Lungi dall’essere stata nei fatti un’operazione in grado di sostituire i vertici politici ucraini o di conquistare la capitale di uno degli Stati con la maggiore estensione territoriale del continente europeo in un arco di tempo ridotto, l’invasione russa dell’Ucraina ha riportato in auge un’eventualità che i cittadini del Vecchio Continente sembravano aver confinato ai libri di storia, segnatamente la possibilità che l’Europa fosse nuovamente il teatro di una guerra ad alta intensità tra stati sovrani. A un anno dall’attacco russo abbiamo chiesto all’On. Lia Quartapelle – Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati e responsabile Esteri del Partito Democratico – e all’On. Giangiacomo Calovini, deputato di Fratelli d’Italia e membro della III Commissione, le loro opinioni rispetto al nuovo contesto di sicurezza europeo e alla postura assunta dall’Unione Europea e dall’Italia a seguito della rinnovata aggressività del Cremlino.
- Onorevoli, grazie per aver accettato il nostro invito. Un anno fa l’invasione russa dell’Ucraina riportava in Europa una tipologia di conflitto che non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale. A 12 mesi da quell’evento che valutazione si può dare del nuovo contesto di Sicurezza del continente?
CALOVINI: Credo ci sia una doppia lettura da fare, la prima di tipo politico e la seconda di tipo militare. Riguardo quella politica, nella drammaticità dell’evento, credo che la risposta sia stata positiva. L’Europa ha oggettivamente dato una risposta di compattezza come probabilmente mai negli ultimi decenni. Qualsiasi capitale, qualunque governo ha dato una chiara connotazione negativa dell’invasione russa, con una compattezza degna di nota. Sotto l’aspetto militare, è chiaro che nessuno può permettersi in questo momento un coinvolgimento in prima persona – per le motivazioni che conosciamo – della NATO perché sappiamo perfettamente che questo ci porterebbe a un’escalation imprevedibile ed estremamente pericolosa del conflitto. Ciò detto, tanti Paesi inclusa l’Italia stanno dando prova di forza e vicinanza nei confronti di Kiev anche sotto l’aspetto militare
QUARTAPELLE: Ovviamente con una guerra in Europa non possiamo dire di essere più sicuri, però possiamo dire che ci sono stati Paesi che hanno resistito per un anno. L’esercito ucraino sta effettivamente tenendo la posizione e rispetto a quanto accaduto 12 mesi fa ha riconquistato più della metà dei territori occupati dai russi mentre i meccanismi di deterrenza per prevenire ulteriori escalation – e mi riferisco all’episodio della caduta del missile ucraino in Polonia – pur messi sotto pressione hanno rappresentato importanti elementi di sicurezza. Un altro elemento positivo è il rafforzamento dell’architettura di sicurezza europea in corso, molto si può fare e molto dovrà essere fatto in questo senso. Certo non saremo sicuri finché l’aggressione non sarà completamente respinta.
- Tra le immagini più significative di questi mesi di conflitto non si può non inserire l’istantanea che ritrae l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere Olaf Scholz in viaggio verso Kiev. Alla luce della recente visita di Volodymir Zelensky a Londra e Parigi, diversi commentatori hanno sottolineato come l’Italia abbia perso di centralità rispetto l’asse franco-tedesco. È un’analisi che condividete?
CALOVINI: No, non la condivido minimamente e ci sono motivazioni e dati oggettivi per farlo. Il viaggio di Zelensky in Francia è nato frettolosamente a margine di un viaggio dello stesso a Londra al fine di incontrare il premier britannico e il re Carlo. Tutti hanno avuto l’impressione che l’incontro dell’Eliseo sia stato qualcosa di frettoloso per segnalare la vicinanza francese alla causa ucraina. Scholz si è ritrovato a partecipare a una cena in tarda serata con il presidente ucraino alla vigilia di un vertice straordinario a Bruxelles incentrato proprio sull’Ucraina. Quindi no, l’Italia non è seconda a nessuno e la visita del presidente Meloni a Kiev ne è la dimostrazione.
