Negli ultimi anni, la Russia ha esteso la sua influenza in Africa e, dopo l’invasione dell’Ucraina, si aspetta il sostegno – o, al massimo, la neutralità – di questi nuovi alleati nei forum internazionali. Durante l’ultima Assemblea Generale dell’Onu, tenutasi il 2 marzo, 35 paesi si sono astenuti dal condannare la Russia, a fronte dei 141 Stati che hanno invece votato a favore di una risoluzione simbolica ma con un forte valore politico. Significativamente, tra i paesi che hanno deciso di adottare un “basso profilo diplomatico” nella crisi russo-ucraina, 17 sono paesi africani.
Dopo più di due giorni di delibere, ci è voluto meno di un minuto perché 141 dei 193 membri dell’Assemblea Generale dell’Onu adottassero una risoluzione che chiede alla Russia il ritiro immediato di tutte le sue forze militari dall’Ucraina e che condanna la decisione di aumentare lo stato di allerta delle sue forze nucleari. Anche se questa risoluzione non ha valore legale vincolante, il suo risultato è già stato descritto come “storico” e interpretato come una vittoria da molti capi di stato. Così facendo, la comunità internazionale intende inviare un messaggio di unità e marginalizzare il più possibile la Russia sulla scena diplomatica.
Dei 52 paesi restanti, 5 – Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Siria e la stessa Russia – si sono opposti, e 35 si sono astenuti, compresi 17 paesi africani (Algeria, Angola, Burundi, Centrafrica, Congo, Guinea Equatoriale, Mali, Madagascar, Namibia, Mozambico, Senegal, Sudafrica, Sudan, Sud Sudan, Zimbabwe, Uganda, Tanzania). Accanto a chi si è astenuto c’è poi anche chi non ha partecipato, 12 paesi in totale, di cui 8 africani, ovvero, Burkina Faso, Camerun, Eswatini, Etiopia, Guinea, Guinea Bissau, Marocco e Togo. Questo voto ha una forte significatività geopolitica: se Vladmir Putin risulta isolato dall’Occidente, è tutt’altro che isolato nel continente Africano, in particolare nel Sahel e nell’Africa centrale Sub-Sahariana. Dal Mali al Sudan, dalla Repubblica Centrafricana al Mozambico e altri paesi, attraverso la moltiplicazione degli accordi di difesa e le attività della società militare privata Wagner la Russia è riuscita a penetrare nei contesti locali, diventando sempre più coinvolta, in primis militarmente nella lotta ai ribelli e jihadisti, e poi anche economicamente, in particolare nel settore energetico ed estrattivo. Il gruppo Wagner è una società militare privata russa che fornisce mercenari e che ha preso parte a vari conflitti nel mondo, comprese le operazioni nella guerra civile siriana a fianco del governo siriano e dal 2014 al 2015, nella guerra del Donbass aiutando le forze separatiste, nonché, nel conflitto attuale tra Russia e Ucraina.
Il Kenya, attualmente membro non permanente delle Nazioni Unite, ha reso molto chiara la sua opposizione all’azione della Russia in Ucraina. Lo stesso hanno fatto altri 28 paesi africani, che hanno votato a favore della risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina. La condanna da parte dei paesi del continente africano, però, è stata tutt’altro che unanime. L’organismo continentale, l’Unione Africana (UA), ha detto di essere “estremamente preoccupato” per ciò che sta accadendo, ma è rimasto alquanto contenuto nelle sue critiche alla Russia.
