Con l’avvelenamento di Alexei Navalny, si rinnovano le preoccupazioni dell’arena internazionale riguardo l’utilizzo di agenti chimici. Le vigenti regolamentazioni imposte dall’ Opac, l’ Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, non prevedono il possesso e l’utilizzo di questi agenti. I gas Novichok, una particolare tipologia di agenti nervini, sono frutto di vent’anni di studi di laboratorio e, come testimoniato dal caso Navalny, sono in continua evoluzione. Si nota che, malgrado siano chiamati gas, questi siano sostanze liquide. In ogni caso, vengono chiamati gas per ragioni storiche e perchè il loro utilizzo bellico richiede un metodo di dispersione via aerosol.
Origini
La progettazione del gas Novichok risale al periodo della Guerra Fredda. Durante questo periodo, l’Unione Sovietica ha lanciato due principali programmi, il FOLIANT e il NOVICHOK, in risposta allo sviluppo anglo-americano dell’agente VX. Il VX e i suoi analoghi appartengono alla classe NA( Nerve Agents), denominati collettivamente “agenti V”. Lo sviluppo dei gas Novichok è invece riconosciuta nella categoria di “Agenti A”, un gruppo chimico che lascia ancora oggi dubbi e incertezze. Poco si sa infatti sulla loro struttura chimica,non essendo mai state pubblicate ricerche in maniera dettagliata.
Negli ultimi anni hanno cominciato ad apparire informazioni su questi composti, in quanto derivati del dialoformaldossime e legati al ben più conosciuto programma FOLIANT. Le prime informazioni verificate sui NOVICHOK sono state pubblicate solo dopo la fine del progetto FOLIANT, nel 1992. L’accesso ai dati è stato fornito dal Dott. Mirzayanov, un ex collaboratore al progetto ora dissidente dello stato russo. Le informazioni diramate però sono state contestate. I dati, infatti, risultano imperfetti e non certificabili. Nonostante ciò, è stato riconosciuto che, tra il 1970 e il 1990, gli scienziati sovietici abbiano creato almeno 5 diverse tipologie di agenti A, di natura binaria.
Nuovi dati sono stati forniti da Leonard Rink, anch’esso coinvolto nel progetto ventennale sovietico. Lo scienziato aveva già parlato del programma sovietico NOVICHOK nel 2018, in occasione dell’avvelenamento di Sergei Skripal. Rink ha confermato la veridicità dei dati forniti da Mirzayanov, suggerendo che vi siano nuove tipologie, ancora sconosciute al mondo, di gas Novichok. Normalmente i Novichok reagiscono entro 2 minuti dall’assunzione nell’organismo. Queste tempistiche non sono quindi conformi al caso Navalny, nella quale si è visto un rilascio lento e graduale della sostanza, confermando la possibilità di nuovi sviluppi del programma.
Come agisce il gas Novichok
I gas Novichok mantengono un comportamento simile ad altri gas nervini. L’assunzione della sostanza tossica è possibile tramite assorbimento cutaneo, per via orale e respiratoria. Il gas Novichok uccide interrompendo la comunicazione tra nervi e muscoli o nervi nel cervello. In pochi minuti paralizza i muscoli responsabili della respirazione e ferma il cuore. Si verificano anche convulsioni. Tuttavia, in alcuni casi, se la dose è insufficiente, la morte può essere ritardata o impedita, ma la vittima continua a soffrire di convulsioni, debolezza neuromuscolare, insufficienza epatica e altri danni. Quando i gas Novichok sono presenti in maggiore concentrazione, portano al decesso per asfissia o arresto cardiaco.
Specificatamente, la tossina agisce sull’ acetilcolina e sull’ acetilcolinesterasi. L’acetilcolina è un neurotrasmettitore che stimola le cellula nervose, regolando la contrazione muscolare dell’organismo. L’acetilcolina è scomposta nel sito attivo di un enzima, l’acetilcolinesterasi. Similarmente al Sarin, i gas Novichok creano un legame covalente ad una catena secondaria di serina nel sito attivo dell’acetilcolinesterasi, disattivandola. Se l’acetilcolinesterasi viene inibita, i livelli di l’acetilcolina rimango alti, causando forti spasmi muscolari e convulsioni non controllate.
