Il primo “fronte” su cui gli effetti della guerra commerciale tra Cina e Usa – ancora in corso al netto delle recenti e comunque significative aperture tra i due giganti della scena mondiale – sono di grande incidenza è quello del sud-est asiatico e dell’estremo oriente.Un punto di osservazione emblematico è costituito da Taiwan, una delle economie più avanzate del mondo e protagonista fondamentale anche a livello politico del confronto ormai globale tra Cina e Usa.
Nel primo semestre dell’anno che sta per concludersi, per gli effetti di breve periodo della guerra commerciale, l’isola ha visto crescere le esportazioni verso gli Usa del 17,4 per cento su base annua. I settori più interessati sono quelli di punta per Taiwan: elettronica, componentistica e assemblaggio di apparecchiature, macchinari industriali. Buona la performance dei prodotti agricoli e della pesca. In vista di dati più strutturati sulla seconda parte dell’anno, questo trend viene confermato da un recente rapporto della Conferenza Onu sul commercio e sullo sviluppo.
In questo contesto Taiwan cerca, con il supporto di un piano di incentivi in corso, di far rientrare linee di produzione in precedenza trasferitesi in Cina. Dall’inizio dell’anno – riportano fonti diverse – circa 150 imprese sono state incluse nel programma gestito dal Ministero degli affari economici in cambio dell’impegno a investire a Taiwan l’equivalente di 16 miliardi di dollari creando nuovi posti di lavoro. Taiwan è anche tra i possibili destinatari di investimenti dall’estero, incentivati dai pericoli esistenti per i prodotti fatti in Cina da esportare negli Usa. I Paesi dell’area a basso costo del lavoro (Vietnam, Indonesia, Filippine su tutti) sono favoriti per essere scelti come nuove sedi produttive. Vi è però la reale possibilità che alcune produzioni di maggiore qualità vengano spostate a Taiwan, che è forte di know-how, personale ad alta specializzazione e strutture all’avanguardia a livello mondiale soprattutto nel settore ITC.
È interessante notare che Taiwan, troppe volte vista come “in balia” delle scelte fatte a Pechino e Washington, ha dalla sua un punto di forza di massima rilevanza. Come recentemente commentato da autorevoli osservatori su Forbes, circa il 60% delle 10 milioni di persone che le aziende di Taiwan impiegano in Cina lavorano nella tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Non dovrebbe quindi sorprendere che un’altra interessante fonte – un rapporto di Citybank dello scorso luglio – evidenzi il fatto che il governo cinese, a fronte dei pericoli derivanti dalla fuoriuscita di aziende taiwanesi dal proprio territorio, ha offerto loro una serie di incentivi con lo scopo di che aiutare le esportazioni, l’occupazione e l’economia.
Una dimostrazione ulteriore, questa che emerge dalle autorevoli fonti richiamate, della forza dell’economia Taiwanese e quindi anche della capacità di Taiwan di essere in grado di giocare un ruolo significativo, non solo economico ma anche politico, nelle attuali e complesse vicende internazionali.