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La guerra in Ucraina avvicina o allontana l’entrata in Ue della Macedonia del Nord? 

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La longanimità della Macedonia del Nord verso le lungaggini Europee e i veti greco prima e bulgaro poi, potrebbero sfiduciare la volontà d’ingresso nell’UE e acuire i sentimenti nazionalisti, trovando in Mosca un interlocutore più fidato di Bruxelles. 

La Macedonia del nord è un piccolo Stato nato dalle ceneri della Repubblica di Jugoslavia. Etnicamente eterogeneo, come del resto tutta l’area balcanica, e schiacciato a sud dalla Grecia e a est dalla Bulgaria. Due Stati che guardano alla piccola repubblica come appendici dei loro possedimenti, non solo per la fragilità che la condanna, ma soprattutto per la cultura che li (dis)unisce. Per la Bulgaria la lingua macedone non è altro che un dialetto bulgaro e la nazione che la parla viene considerata un’artificiosità post guerra fredda.

Non serve altra spiegazione per rendersi conto della travagliata situazione vissuta dal popolo macedone, tra chi ne vuole cancellare l’identità e chi il nome sulla carta geografica. Cosciente di ciò la Macedonia spinge dal 2004 per un posto all’interno dei sicuri confini dell’Unione Europea. Durante questo travaglio la piccola repubblica ha dovuto subire prima il veto della Grecia, che dalla Macedonia ha voluto, per motivi geografico-culturali, che al nome venisse aggiunta l’appendice “del Nord”, e oggi della Bulgaria, che vuole riconosciuta nella costituzione macedone la lingua bulgara, ma che non vuole garantire la stessa prerogativa nella propria costituzione. 

Di fronte alla proposta francese, volta a dirimere quest’ultima controversia, Skopje è precipitata nel tumulto. Perorati dal principale partito d’opposizione della Macedonia (Vmro-Dpmne), sono scesi in piazza i nazionalisti, contrari alla svendita della loro identità culturale in favore della Bulgaria. 

Il ruolo della Russia nei Balcani

Lo scoppio della guerra in Ucraina lo scorso 24 febbraio ha accelerato lo sviluppo di molte dinamiche internazionali, prima tra tutte il disaccoppiamento UE-Russia. Il (quasi) definitivo schierarsi della Russia fuori dal sistema occidentale a guida USA, per avvicinarsi al sistema revisionista a guida Cinese, presuppone guerra aperta su tutti i fronti tra Mosca e l’occidente. Guerra fredda per il momento, di nuovo con le collaudate e mai obsolete tattiche d’interferenza nei ventri molli dello schieramento avversario. Dovunque ci sia la possibilità di creare malumori e destabilizzazioni, il soft-power del Cremlino agisce. Com’è arcinoto i Balcani sono la c.d. “polveriera d’Europa”. Si trova proprio nella penisola balcanica quello Stato per cui la Russia si è spesa a sua difesa nel 1914 e che oggi nutre forti sentimenti antioccidentali a causa dei fatti del ’99. Si tratta della Serbia. In questi giorni stanno tornando alla ribalta le tensioni tra Belgrado e Pristina, una secessione mai realmente accettata nella coscienza collettiva serba. Così il Cremlino appoggia in pieno la causa del Governo serbo e Aleksandar Vučić alza la voce, forte dell’appoggio russo.

I sentimenti filorussi sono quasi endemici nel vetero-continente. Tuttavia in alcuni Stati lo sono in misura maggiore e in altri in misura quasi inesistente (Baltici e Polonia). Rispetto al primo caso, dopo la Serbia, si trova l’Ungheria di Viktor Orbán e dopo quest’ultima il candidato più promettente è la Macedonia del Nord. Per i motivi spiegati in incipit, il sentimento nazionalista anti-europeo sembra destinato a corroborarsi.

La risposta della Russia alle proteste di Skopje non si è fatta attendere. L’ambasciata russa nella capitale macedone ha rilasciato una dichiarazione del presidente russo Vladimir Putin, in cui si congratula con il “fraterno popolo macedone” e afferma che l’alfabeto del mondo slavo sia nato in terra macedone. Parole che lasciano poche interpretazioni al ruolo che la Russia vuole assumere riguardo le insoddisfazioni di buona parte dei macedoni verso l’Unione Europea.

Per rispondere alla domanda che questo breve articolo pone nel titolo, possiamo quindi dire che lo scenario internazionale dal 24 febbraio abbia delineato degli schieramenti che fino al giorno prima erano solo in potenza; abbia accelerato questioni già in atto e abbia messo alle strette, esigendo una soluzione risoluta, quegli Stati rimasti in bilico tra uno schieramento e l’altro. Come è il caso della Macedonia del Nord, il momento della sua definitiva presa di posizione avverrà nei prossimi anni, sebbene sia una faccenda iniziata nel 2004, ma in tutt’altro contesto geopolitico.

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