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La guerra in Ucraina e la collocazione geopolitica del GCC

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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta avendo conseguenze che si ramificano in tutto il mondo. I Paesi della Penisola Arabica non fanno eccezione, nonostante il loro desiderio – e tentativo – di venire coinvolti il meno possibile. Dopo aver riassunto il posizionamento geopolitica dei Paesi del Gulf Cooperation Council (GCC, cioè Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Bahrein e Oman) nel momento prima unipolare, e poi multipolare, analizziamo qui la loro risposta allo scoppio della guerra. Il GCC ha scelto di allinearsi formalmente con l’alleato statunitense, ma temporeggiando e mitigando il più possibile le dichiarazioni in merito. Nonostante le prospettive di guadagno nel settore energetico, infatti, i Paesi della penisola araba hanno interesse a mantenere saldi i rapporti con Mosca, e ragione di sperare che la Russia non venga completamente isolata a livello internazionale. È tuttavia indubbio che la guerra avrà ripercussioni – strategiche, economiche ecc. – sulla regione

Il GCC e le potenze mondiali

I leader del GCC da oltre un decennio portano avanti un gioco di equilibri per quanto riguarda le alleanze con le potenze mondiali. Ufficialmente, dagli anni ’80 gli Stati Uniti si sono stabiliti come attore securitario principale nella regione. È tuttavia almeno dalla seconda presidenza Obama che i princìpi di quella che era la dottrina Carter sono fatti in declino, con il risultato che i Paesi del Golfo hanno iniziato a diversificare le loro relazioni strategiche (in termini di diplomazia, economia, fornitura di armamenti ecc.), finendo per avere a che fare naturalmente con la Russia – oltre che la Cina. Un ambito cruciale di cooperazione è quello energetico: la Russia condivide infatti con i membri del GCC la condizione di membro dell’OPEC+, organizzazione che si occupa di coordinare l’offerta del petrolio greggio sui mercati mondiali. La guerra in Ucraina rende ora per questi Paesi l’operazione di bilanciamento delle relazioni con Washington e Mosca fortemente più complessa.

Della guerra si temono diversi possibili effetti. Da un paio di anni, per esempio, con l’inizio della presidenza Biden, in tutta l’Asia Occidentale sono in corso delicati tentativi di ridurre le tensioni regionali: ne rappresentano un esempio la normalizzazione dei rapporti di alcuni arabi (come gli EAU) con Israele, o l’apertura di canali di comunicazione tra Egitto e Turchia e tra Arabia Saudita e Iran. La polarizzazione del clima politico mondiale mette a repentaglio tutti questi sforzi, oltre i rapporti bilaterali in sè. Inoltre, vi sono gli interessi specifici dei singoli Paesi: per esempio, il prolungarsi della fase attiva del conflitto, l’esclusione di diverse banche russe dal sistema SWIFT e l’interruzione del servizio di molte compagnie aeree rischiano di colpire il settore turistico emiratino, per il quale i turisti russi (per numero ed estensione delle loro visite ed entità delle spese) sono di considerevole importanza. Bahrain e Qatar, invece, potrebbero temere per il futuro degli accordi che dal 2016 hanno raggiunto con la Russia in fatto di cooperazione militare.

Reazioni all’invasione

È per questi motivi che i Paesi del GCC, all’indomani dello scoppio della guerra, hanno temporeggiato, non rilasciando dichiarazioni o rilasciandone di moderate. L’Arabia Saudita per diversi giorni ha taciuto, così come il Bahrein; il Kuwait ha dichiarato di sostenere l’integrità dell’Ucraina, usando però un vocabolario molto blando per descrivere gli eventi, così come l’Oman che ha espresso preoccupazione per la situazione; l’Emiro del Qatar ha comunicato direttamente con il Presidente Zelensky, ma invitando tutte le parti a una soluzione diplomatica; anche gli Emirati Arabi Uniti hanno domandato una soluzione politica, sottintendendo però responsabilità ucraine per la crisi e ribadendo i propri legami con Mosca. Gli Emirati, inoltre, da membri a rotazione nel Consiglio di Sicurezza ONU, il 25 febbraio si sono astenuti in una votazione che avrebbe denunciato le azioni russe. La denuncia poi è arrivata: il 2 marzo, infatti, tutti i membri del GCC si sono uniti alla maggioranza dei Paesi che in Assemblea Generale ONU ha votato una risoluzione di condanna a Mosca. La denuncia rimane comunque tiepida e malferma, e i leader regionali cercano di fare meno dichiarazioni possibili riguardo la situazione. Ciò risulta ovviamente difficile, a maggior ragione dato il seggio che gli EAU occupano al momento nel Consiglio di Sicurezza ONU: un palco su cui nessun membro del GCC vorrebbe trovarsi in questo momento.

Prospettive future

Prevedibilmente, il motore primario della (debole) presa di posizione è stata la pressione da parte degli Stati Uniti – i quali, come abbiamo visto, pur rimanendo il partner strategico primario del GCC, non rappresentano più l’unico interlocutore. La guerra in Ucraina ha anzi evidenziato nuovamente la divergenza delle priorità di Washington da un lato, e del Golfo dall’altro. Gli Stati Uniti, infatti, puntano all’isolamento della Russia, adottando una politica esplicitamente di deterrenza. I Paesi del GCC invece, hanno interesse a non incentivare un indebolimento eccessivo di Mosca. È anche per questo che, al di là della denuncia in sede ONU, è improbabile che i membri GCC prendano altri provvedimenti o acconsentano alle richieste degli USA, senza che questi non si dimostrino più in linea con i loro interessi. Per esempio, Riyadh sta rifiutando la richiesta americana di aumentare la produzione petrolifera necessaria al calmieramento dei prezzi.

È tuttavia inevitabile che il conflitto non scalfisca i rapporti bilaterali del Golfo con la Russia, o perlomeno la percezione che questi Paesi hanno di Putin – nonostante diversi media locali rappresentino la guerra in Ucraina come un conflitto che riguarda pressoché solo l’Europa, a giustificazione ulteriore di una politica di neutralità. Finora, Mosca è stata vista come un valido ‘contrappeso’ all’influenza americana, nonché come a un attore deciso ed efficace a livello militare e strategico nella regione (si veda il caso siriano). Ora invece, nonostante l’esito della guerra non sia ancora conosciuto, gli eventi hanno messo in risalto diverse fragilità strategiche della Russia, la quale sarà inoltre indebolita a livello internazionale dalle sanzioni a cui è stata e verrà posta. Ciò la renderà un partner meno solido per i Paesi del GCC. Per questo, pur sapendo che gli esiti della guerra avranno inevitabilmente ripercussioni diplomatiche, i Paesi auspicano che dalla guerra non emergano vincitori e vinti in maniera netta, per non trovarsi mai di fronte a un’eventuale scelta aut-aut tra Washington e Mosca.

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