L’alleanza di intelligence a guida statunitense trova anche nella regione Indo-pacifica validi alleati con cui condivide obiettivi e strategie come testimonia la creazione di un vero e proprio asse indiano-giapponese per lo sviluppo delle reti 5G. Nel frattempo, su spinta americana nasce anche la versione “tech” del QUAD.
Five Eyes alla guida della guerra tecnologica
Il 18 novembre del 2020, una dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri di Regno Unito, Canada, Nuova Zelanda, Australia e del Segretario di Stato degli Stati Uniti ha espresso preoccupazione circa gli effetti della nuova National Security Law di Hong Kong, approvata il 30 giugno dello stesso anno dall’Assemblea Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese. Secondo tale dichiarazione, la legge in questione minerebbe profondamente l’ampia autonomia di cui gode Hong Kong in quanto regione amministrativa speciale e lederebbe i diritti di opposizione e opinione politica. La stretta del governo di Pechino, in effetti, ha portato ad una serie di arresti per motivi prettamente politici, oltre all’espulsione dal parlamento di Hong Kong di deputati critici.
La risposta del governo cinese alla dichiarazione congiunta è stata affidata a Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Esteri, che ha manifestato una certa ostilità nei confronti di quella che in Cina è considerata a tutti gli effetti un’ingerenza nei propri affari interni. All’invito di riconsiderare le azioni concernenti la gestione dell’autonomia politica di Hong Kong, Lijian ha dichiarato che “non importa se [i paesi critici] hanno cinque o dieci occhi”, se minacciano la sovranità cinese “devono fare attenzione a non essere colpiti e accecati”.
Il riferimento è ai membri dell’alleanza Five Eyes, gli stessi Stati promotori della dichiarazione congiunta del 18 novembre. L’alleanza Five Eyes è il risultato di un accordo tra Stati Uniti e Regno Unito, siglato il 5 marzo del 1946, definito UKUSA (United Kingdom – United States of America Agreement), basato sulla condivisione di informazioni sensibili prevalentemente per fini militari. Nel corso degli anni ‘50, l’accordo si estese fino a comprendere Canada, Australia e Nuova Zelanda, costituendo di fatto una rete di intelligence dei paesi anglosassoni. Se nel secondo dopoguerra l’obiettivo dei Five Eyes è stato quello di cooperare per contrastare l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, oggi l’obiettivo è la sicurezza su tutti i fronti: economia, tecnologia, terrorismo. Ma è inevitabile che i rapporti con la Cina rappresentino un capitolo cruciale nell’agenda dei Five Eyes.
I paesi membri dell’alleanza si sono distinti per aver sostanzialmente bandito Huawei e le sue tecnologie 5G dalle proprie reti nazionali seguendo l’esempio degli Stati Uniti, fortemente ostili al colosso di Shenzen sotto l’amministrazione Trump. A parte il Canada, che sembra non aver formulato ancora una policy precisa a riguardo, tutti gli stati membri dei Five Eyes si sono allineati alle direttive di Washington. È normale quindi che un certo grado di animosità caratterizzi le relazioni tra Cina e Five Eyes nel loro complesso. Senza contare la recente complicazione dei rapporti sino-australiani, deteriorati da fake news e guerre commerciali.
Il ruolo del Giappone: il sesto occhio?
Proprio il fronte tecnologico, e più in generale la competizione con Pechino, offre un interessante punto di convergenza di vedute tra Five Eyes e le principali potenze dell’Indo-Pacifico. In particolare, il Giappone è spesso considerato come un papabile prossimo membro dell’alleanza di intelligence, che diverrebbe quindi “Six Eyes”. Lo stesso Premier britannico Boris Johnson, nel settembre dello scorso anno, auspicò l’entrata del Giappone nel gruppo dei cinque, sottolineando come le relazioni con Tokio siano particolarmente salde in materia di difesa e sicurezza.
Diverse sono le analogie che legano Giappone e Five Eyes. Se da un lato i paesi anglofoni hanno congiuntamente condannato la National Security Law e le sue conseguenze nel campo dei diritti politici, il governo di Yoshihide Suga ha recentemente richiamato la questione degli Uiguri tramite il suo Segretario di Gabinetto, Katsunobu Kato, che in una conferenza stampa del 20 gennaio ha dichiarato che il Giappone segue con attenzione la problematica del rispetto dei diritti umani nella regione dello Xinjiang.
Ma soprattutto il Giappone è uno dei principali alleati nella guerra tecnologica, potendo giocare un ruolo determinante nel “recuperare terreno” sul fronte delle tecnologie 5G. Non a caso, nella legge federale statunitense per lo stanziamento del budget destinato alla difesa per il 2021, il Giappone è annoverato insieme ai paesi dei Five Eyes come uno tra i partner più affidabili, nel contesto di sfide concernenti “la ricerca e lo sviluppo di affidabili e sicure tecnologie della comunicazione” e “la promozione di fornitori affidabili”.
