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TematicheAmbiente, Infrastrutture ed EnergiaGuerra in Ucraina: tra energia e ricostruzione

Guerra in Ucraina: tra energia e ricostruzione

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La protratta situazione di crisi in relazione all’invasione russa dell’Ucraina mette in difficoltà l’evoluzione della politica energetica dei Paesi dell’Unione Europea. Finora, 12 paesi dell’UE hanno subito interruzioni alle consegne di gas russo e i livelli di fornitura sono la metà di quelli dell’anno scorso. Al momento, i governi europei sono impegnati a trovare soluzioni per far sì che i livelli di stoccaggio di gas siano sufficienti per affrontare il prossimo inverno.

Sei azioni in campo energetico

Nel meeting di lunedì 27 giugno scorso, i ministri dell’Energia dell’UE riuniti a Lussemburgo hanno votato all’unanimità l’adozione di una nuova legge che garantisca che lo stoccaggio del gas in Europa sia almeno all’80% entro novembre 2022, così come previsto dalla proposta della Commissione Europea chiamata REPowerEU. Ciò che mette in difficoltà le cancellerie europee, oltre alla difficoltà di coordinazione, sono i prezzi elevati del gas che potrebbero complicare il raggiungimento dello stoccaggio voluto.

Gli alti prezzi del gas renderanno più difficile acquistare abbastanza gas per riempire le riserve. I capi di Stato stanno dunque agendo affinché l’offerta nei mercati europei e mondiali aumenti, così da far scendere i prezzi globali. Secondo Kadri Simson, Commissaria europea all’energia, l’UE ha battuto il record per i livelli di importazione di GNL a maggio. Ha anche messo in luce la “stretta collaborazione” con gli Stati Uniti che già quest’anno hanno consegnato 28 miliardi di metri cubi di gas.

In occasione dell’incontro con i ministri dell’UE, Simson ha proposto sei azioni chiave che costituiranno il piano d’azione per la preparazione al prossimo inverno. Oltre al piano di riduzione della domanda e a una maggiore solidarietà tra i paesi dell’UE, il piano include monitoraggio e coordinamento rafforzati tramite un gruppo di coordinamento dedicato al mercato del gas, la sostituzione della maggior parte del consumo di gas con altri combustibili (preferibilmente rinnovabili), l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili e l’aumento del risparmio energetico.

In occasione dell’inizio della presidenza semestrale della Repubblica ceca al Consiglio europeo, nascerà una nuova task force regionale per l’Europa centro-orientale con sede a Praga, istituita nell’ambito della piattaforma volontaria per l’energia dell’UE, istituita per garantire l’approvvigionamento energetico ed eliminare gradualmente la dipendenza dalla Russia. La nuova task force identificherà le strozzature nell’approvvigionamento di gas nella regione e proporrà soluzioni per sopperire ai problemi di breve termine. La task force riunirà nove paesi dell’UE – Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Slovenia e Slovacchia – con l’aggiunta di Ucraina e Moldova. L’obiettivo principale della task force è preparare un piano d’azione comune per identificare e sbloccare i colli di bottiglia che rallentano l’approvvigionamento di gas. Il piano d’azione sarà quindi trasmesso a un gruppo di lavoro appositamente creato della Commissione europea, che ne garantirà l’attuazione.

Piano di ricostruzione per l’Ucraina

Il 4 luglio Ursula von der Leyen si è recata a Lugano per partecipare ad una riunione di alto livello per avere colloqui sulla ricostruzione dell’Ucraina. L’evento era in agenda già da prima dell’invasione russa, ma a causa dell’inizio del conflitto e della conseguente distruzione nel Paese, è stato ribattezzato “Conferenza per la ripresa dell’Ucraina“. La Presidente von der Leyen ha reso pubblica la proposta per la creazione di una “piattaforma per la ricostruzione dell’Ucraina” che sarà co-presieduta dall’Ucraina e dalla Commissione europea stesse, in uno sforzo che alcuni hanno battezzato il Piano Marshall di Bruxelles. La piattaforma comprenderebbe anche altri paesi alleati, le istituzioni finanziarie internazionali e le banche multilaterali di sviluppo, oltre che ovviamente gli Stati Membri UE.

