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Il Golfo di Guinea: hotspot della pirateria mondiale, centro degli interessi nazionali e della sicurezza marittima

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Il Golfo di Guinea, situato nella parte occidentale delle coste africane e compreso tra Liberia e Repubblica Democratica del Congo, ha il suo epicentro nelle acque antistanti Nigeria e Camerun. Questo polo, comprensivo del Delta del Niger, risulta essere uno dei luoghi più afflitti dal fenomeno del brigantaggio marittimo. La comunità internazionale, di concerto con gli Stati rivieraschi, ha avviato numerosi progetti e operazioni di contrasto alle attività illegali nella regione.

L’8 marzo 2022 la fregata Rizzo della Marina Militare italiana, impiegata nel quadro dell’Operazione Gabinia, ha raggiunto il Golfo di Guinea. L’Operazione, avviata nel 2020, ha come obiettivo la tutela degli interessi nazionali nell’area e la sicurezza delle vie marittime, determinando il successo di numerosi interventi di contrasto alla pirateria, un fenomeno che affligge la regione da circa un decennio. La rilevanza della regione, per l’Italia e la comunità internazionale, è indiscutibile: circa il 90% delle risorse dirette verso i paesi dell’Africa occidentale passano dal Golfo, rendendo la regione molto dinamica dal punto di vista commerciale; inoltre, la produzione di petrolio nella zona si attesta al 4% di quella mondiale, con diversi progetti in Nigeria, Ghana e Angola di grandi compagnie petrolifere come ENI e Total; infine, l’azienda di Stato italiana è società concessionaria di alcuni giacimenti petroliferi nelle acque territoriali di Nigeria e Ghana, dove sono state installate delle piattaforme offshore. La tutela degli interessi nazionali e la sicurezza marittima, dunque, sono di primaria importanza per gli Stati coinvolti nel contrasto alla pirateria.  

Dal 2011 al 2020, gli atti illegali sono stati perpetrati con frequenza sempre maggiore nella zona. Mentre nel 2011 i casi di pirateria e di rapina armata ammontavano a 64, nel 2020 il numero è salito a 106 casi. Inoltre, secondo un Report di Stable Seas, sviluppato con la cooperazione dello United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), 27 dei 28 rapimenti registrati nel mondo sono avvenuti nel Golfo di Guinea. L’art. 101 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) definisce la pirateria come “ogni atto illecito di violenza o di sequestro, od ogni atto di rapina, commesso a fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave o aeromobile privati”. 

Fino al 2012, tuttavia, gli attacchi di pirateria erano concentrati nelle acque territoriali dei paesi costieri, arrivando a distanze di circa 40 miglia nautiche. Oggi, la distanza raggiunta dalle imbarcazioni illegali si attesta a circa 240 miglia nautiche, indicazione delle aumentate capacità di ingaggio dei pirati. Inoltre, è interessante notare come siano cambiati i metodi con cui agiscono questi gruppi: oltre ai tentativi di sequestro delle petroliere per il greggio, oggi lo scopo della pirateria risulterebbe essere il rapimento dell’equipaggio e la successiva richiesta di riscatto. L’obiettivo dei gruppi criminali è l’appropriazione indebita di risorse e beni che passano nelle acque antistanti il Golfo di Guinea. La risorsa principale è il petrolio: il fine è rubare il greggio dalle navi petroliere per raffinarlo in strutture illegali e rivenderlo ad un prezzo minore. La Petro-pirateria, come definita da molti osservatori, ha provocato danni onerosi per i produttori di petrolio e per le economie locali. Nel 2017, Al Jazeera ha stimato che il costo economico del brigantaggio marittimo si attesta intorno ai 750 milioni di euro. Inoltre, la mancanza di un sistema di stoccaggio dei rifiuti tossici nelle raffinerie illegali provoca un danno ambientale preoccupante. 

Numerose sono le cause del fenomeno della pirateria. In primo luogo, come dimostrato da alcuni studi, i componenti dei gruppi criminali sono parte di comunità marginalizzate, alienati rispetto alla maggioranza della popolazione e dunque propensi alle attività illegali. Inoltre, la disoccupazione e la povertà che imperversano nei paesi dell’Africa occidentale esacerbano le attività criminali, determinando un aumento del numero di reclutamenti nella zona. Infine, la presenza di conflitti interni e dispute di confine tra gli Stati coinvolti moltiplicano le difficoltà nel controllo del territorio da parte statale e, più in generale, evidenziano l’assenza di uno stato di diritto.

Ciononostante, la comunità internazionale ha ascoltato le richieste dei paesi rivieraschi ed ha intrapreso una serie di azioni di contrasto al brigantaggio marittimo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2008, ha esteso il Capitolo VII al contrasto alla pirateria e, nella Risoluzione 2039 del 2012, ha chiesto agli Stati della regione di sviluppare una strategia marittima comunitaria. Allo stesso modo, l’Unione Europea nel 2015 ha concretizzato il suo interesse per il Golfo di Guinea con la nuova strategia per la sicurezza marittima (EUMSS), un piano d’azione implementato nel 2018 e tutt’ora in attività. Gli obiettivi principali sono il coordinamento delle azioni esterne degli Stati membri, la condivisione delle informazioni e lo sviluppo delle capacità militari e marittime dei paesi dell’Africa occidentale. L’UE, inoltre, finanzia diversi programmi per l’implementazione di una strategia di sicurezza marittima di questi stati: un esempio è il Critical Maritime Routes Programme (CMR), un forum di condivisione delle informazioni per il coordinamento nella lotta contro la pirateria. 

Gli Stati membri della Comunità Economica di Paesi dell’Africa Centrale (ECCAS) e della Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (ECOWAS) hanno decretato, nel 2013, il Yaoundé Code of Conduct. L’istituzione risultante si occupa della sicurezza marittima, con l’obiettivo di condividere le informazioni e le risorse da Cabo Verde all’Angola. Ad implementare l’architettura di Yaoundé e per rafforzare la cooperazione tra le industrie petrolifere, è stato istituito il G7++ Friends of the GoG, un gruppo di coordinamento tra i paesi africani e le maggiori economie mondiali. La cooperazione regionale si è ulteriormente rafforzata nel 2016, con l’adozione da parte dell’Unione Africana della Carta di Lomé: lo scopo è la salvaguardia dello spazio marittimo e delle coste del continente dalle attività criminali. La Carta ha anche l’obiettivo di promuovere la crescita economica dei paesi africani e la sostenibilità degli oceani. 

Le condizioni socio-economiche dei paesi prospicienti il Golfo di Guinea, tuttavia, condizionano fortemente le azioni intraprese a livello regionale. Inoltre, i problemi di tipo ambientale e occupazionale peggiorano ulteriormente la situazione, foraggiando il reclutamento dei gruppi criminali nell’area. In aggiunta, la pandemia da Covid-19 acutizza le difficoltà economiche e sociali di questi paesi. Il supporto internazionale è a oggi più che mai determinante, sia in termini di capacità militari che per quanto concerne il coordinamento degli Stati interessati: arginare il fenomeno e contrastare la pirateria nella regione è di primaria importanza per i rapporti economici che intercorrono tra i paesi rivieraschi e i partner internazionali. 

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