nel solo 2017 la corona abbia generato un aumento lordo di 1.766 miliardi di sterline per l’economia britannica. Andando più nello specifico il primo settore che ne beneficiò fu il turismo, seguito poi dal commercio. Anche il mondo dei media ne usufruì, con un impatto annuale di circa 50 milioni (sempre secondo i dati del 2017). Seppur di qualche anno fa, sono numeri che fanno comprendere l’importanza non solo apparente dell’istituto monarchico per la Gran Bretagna.
Il confronto con gli Stati Uniti
Un altro aspetto significativo su cui soffermarsi è stato l’approccio internazionale, specialmente statunitense, e le reazioni alla scottante intervista. Joe Biden, tramite la sua portavoce Jen Psaki, ha voluto evidenziare il coraggio dell’americana Meghan nel parlare pubblicamente dei suoi problemi personali e di salute mentale, sofferti nel periodo trascorso a Buckingham Palace. Di fatto un appoggio indiretto alle accuse della coppia. Una mossa presidenziale che evidentemente strizza l’occhio agli elettori democratici e ai movimenti anti-razzisti negli Stati Uniti. Non è un caso, infatti, che la coppia sembra aver riscosso particolari simpatie oltreoceano mentre la loro popolarità è calata non di poco nel Regno Unito.
Inoltre, il messaggio lanciato da Biden, si potrebbe inquadrare anche nel tentativo di Washington di ‘infastidire’ Londra e di frenare, in un modo insolito, il suo slancio internazionale degli ultimi mesi. Per la Casa Bianca la strategia della Global Britain, tanto cara dalle parti del numero 10 di Downing Street, deve comunque essere tenuta sotto controllo. E quale modo migliore se non aiutare a dare qualche picconata alla sua principale istituzione?
Multiculturalismo e razzismo
“Last but not least” il razzismo. A prescindere dalla totale veridicità delle presunte frasi pronunciate all’interno di Buckingham Palace nei confronti della carnagione di Archie, figlio della coppia, il razzismo è presente nel Regno Unito in diverse forme. Harry ha attaccato la stampa e soprattutto i tabloid, colpevoli – a suo modo di vedere – di condizionare negativamente sul tema tutta la popolazione. La Società degli editori britannici ha prontamente rigettato le accuse di razzismo e di bigottismo, ma centinaia di giornalisti indipendenti hanno protestato contro la posizione ufficiale dell’associazione. Sintomo di evidenti contraddizioni. Lo stesso comunicato di risposta da parte della Regina Elisabetta ha evidenziato come la questione della razza sia particolarmente preoccupante.
Il passato imperiale e l’essere fulcro del Commonwealth hanno reso la Gran Bretagna un paese largamente multiculturale, ma assolutamente non esente dal fenomeno. Anche se Boris Johnson non ne ha voluto parlare, si sono alzate voci di condanna da diversi esponenti politici. La laburista ministra ombra dell’Istruzione Kate Green ha auspicato l’apertura di un’indagine interna mentre la conservatrice Vicky Ford ha condannato il razzismo.
Proprio l’uscita dell’intervista nel “Commonwealth Day” è stata una scelta consapevole e non di certo una coincidenza. Quella che doveva essere la giornata iniziale per le celebrazioni “dell’amicizia, dello spirito di unità e dei risultati del Commonwealth” è stato l’inizio di uno scandalo per niente amichevole e che potrà avere ripercussioni per la corona e per il paese.
Luca Sebastiani,
Geopolitica.info