QUARTAPELLE: Credo che tutta questa sequenza di immagini ci dica una cosa, ovvero che il nostro Paese può giocare un ruolo se decide, non semplicemente di fare la propria parte da alleato ma se assume un’idea e la porta a servizio di un disegno di rafforzamento della sicurezza europea, cosa che si è vista durante il mandato del presidente Draghi. Non abbiamo ancora visto questo dalla presidente Meloni ma spero – per il nostro Paese – che anche lei capisca che non si deve semplicemente fare quanto previsto dalle alleanze ma che l’Italia può effettivamente svolgere il proprio ruolo. Mi auguro che Meloni ritorni da Kiev con questa consapevolezza.
- Un recente sondaggio svolto da Euromedia Research ha rilevato come il 52% degli italiani sia contrario all’invio delle armi a Kiev. Secondo voi tale dato è frutto di una stanchezza dell’opinione pubblica rispetto la durata del conflitto o di aspetti prettamente culturali?
CALOVINI: Credo che abbia detto bene Giorgia Meloni quando, a margine di un Consiglio dei ministri, ha affermato come non sia facile spiegare all’opinione pubblica il perché di una guerra. Nei primi mesi tutti eravamo particolarmente scossi dalle immagini dell’invasione, dopodiché come spesso accade cresce una sorta di distanza. Tra le tante conseguenze di questa guerra ci sono diversi costi che impattano sulla nostra economia, come quello per l’energia e i carburanti. Ahimè erroneamente si pensa che lo stop dell’invio di armi e l’avvio di un processo di pacificazione possa risolvere tale situazione. In realtà sappiamo perfettamente che non è così.
QUARTAPELLE: In realtà non c’è mai stato un momento, dall’inizio della guerra fino ad oggi, in cui tutta l’opinione pubblica sia stata a maggioranza a favore dell’invio delle armi. Penso che questi numeri debbano spingerci a spiegare e argomentare meglio come la posizione del nostro Paese di inviare armi non sia opzionale. Siamo fortemente convinti che solo attraverso l’invio delle armi si possa evitare un’escalation del conflitto: può sembrare una contraddizione ma l’unico modo per proteggere la sicurezza europea è permettere all’Ucraina di difendersi e respingere l’offensiva russa. Se l’Ucraina non si difendesse, noi avremmo la Russia ai confini dell’Unione Europea e saremmo molto meno sicuri.
- A fronte dell’attacco russo, l’Unione Europea ha messo in campo soluzioni per rafforzare la difesa degli stati membri – e supportare Kiev – mai sperimentate prima. Che valutazione si può dare di queste misure? L’Unione ha davvero imparato a utilizzare il linguaggio della forza così come auspicato dall’Alto Rappresentante Josep Borrell?
CALOVINI: L’Unione ha vissuto gli ultimi 2/3 anni con un differente approccio rispetto gli anni precedenti, prima con la pandemia, poi con la guerra in Ucraina. Prima di questi eventi spesso si arrivava ai vertici europei con opinioni, strategie e soluzioni completamente diverse; quindi, tali eventi ci hanno sicuramente unito. Dopodiché ci sono ovviamente ancora diverse sfaccettature, soprattutto in ambito economico o rispetto all’idea di un esercito europeo. Si può dire sicuramente però che forse quello fatto dall’Unione non è ancora sufficiente ma rappresenta un passo in avanti se paragonato rispetto a quanto fatto negli anni precedenti. Un’ottima strada, insomma, da cui ripartire.
QUARTAPELLE: È sbagliato dire che l’Unione debba parlare il linguaggio della forza. Deve parlare un linguaggio di sicurezza, un linguaggio di valori sulla base di un’idea di assetto globale. Sicuramente alcune cose non erano state previste ma paradossalmente la volontà di Putin di indebolire il processo di integrazione europea ha finito col rafforzarlo: le sanzioni adottate, gli acquisti comuni di armi attraverso la European Peace Facility e la spinta del processo di integrazione dei sistemi di difesa ne sono la dimostrazione. Detto questo, manca dal quadro ancora l’elemento più importante, ovvero quello del voto a maggioranza sulle materie di politica estera e di politica di difesa. Mi auguro che anche la presidente Meloni, così come fatto dal presidente Draghi, si schieri a favore dell’adozione del voto a maggioranza.
