Già nelle settimane precedenti all’invasione russa dell’Ucraina si respirava un clima molto teso tra l’Occidente e la Federazione Russa. Nel momento in cui è di fatto iniziata la guerra, i rapporti, sia diplomatici che commerciali, sono andati deteriorandosi. Nel giro di una settimana l’UE ha approvato tre pacchetti di misure restrittive comprendenti forti sanzioni economiche (Consilium). Uno dei pochi settori rimasti intoccati è quello del commercio di gas. L’UE infatti è fortemente dipendente dalla Russia per l’importazione di gas, nonostante gli svariati tentativi di diversificazione in passato. Nel 2021 sono giunti in UE 155 miliardi di metri cubi di gas russo, pari a circa il 45% delle importazioni di gas (IEA).
Mix energetici diversi per i Paesi dell’UE
Come dichiarato da Kadri Simson, Commissario europeo per l’energia, e ribadito largamente da altri capi di stato, l’UE è in grado di superare questo inverno anche nel caso in cui le forniture russe si dovessero fermare (Euractiv). Questo perché circa il 32% degli stoccaggi sono pieni di riserve di gas, l’inverno sta giungendo al termine e l’UE continua a ricevere gas e GNL dagli altri fornitori. Gli stoccaggi attuali, seppur sufficienti, sono molto minori rispetto alle riserve degli anni precedenti che nello stesso periodo coprivano oltre il 40%, indice di una crisi del gas che si protrae da tutto il 2021 (Reuters). Nell’ultimo anno, infatti, compagnie come Gazprom si sono limitate a soddisfare i requisiti previsti dai contratti stipulati con aziende dell’Occidente, senza mettere a disposizione sul mercato gas supplementare come fino a quel momento si era usato fare. Di conseguenza, già la scorsa estate, il rifornimento degli stoccaggi è avvenuto con fatica.
Ogni Stato Membro dell’UE ha un mix energetico personalizzato, perciò un potenziale stop di forniture di gas russo avrebbe un impatto diverso su ogni paese. Tuttavia, come fa notare Bruegel, paesi come la Finlandia e le Repubbliche Baltiche, seppur hanno come fornitore unico o predominante la Russia, sono tra i paesi meno dipendenti in quanto consumano relativamente poco gas e dispongono di disposizioni in materia di sicurezza energetica (Bruegel). La Germania alla fine di quest’anno conclude il processo di spegnimento di tutte le centrali nucleari come stabilito dal referendum tenutosi un decennio fa dopo il disastro di Fukushima. Vista la situazione attuale, nelle scorse settimane si è parlato di una possibile riapertura delle centrali chiuse e un ritardo nella dismissione delle altre (Euractiv). Dalle consultazioni tra il governo tedesco e le aziende che operano gli impianti sono emersi vari ostacoli nella realizzazione di tale idea (Reuters). Le operazioni di spegnimento sono così avanzate che tenere gli impianti aperti porrebbe dei problemi di sicurezza. Inoltre, il nucleare non costituirebbe una soluzione immediata dato che il combustibile per la fissione è difficilmente reperibile e spesso ci vogliono fino a 18 mesi di attesa per la sua fornitura. Nel frattempo, la disponibilità nucleare diminuisce in altri Stati Europei tra cui Belgio, Gran Bretagna e Francia. Anche se in quest’ultima si investe per la costruzione di 14 nuove centrali prima del 2050, in questi anni stiamo assistendo ad un lento declino della produzione dovuto alla manutenzione e all’invecchiamento degli impianti (Guardian).
Il GNL come alternativa al gas naturale russo
Così la Germania, come la maggior parte degli altri Stati Membri, rivolge il proprio sguardo al gas liquefatto naturale, appoggiando la costruzione di nuovi terminali (Euractiv). Si opera a livello nazionale ed europeo per poter assicurare quante più forniture possibili, almeno per poter utilizzare a pieno ritmo i rigassificatori sul territorio europeo, il cui tasso di utilizzo ha oscillato tra il 30 e il 70% negli ultimi quattro mesi (Bruegel).