Il Sudafrica, l’unico Stato africano a far parte dei cosiddetti Brics, il gruppo di economie emergenti che comprende anche Brasile, India, Cina e appunto Russia, ha invitato il paese a ritirare le sue forze dall’Ucraina, ma ha detto che rimane fiducioso in una soluzione negoziata. Il paese intende mantenere relazioni “cordiali e amichevoli” con la Russia, che risalgono a legami storici con Mosca iniziati quando l’URSS sostenne l’African National Congress di Nelson Mandela contro l’apartheid. Anche l’Algeria, che intrattiene importanti relazioni militari con la Russia, si è astenuta. Queste relazioni risalgono al periodo della guerra di indipendenza (1954-1962), quando le élite militari algerine svilupparono forti legami con l’URSS che forniva loro assistenza tecnico-militare ed economica. Una partnership che è continuata con la Russia dopo il 1991, soprattutto in ambito militare, classificando l’Algeria al terzo posto dopo India e Cina tra i maggiori importatori di armamenti ed equipaggiamenti militari russi.
Nel frattempo, il presidente della Repubblica Centrafricana (RCA) Faustin-Archange Touadéra ha sostenuto la decisione della Russia di riconoscere le regioni ucraine di Donetsk e Luhansk come stati indipendenti. Sabato 4 marzo numerose persone hanno partecipato a una manifestazione a Bangui, la capitale, a sostegno dell’offensiva della Russia contro l’Ucraina. “Siamo qui per dare il nostro incrollabile sostegno alla Russia in questa guerra” ha detto inoltre Blaise-Didacien Kossimatchi, membro della piattaforma National Galaxie, una delle associazioni organizzatrici della manifestazione e che diffama regolarmente la Francia, ex potenza coloniale, e l’Onu. Dal 2017, i mercenari del gruppo Wagner operano nel paese per sostenere il presidente nella sua lotta contro i ribelli, che controllano ancora molte parti del territorio nonostante i recenti progressi del governo.
Mercoledì, il giorno dell’invasione dell’Ucraina, in Sudan il vicecapo della giunta militare sudanese al potere a Khartoum, Mohamed Hamdan Dagalo, ha guidato una delegazione a Mosca in un segno di riavvicinamento tra i due paesi, per discutere delle relazioni bilaterali, con il paese africano in cerca di investitori. Inizialmente legata alla sicurezza (consegna di armi e addestramento delle truppe sudanesi), questa cooperazione, iniziata nel 2017, è stata subito accompagnata da concessioni per l’esplorazione di siti auriferi, rilasciate da Khartoum alla M Invest – una società legata al signor Prigojine, capo delle forze di Wagner – che si appoggia localmente alla Meroe Gold, una filiale sudanese. Nel 2020, Mosca e Khartoum hanno anche firmato due accordi militari, uno dei quali mira a rafforzare la cooperazione in campo navale. Questo accordo ha dato il via libera alla costruzione di una base navale, a nord di Port Sudan, sulle rive del Mar Rosso. Si tratta della prima base militare russa in Africa dalla dissoluzione dell’URSS, a monte dello strategico stretto di Bab Al-Mandeb attraverso il quale passa non meno del 10% del traffico mondiale di merci. Una trattativa simile è in corso anche in Mozambico – dove Mosca non persegue solo strategie militari, come avviene in altri Paesi del continente, ma anche economiche, in particolare nel settore dell’energia – e in Madagascar. Entrambi i paesi mercoledì hanno scelto l’astensione.
Nonostante il presidente dell’Uganda Museveni, uno degli alleati storici degli Stati Uniti in Africa orientale, non abbia ancora preso una posizione pubblica ufficiale dall’inizio dei combattimenti, altre figure tra le autorità nazionali hanno espresso la loro inclinazione filorussa. A cominciare dal figlio del presidente, il generale Muhoozi Kainerugaba, comandante dell’esercito ugandese che ha difeso pubblicamente l’azione del Cremlino aggiungendo anche che “la maggioranza dell’umanità (non bianca) sostiene la posizione della Russia in Ucraina”. Le relazioni tra i due paesi si sviluppano da una decina d’anni, secondo alcuni analisti politici più per il desiderio di Mosca di aumentare la sua influenza in Africa, che per una vera politica di Museveni.