La Banca europea per gli investimenti (EIB) sarà un attore chiave e istituirà un Fondo fiduciario chiamato EU-Ucraina Gateway, che convoglierà denaro verso l’Ucraina. La banca afferma di poter amministrare il fondo in un modo che consentirà contributi rapidi da parte dei donatori, potenzialmente nel giro di poche settimane, garantendo al contempo una solida gestione del rischio e un quadro di rendicontazione. L’obiettivo è quello di raccogliere 100 miliardi di euro nel primo round di finanziamento e aumentare i fondi negli anni successivi. Altre forme di finanziamento che la Commissione sta valutando includono uno strumento basato sul debito, in una forma simile a quella utilizzata per il Recovery Fund post-pandemico. L’Ucraina prevede che serviranno almeno 750 miliardi di euro per provvedere alla ricostruzione del Paese.  

Goccia nell’oceano: ma anche se la confisca dei beni è approvata da alcune giurisdizioni, le somme sono ben al di sotto di quanto necessario per la ricostruzione dell’Ucraina, stimata in almeno 600 miliardi di dollari. Il vero tesoro sarebbe sfruttare le riserve estere congelate della Russia, per un valore di circa 300 miliardi di dollari. Ma è un ordine molto più alto e Washington e l’Europa non sono convinte.

Sanzioni ai possedimenti russi per la ricostruzione

La Commissione europea ha proposto di utilizzare i beni di stato russo confiscati e i beni degli oligarchi sanzionati per pagare la ricostruzione dell’Ucraina. Inoltre, Bruxelles vorrebbe aggiungere l’evasione delle sanzioni verso la Russia ad un elenco di reati di rilevanza europea, rafforzando nel contempo regole comuni per il sequestro, la confisca e la vendita di beni legati a tali reati. Secondo la proposta, i paesi dell’UE dovranno concordare all’unanimità di rendere l’evasione delle sanzioni un reato penale in tutta l’UE. Allo stato attuale, le norme sull’evasione delle sanzioni sono un mosaico. È un reato in 12 paesi dell’UE, un reato amministrativo o penale in 13 e un reato amministrativo in Slovacchia ed Estonia.

Se le capitali Ue troveranno un accordo, la Commissione proporrà successivamente una Direttiva, i cui contenuti sono stati anticipati in un’apposita comunicazione diramata a fine giugno. Non è ancora chiaro se la semplice mancata dichiarazione di proprietà alle autorità valga come evasione delle sanzioni. 

Allo stesso tempo, la Commissione sta rafforzando le norme comuni per il trattamento dei reati all’interno dell’UE, compreso l’ampliamento dei motivi di confisca dei beni senza che sia necessaria una condanna, nel caso in cui il tribunale sia convinto che i beni derivino da attività criminali. Propone inoltre di vendere i beni prima dell’ottenimento di un provvedimento di confisca, per evitarne la svalutazione. Queste opzioni possono applicarsi anche ai beni di proprietà di oligarchi, nella misura in cui siano coinvolti in un’attività criminale.

Finora i paesi UE hanno congelato beni per quasi 10 miliardi di euro, appartenenti a persone ed entità russe sotto sanzioni europei. La Commissione ha proposto di trasferire i proventi di tali vendite a un fondo comune che aiuterà le vittime ucraine della guerra, nonché ai progetti di ricostruzione del Paese. Ciononostante, è già stato anticipato che le somme non potranno che essere limitate, fatto che rende dunque necessario un piano di più ampio spettro come quello descritto in precedenza. 

L’invasione dell’Ucraina sta permettendo (o costringendo) i Paesi europei a prendere decisioni importanti e che tracceranno la strada per i decenni a venire. La politica energetica è il settore in cui le istituzioni europee dovranno intervenire più massicciamente, ma anche altre iniziative avranno effetti di lunga durata: pensare alla creazione di una nuova piattaforma a debito comune è un passo non scontato di integrazione europea. La sua efficacia sarà da verificare.

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