La tossina può essere trattata con l’atropina. Malgrado la sua somministrazione fermi l’effetto velenoso della tossina, questa non porta alla guarigione del paziente. In combinazione con l’atropina, si può somministrare la pralidoxime che favorisce la rimozione dell’agente nervino dal sito attivo dell’acetilcolinesterasi. In ogni caso, queste soluzioni esistenti non sono considerabili come antidoti e nuove alternative sono in fase di sviluppo.
La differenza con il caso Skripal
L’avvelenamento di Alexei Navalny è stato associato al caso Skripal, avvenuto nel 2018 presso il quartiere londinese di Salisbury. Entrambi sono stati soggetti all’agente tossico Novichok, ma vi sono alcune differenze che non rendono i casi veramente similari.
L’avvelenamento di Skripal è avvenuto sul suolo europeo e Nato, a differenza del caso Navalny. Dalle diverse territorialità e giurisdizioni, si evince quindi una diversa possibilità di azione a livello istituzionale e internazionale. Ai tempi del caso Skripal, la territorialità atlantica e europea del Regno Unito ha permesso l’avvio delle indagini. Queste hanno presto riconosciuto le responsabilità della GRU, ovvero della direzione principale dell’intelligence russa.
Ciò non può essere detto per quanto riguarda l’incidente di Omsk. L’impossibilità di intraprendere le indagini sul suolo russo, senza il beneplacito del Cremlino, non permettono di stabilire con certezza la responsabilità russa. Al momento, manca la smoking gun dell’avvelenamento Navalny. Questo permette quindi alla Federazione russa di respingere le accuse arrivate dall’arena internazionale, in particolare quelle tedesche.
Dal punto di visto tecnico, la presenza di cinque diversi agenti binari, raggruppati sotto la categoria Novichok, non permette l’accomunamento dei due diversi casi. L’agente specificato utilizzato contro Sergei Skripal, potrebbe non essere lo stesso del caso Navalny. Lo confermerebbe anche la diversa stabilità dell’agente.
L’ordinamento internazionale
A livello internazionale, la tutela contro questo tipo di armi è prevista dall‘Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. L’obiettivo e la missione dell’Organizzazione si traduce nella Convenzione sulle armi chimiche, un trattato multilaterale che vieta le armi chimiche e ne richiede la distruzione entro un determinato periodo di tempo. Il trattato, avente durata illimitata, sublima il preesistente Protocollo di Ginevra del 1925, che vieta l’uso ma non il possesso di armi chimiche.
I negoziati della Convenzione sono iniziati nel 1980, durante la Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo. La convenzione, aperta alla firma dal 13 gennaio 1993 ed è entrata in vigore il 29 aprile 1997. L’adesione è aperta a tutte le nazioni e attualmente conta 193 stati membri. Nel suo ordinario funzionamento, l’organizzazione riceve le dichiarazioni degli stati aderenti. Queste descrivono in dettaglio le attività o i materiali relativi alle armi chimiche e le relative operatività industriali. Dopo aver ricevuto le dichiarazioni, l’Organizzazione ispeziona e monitora le strutture e le attività degli stati contraenti che sono rilevanti per la convenzione, per garantire la conformità.
La Russia ha dichiarato nel 2017 di aver completamente distrutto i propri armamenti. Nel 2019 però, a seguito del caso Skripal, l’Organizzazione ha inserito i gas Novichok nella lista degli armamenti proibiti. A seguito di questa modifica e del caso Navalny, si ritiene quindi necessario una nuova procedura di smaltimento delle armi in possesso, con una conseguente investigazione della Organizzazione. Mancando però la smoking gun, non risulta al momento possibile imputare al Cremlino questa richiesta di smaltimento, non avendo garanzie sulla loro responsabilità.
In attesa di maggiori dettagli, l’Organizzazione continua a monitorare la situazione e rimane pronta ad avviare un’investigazione sul territorio, previa richiesta degli stati aderenti.