L’astensione del Senegal era invece meno scontata perché il paese non è noto per essere ostile all’influenza francese. Il presidente senegalese Macky Sall ha tenuto negli scorsi giorni un doppio discorso: da un lato, come capo di stato, cercando di placare un’opinione pubblica nazionale in cui si sta diffondendo una narrativa antifrancese e antioccidentale, e dall’altro, come presidente dell’Unione Africana (UA), adottando una posizione meno sfumata a favore dell’Ucraina.
Non sono invece pervenuti commenti ufficiali dal Mali, dove la giunta militare al potere ha sempre manifestato l’intenzione di rimpiazzare le forze Barkhane e Takuba con i mercenari del Wagner, e dal Burkina Faso, dove l’impronta russa è sempre più forte, al punto che durante i giorni del golpe (23 gennaio 2022) i sostenitori dei golpisti sventolavano bandiere russe. Questi due paesi stanno attraversando una fase di transizione, spostandosi dalla storica influenza francese alla nuova influenza russa, sotto il richiamo dei mercenari di Wagner. L’importanza che Wagner assume nell’odierno equilibrio politico-militare in Africa va più in là di quanto si potesse pensare. Uno degli esempi più lampanti del cambiamento delle alleanze nel continente è arrivato una settimana prima dell’attacco della Russia all’Ucraina, con la fine del coinvolgimento francese nella lotta contro i jihadisti in Mali. Il primo ministro maliano Choguel Maiga ha confermato in un’intervista che il suo paese ha firmato accordi di cooperazione militare con la Russia, ma ha negato che la controversa compagnia militare privata russa, il gruppo Wagner, sia coinvolta. L’aiuto russo al Mali, così come l’offerta riportata al governo militare del Burkina Faso, fa parte dei passi che la Russia ha fatto negli ultimi cinque anni per aumentare la sua influenza in Africa, sia formalmente che informalmente.
Così, strumentalizzando il sentimento antifrancese nel Sahel e contando sul gruppo paramilitare Wagner, la Russia ha esteso la sua influenza in Africa. La dimostrazione dell’interesse del Cremlino per il continente africano è iniziato ad essere evidente già qualche anno fa. Nell’ottobre del 2019, durante il primo vertice Russia-Africa, che riuniva i delegati di più di 50 paesi africani, tra cui 43 capi di stato, nella città meridionale russa di Sochi, il presidente Vladimir Putin si è rivolto ai leader richiamando un passato di sostegno ai movimenti di liberazione e ha concluso il vertice con la proclamazione di obiettivi ambiziosi – il raddoppio di commercio e investimenti entro i cinque anni successivi – e la promessa di un nuovo incontro, probabilmente ad Addis Abeba (Etiopia), sede dell’Unione Africana, nel 2022. Ma c’è anche un altro tipo di presenza russa: la fornitura opaca di sicurezza ai governi di un certo numero di paesi africani sotto forma di formazione, intelligence e attrezzature, così come il coinvolgimento di mercenari russi nei conflitti locali.
Il voto dell’ultima Assemblea Generale dell’Onu rivela l’instabilità e la divisione di un’Africa che non sa se sia meglio seguire la Russia o astenersi cautamente fino a quando non saranno più chiare le sorti del conflitto. Il continente africano è attualmente diviso in tre parti, con i paesi di influenza dell’Occidente alleati sicuri dell’Unione Europea, gli ex alleati dell’URSS e della Russia, come l’Algeria e il Sudafrica, fortemente schierati con il Cremlino, e un gruppo rimanente di paesi ancora incerto sul proprio posizionamento internazionale. Da questa votazione emerge l’immagine di un’Africa che, per quanto frammentata, guarda con decisione a oriente. In questo spostamento di equilibri, i paesi africani guardano non solo alla Russia, ma anche alla Cina, ormai attore imprescindibile nello sviluppo infrastrutturale africano e nell’estrazione di materie prime strategiche nel continente.