- Tra i capisaldi della difesa dell’Unione non si può non citare la cooperazione con l’Alleanza Atlantica. Nella recente dichiarazione congiunta firmata lo scorso gennaio, le organizzazioni hanno posto l’attenzione verso la sfida cinese. In questo senso, in che modo ci si dovrebbe approcciare nei confronti di Pechino?
CALOVINI: Come dicevo prima l’Europa è cambiata con la pandemia e la guerra. Ma non è cambiato solo il nostro continente, è cambiato il mondo in modo radicale e lo ha fatto con una velocità che fino a qualche decennio fa sembrava inimmaginabile. Non si tratta più dell’Europa o dell’Occidente così come li abbiamo studiati sui libri di storia. C’è una tensione oggettiva tra Washington e il blocco occidentale e la Cina poiché per decenni siamo stati abituati soltanto a una crescita economica mentre adesso osserviamo una maggiore presenza cinese anche sotto l’aspetto militare. Il fatto che in queste ore si chieda alla Cina una mediazione nei confronti di Mosca dimostra quanto comunque l’Occidente inizi a porre molta attenzione nei confronti di Pechino in relazione a questa sfera. Cercare una soluzione con la Cina potrebbe essere uno strumento per non aumentare ulteriormente tali tensioni.
QUARTEPELLE: Credo che respingere l’aggressione russa in Ucraina sia il modo migliore per assicurare la stabilità e la pace a livello globale. La nettezza con cui stiamo difendendo la sovranità territoriale dell’Ucraina rappresenta un messaggio a qualsiasi altra potenza, ovvero che un’invasione non sia accettabile e che i costi di una aggressione rischierebbero di essere superiori ai benefici. Questa è la sfida sulla quale ci dobbiamo concentrare e dico questo perché c’è il rischio che – ad esempio – la Cina guardi alla guerra in Ucraina per capire cosa fare con Taiwan. Come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la Cina non ha solo il vantaggio di godere del potere di veto ma ha il dovere di fare di più per assicurare la sicurezza globale. In questo senso, la Cina può esercitare sulla Russia un potere che nessun’altro ha e deve esercitarlo non semplicemente parlando di pace ma facendo rispettare il principio di non aggressione ed evitare il pericolo di un’escalation nucleare. Credo che con la Cina si debba avere un dialogo franco su questi principi dell’ordine internazionale, così come sui principi dell’inviolabilità dei diritti umani relativa alla dimensione interna cinese.
- Circa un anno l’Unione Europea approvava la tanto attesa Bussola Strategica. Similmente a quanto già affermato nella precedente EU Global Strategy del 2016, l’area MENA viene considerata una regione fondamentale per la sicurezza degli stati membri. Ritenente efficace l’approccio europeo in quest’area?
CALOVINI: Il colonialismo scellerato da parte di Pechino nei confronti del continente africano, dal Sudafrica fino all’Algeria e al Marocco, è la dimostrazione che anche in questo caso l’Occidente, in particolar modo l’Europa – Italia compresa – abbia completamente sbagliato l’approccio verso questi paesi. E sicuramente le conseguenze si sono viste sotto l’aspetto economico e commerciale ma anche sotto l’aspetto politico. Ritengo che una maggiore attenzione nei confronti del continente africano da parte dell’Europa sia doverosa, così come da parte dell’Italia. Mi pare che il “Piano Mattei” presentato dal governo Meloni sia la direzione giusta per approcciarsi in modo efficace verso questa regione ma ritengo che questo modello debba essere adottato anche dagli altri paesi europei.
QUARTAPELLE: Quando dico che l’Italia deve avere un ruolo di leadership mi riferisco per esempio a questo. Noi sappiamo che nel Mediterraneo l’assenza di una comune strategia europea agita, non semplicemente delineata da un documento, ha portato all’aumento dell’instabilità e alla creazione di vuoti che sono stati riempiti da potenza ostili come la Russia o da potenze ambigue come la Turchia. Abbiamo bisogno che l’Italia guidi l’Europa, che l’Italia e la Francia guidino l’Europa insieme per rafforzare una politica di pace, di stabilità, di prosperità in tutti i paesi del Mediterraneo.