Ci sono pochi personaggi storici che abbiano determinato il proprio tempo (e il futuro) allo stesso modo di Michail Sergeevič Gorbačëv, ex segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e presidente dell’Urss, scomparso il 30 agosto 2022 a 92 anni. A nostro parere due uomini politici russi hanno esercitato, nel XX secolo, un’influenza decisiva non sono sul proprio Paese ma sul mondo intero: Lenin e Gorbačëv.
Il primo ha creato l’esperienza sovietica e portato il mondo a confrontarsi con essa, sia positivamente che nel conflitto ideologico, mentre il secondo ha tentato disperatamente di riformarla, concludendo drammaticamente la sua parabola con la dissoluzione dell’Urss. E’ difficile negare che i problemi che viviamo oggi, a partire dallo stato di guerra che di fatto viviamo con la Federazione Russa a partire dal 24 febbraio 2022, non siano un prodotto di ciò che successe in Unione Sovietica tra il 1985 e il 1991. Gorbačëv è estremamente amato (e oggi celebrato) in Occidente, mentre è ricordato con ostilità sia in Russia sia in molte repubbliche ex sovietiche.
Perché questa dicotomia al punto che sembra che siano esistiti due Gorbačëv? Per gli occidentali la risposta è semplice: ci ha liberato dall’incubo nucleare Chiunque sia nato in Europa occidentale fino alla metà degli anni Settanta ricorda quanto fosse vivida la sensazione che il mondo fosse sull’orlo dell’abisso. Fino all’avvento di Gorbačëv era opinione comune che le superpotenze avrebbero premuto il pulsante nucleare e posto fine alla civiltà umana. L’entusiasmo con il quale vennero accolti gli accordi con Reagan prima e Bush, tra il 1987 e il 1990, dopo rimane senza pari. Così come le riabilitazioni di Nagy e Dubcek, le elezioni libere in Europa orientale, il crollo del muro. In tre anni cambiò tutto. E sembrava per il meglio.
Diverso è il discorso interno. Nella mentalità russa comune Gorbačëv è visto non solo come colui che ha ammainato la bandiera sovietica di fronte all’occidente, ma anche come colui che pose fine alle sicurezze della società sovietica: la protezione sociale, il lavoro, la sicurezza dal crimine. Per quanto riguarda le repubbliche ex sovietiche nei rapporti con loro Gorbačëv mostrò il suo aspetto più oscuro. Di fronte alle tensioni indipendentiste egli reagì con la repressione violenta: ad Alma Ata nel 1986, Baku nel 1990 (centinaia di morti), Vilnius nel 1991. Queste repressioni esacerbarono il rapporto tra l’Urss e le repubbliche sovietiche, accelerando la dissoluzione dell’intera costruzione sovietica.
E’ proprio il tema delle relazioni tra Russia e repubbliche ex sovietiche il grande nodo irrisolto che, a un trentennio di distanza, ha precipitato il mondo in una nuova crisi politico-militare. Gorbačëv tentò fino all’ultimo di mantenere in vita l’Urss e venne spodestato dal golpe conservatore dell’agosto del 1991 proprio alla vigilia di un nuovo accordo sull’unione. Quando venne liberato di fatto la sua carriera era finita. L’Urss non aveva più ragione di esistere e l’accordo di Belovezho (sostanzialmente considerare le quindici repubbliche sovietiche, degli stati legittimi nei propri confini) è stato da allora sistematicamente violato, fino alla crisi del 24 febbraio 2022. Gorbačëv sognava un’Urss democratica, socialista e unita, parte di una casa comune europea e di un governo collettivo delle relazioni internazionali. Tutti obiettivi che fallirono e che lo rendono al tempo stesso sia uno dei più grandi sconfitti della storia, sia una figura che molti oggi rimpiangono.