I principali esportatori di GNL in Europa sono gli Stati Uniti, la Nigeria, l’Algeria, il Qatar e la Russia stessa. Il problema consiste nel fatto che la produzione di GNL nei paesi alternativi alla Russia è pressappoco a pieno regime. Vi sono diversi nuovi progetti in corso d’opera o in fase di valutazione negli Stati Uniti ma richiederanno comunque diversi anni per essere portati a termine (Woodmac). Saad al-Kaabi, ministro dell’energia del Qatar, ha affermato che nessun paese è in grado di rimpiazzare il gas russo tramite il GNL (Reuters). Il mercato del GNL, sebbene in passato molto rigido e basato su un sistema di contratti a lungo termine, adesso è più flessibile, il che permetterebbe una soluzione a breve termine, ovvero il dirottamento di alcune navi originariamente destinate ad altri, in particolare Giappone e Sud Corea (Bruegel). Si parla comunque del surplus delle forniture, quindi il gas che avanza dalla domanda domestica dei vari destinatari, che, per esempio, nel caso del Qatar ammonterebbe ad un 10-15% (Reuters). Il quesito che rimane irrisolto è per quanto tempo e con quali costi questa pratica potrà essere sostenuta dall’Europa.
Le mosse politiche per rinunciare al gas russo
L’Italia prende in considerazione un raddoppio del TAP e maggiore importazione di gas azero (Sole24ore) così come di quello algerino tramite il Transmed (Rainews). Anche la Spagna si muove in questo senso, mirando ad aumentare l’import di gas algerino tramite il MedGaz (DW). Sia in Italia che in Germania esponenti governativi hanno fatto riferimento alle centrali di carbone, proponendo un aumento del regime di produzione oppure riaprendone di chiuse (BNN).
Il 3 Marzo l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha pubblicato un piano composto da 10 step per ridurre di circa un terzo la dipendenza energetica Europea dalla Russia nel giro di un anno (IEA). Tra queste misure vi sono il mancato rinnovo dei contratti in scadenza con la Russia, l’introduzione di livelli minimi di stoccaggio, l’aumento dell’import da fornitori alternativi, la massimizzazione della produzione energetica tramite bioenergia e nucleare, la sostituzione rapida delle caldaie a gas con pompe di calore, degli incentivi all’efficienza energetica di edifici e industrie e la regolazione temporanea del termostato da parte dei consumatori.
Da questa proposta trae ispirazione il piano REPowerEU pubblicato giorno 8 Marzo dalla Commissione Europea (EC). Se L’IEA proponeva di rimpiazzare 91 miliardi di metri cubi, la Commissione arriva a 102 e senza considerare il ricorso alle centrali al carbone (Ispi). Queste ultime potrebbero sostituire fino al 18% di gas russo, circa 30 mmc, e dunque permettere un import ridotto dell’80%. Per adesso però la Commissione sembra aver scelto la linea della sostenibilità per affrontare la crisi, utilizzandola come incentivo per un cambiamento più rapido.
In vista del prossimo inverno la Commissione sta preparando una proposta legislativa per controllare la fornitura Europea di gas, stabilendo l’obbiettivo di riempimento degli stoccaggi al 90% entro l’1 Ottobre. Secondo il piano circa 50 mmc saranno rimpiazzati dal GNL, 10 mmc da gas importato tramite gasdotti non russi, 20 mmc tramite l’accelerazione eolica e solare e 14 mmc grazie al risparmio energetico negli edifici (REPowerEU). In aggiunta, è prevista una semplificazione delle procedure burocratiche per le autorizzazioni delle energie rinnovabili ed una richiesta agli Stati Membri di incanalare i finanziamenti della politica agricola comune verso la produzione di biogas da fonti di biomassa sostenibile.
L’Unione Europea si sta mobilitando, e così anche i suoi più stretti partner, per trovare velocemente delle alternative alle forniture di gas russe, tuttavia sarà un processo costoso ed estremamente complesso come ribadito da Frans Timmermans, Vice Presidente della Commissione Europea addetto al clima e al Green Deal Europeo (Press release). Per adesso, la strategia per il futuro immediato si basa su un maggior affidamento al GNL e il massimo sfruttamento delle rinnovabili con ingenti investimenti per il lungo termine.