Lo sforzo nipponico nello sviluppo di un’alternativa al 5G cinese ha poi portato al rafforzamento di un altro asse, quello con Nuova Delhi. Il 15 gennaio di quest’anno, India e Giappone hanno firmato un Memorandum per l’intensificazione della cooperazione nel campo delle tecnologie della comunicazione. L’intesa copre vari aspetti dell’ambito delle ICT, ma si concentra prevalentemente sullo sviluppo delle reti 5G. L’India teme l’intrusione della tecnologia cinese nel territorio nazionale e la possibile compromissione delle comunicazioni militari, soprattutto dopo gli scontri avvenuti nella valle di Galwan a giugno 2020. Nel particolare, il colosso elettronico giapponese Rakuten si occuperà dello sviluppo delle reti 5G, mentre la NEC (Nippon Electronic Company) ha già offerto assistenza tecnica per la realizzazione del cavo sottomarino in fibra ottica che collega la città di Chennai alle Isole Andamane. La stessa NEC sulla quale il governo del Regno Unito ha puntato, a novembre del 2020, per lo sviluppo delle proprie reti di connessione, in un’ottica di diversificazione strategica dei fornitori.
Nasce il Quad Tech Network
Un’intesa, quella tra India e Giappone, già consolidata dalla loro comune partecipazione al QUAD (Quadrilateral Security Dialogue), tramite il quale è già in atto una cooperazione di natura militare con le forze navali di Stati Uniti e Australia. All’esercitazione Sea Dragon 2020, svoltasi nelle acque territoriali americane dell’isola di Guam, ha preso parte anche la Corea del Sud: un paese anch’esso fondamentale da un punto di vista di intelligence, vicino sia alla Cina che alla Corea del Nord. Le capacità balistiche di Pyongyang rappresentano una preoccupazione per la Corea del Sud come per Stati Uniti e Giappone, i quali hanno già avviati rapporti di cooperazione militare e di intelligence con Seoul. Il Quad può essere visto come la piattaforma di incontro tra Five Eyes e le potenze asiatiche dell’Indo-Pacifico. A confermare questa tendenza è l’ultima realtà nata dal contesto del quadrilatero, ovvero il Quad Tech Network (QTN): costituito su iniziativa del governo australiano, il QTN riunisce i paesi del Quad supportati dai propri think thank e istituti universitari, con l’obiettivo di studiare e formulare strategie comuni per fronteggiare le sfide digitali dell’Indo-Pacifico, quali cybersecurity, reti 5G e ricerca.
La nascita del QTN testimonia da un lato la crescente importanza della regione, caratterizzata dalla più alta crescita mondiale del numero di utenti internet, dall’altro la consapevolezza dei paesi del Quad che la cooperazione non può fermarsi al livello delle esercitazioni navali, ma deve declinarsi necessariamente sul piano della ricerca, delle politiche tecnologiche e dell’intelligence. Per questo motivo è ragionevole prevedere che i rapporti tra Five Eyes, India, Giappone e Corea del Sud siano destinati a produrre ulteriori punti di incontro sul piano della condivisione di informazioni.
Occorre tuttavia soffermarsi sulla natura della membership del gruppo Five Eyes. La forza di questo gruppo ristretto sta sicuramente nella sua omogeneità culturale e linguistica, politica e storica. Condividere informazioni in questo contesto, caratterizzato dalla condivisione di interessi comuni, è sicuramente più facile e conveniente. In tal senso, l’inserimento di nuovi membri estranei a questo contesto potrebbe riservare qualche difficoltà. È più facile pensare ad un formato “Five Eyes Plus”, dove la membership rimane quella originaria e si costituiscono di volta in volta rapporti strumentali con altri paesi, che alla nascita, ad esempio, di un gruppo “Six Eyes”, con il Giappone primo membro non appartenente all’anglosfera. L’aggiunta di nuovi membri all’alleanza di intelligence è quindi un procedimento complesso. La natura stessa delle attività dell’organizzazione rende il concetto di “membro” piuttosto relativo: il fare o meno parte dell’organizzazione non preclude affatto il collaborare con i paesi membri, il dare e ricevere informazioni da questi.
A prescindere dal livello di esclusività del club Five Eyes, è impensabile che questi paesi possano fare a meno della condivisione di informazioni con i grandi interlocutori della regione indo-pacifica. Sicuramente, la cooperazione sul piano dell’intelligence è favorita dalla presenza di vari fattori di aggregazione, a parte quello linguistico-culturale: Five Eyes, Giappone, India e Corea del Sud sono tutti sistemi democratici e tutti promuovono l’instaurazione di processi di pace e sicurezza nell’Indo-Pacifico. Ma soprattutto, sono tutti accomunati dalla necessità di controbilanciare la presenza cinese sul piano economico, militare e tecnologico.
Mattia Patriarca,
Centro Studi Geopolitica.info