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TematicheCina e Indo-PacificoFutenma: una spina nel fianco nell’alleanza USA-Giappone?

Futenma: una spina nel fianco nell’alleanza USA-Giappone?

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Nell’ottobre del 2005, Stati Uniti e Giappone concordarono una serie di iniziative per portare a termine il riallineamento delle forze statunitensi e, in particolar modo, ridurre l’impatto di tali forze ad Okinawa. Il piano, delineato nel “U.S.-Japan Roadmap for Realignment” del 2006, includeva 3 obiettivi principali: la restituzione della Marine Corps Air Station Futenma a seguito della sua ricollocazione presso la base di Camp Schwab, collocata nella zona meno affollata di Henoko, parte della città di Nago; il trasferimento di circa 8000 marines americani da Okinawa a Guam; e la restituzione di una parte delle aree e strutture a sud della base aerea di Kadena. Ad oltre 15 anni dall’accordo, la realizzazione di tali obiettivi rimane tutt’altro che vicina al completamento.

Uno dei principali ostacoli è la ricollocazione di Futenma, la base attualmente collocata nel cuore di Ginowan, un’area residenziale dalla densità di popolazione elevata. La costruzione di strutture che vadano a sostituire la base di Futenma è proceduta a rilento e ha stimolato numerose proteste da parte della comunità locale. La difficoltà nel portare a termine tale obiettivo rimane, pertanto, un problema cruciale che continua ad affliggere le relazioni tra Tokyo e Washington. Ciò è evidente sia nella dichiarazione congiunta emessa dalla US-JP Security Consultive Committee (la dichiarazione 2+2) a inizio marzo, che in quella emessa in seguito all’incontro tra Biden e Suga a metà aprile. In entrambe le occasioni, infatti, i due alleati hanno riaffermato la necessità di portare a termine in tempi brevi la ricollocazione di Futenma presso la base di Camp Schwab. Si tratta, secondo i due governi, dell’unica soluzione a disposizione per poter garantire la chiusura e restituzione di Futenma.

Quali sono le origini del problema?

Il problema della base aerea di Futenma fa parte di un contesto più amplio, quello dell’opposizione all’eccessiva presenza americana sull’isola. Sebbene Okinawa costituisca meno dell’1% dell’intero territorio giapponese, l’arcipelago delle Ryukyu, di cui la prefettura di Okinawa è parte, ospita circa il 70% delle aree e strutture utilizzate dalle forze americane. Il 19% del territorio dell’isola principale (Okinawa Hontō) è destinato ad utilizzo militare. La concentrazione di strutture militari nel territorio è, pertanto, 200 volte superiore in proporzione al resto del Giappone. Il peso di tale presenza è fortemente sentito dalle comunità locali, le quali hanno espresso la propria opposizione alla presenza statunitense sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando le isole erano amministrate dagli USA. Le isole sono rimaste sotto il controllo diretto di Washington fino al 1972, quando sono state poi restituite a Tokyo. Nonostante tale restituzione, le basi americane sono state mantenute e continuano a rimanere una presenza costante nella vita della popolazione di Okinawa.

L’idea di chiudere la base di Futenma e ricollocarla presso Henoko risale agli anni sessanta durante l’occupazione statunitense, quando il governo americano contemplò la possibilità di estendere le strutture ospitate nella baia di Henoko. Il piano fu, tuttavia, abbandonato. Discussioni a riguardo vennero nuovamente alla luce nel 1995, a seguito delle enormi proteste e tensioni causate dallo stupro di una bambina giapponese di soli 12 anni da parte di 3 militari americani. Le proteste forzarono i governi di Tokyo e Washington a riconsiderare la presenza americana e le disposizioni che regolavano tale presenza. Nel 1996, la Special Action Committee on Okinawa (SACO) autorizzò la restituzione di una parte delle strutture e terreni occupati dalle basi americane, inclusa Futenma. Le disposizioni prevedevano lo spostamento delle attività militari di Futenma presso la baia di Henoko. Gli sforzi per mettere in atto le disposizioni previste dall’accordo, ostacolati dalle intense proteste delle comunità locali, raggiunsero però un’impasse. 

Successive negoziazioni tra Tokyo e Washington risultarono nell’accordo del 2005, che predispose gli obiettivi sopra menzionati. Secondo tale accordo, il riallineamento delle forze americane, e in particolare dei marines, a Guam, rimaneva tuttavia legato al completamento della ricollocazione di Futenma. In pratica, tale obiettivo non poteva essere concluso senza la realizzazione dell’altro. Tuttavia, data l’impossibilità di procedere velocemente con la costruzione delle nuove strutture a Henoko a causa delle intense proteste ed opposizione locale, l’accordo è stato modificato nel 2012. Il nuovo piano ha reso i due obiettivi indipendenti l’uno dall’altro e ha previsto il trasferimento (da iniziare entro l’anno fiscale 2025) di circa 5000 marines a Guam, 1300 in Australia ed altri nelle Hawaii e negli USA. Negli anni successivi, la costruzione delle strutture destinate a sostituire Futenma ha continuato a procedere a singhiozzo. 

Quali difficoltà rimangono alla realizzazione del piano?

Entrambi i governi ambiscono a trovare velocemente una soluzione per l’implementazione dell’accordo. Tuttavia, Washington e Tokyo si trovano di fronte due difficoltà differenti. Per Tokyo, il problema principale rimane la forte opposizione locale al piano, opposizione che si riflette anche nella politica locale. Sin dal principio della controversia, rappresentanti locali e governatori della prefettura hanno, in svariate occasioni, ostacolato i piani del governo centrale di Tokyo, sfruttando tutti i mezzi a propria disposizione: revoche dei permessi, referendum contro il trasferimento, azioni legali. L’opposizione alla ricollocazione della base di Futenma include diversi gruppi e opinioni. Il problema centrale non è di per sé l’idea di trasferire la base, ma le modalità di tale trasferimento. 

La ricollocazione di Futenma non va affatto a diminuire il peso complessivo della presenza americana ad Okinawa. L’onere delle basi verrebbe semplicemente ridotto in un lato dell’isola per essere scaricato su un’altra delle comunità locali. Se la comunità di Ginowan vedrebbe una riduzione, almeno in parte, dei problemi associati alla presenza delle basi, quali inquinamento acustico, degradazione ambientale, rischio di incidenti, e crimini commessi dai militari americani, non si avrebbe invece una riduzione di tali problemi a livello generale, ma solo una redistribuzione di tali oneri da una comunità okinawense all’altra. Molti protestanti chiedono invece il trasferimento della base al di fuori di Okinawa per alleggerire l’onere totale sostenuto dall’isola e denunciano anche l’impatto ambientale della ricollocazione. Alcuni mirano addirittura a una completa espulsione delle basi americane dalla prefettura. A prescindere dalla drasticità delle varie opinioni coinvolte, le proteste continuano a rallentare il processo di ricollocazione.

Una seconda difficoltà è connessa al costo di tale ricollocazione. Mentre le stime iniziali prevedevano un costo di circa $2-3 miliardi, il costo attualmente previsto è salito a circa $8 miliardi. Tale incremento è legato a una serie difficoltà incontrate nella realizzazione pratica delle strutture necessarie. Inoltre, sebbene il governo giapponese si sia impegnato a coprire circa il 60% dei costi previsti per il trasferimento dei marines a Guam, a Washington rimangono una serie di preoccupazioni. In particolare, uno dei timori continua ad essere la possibilità che i fondi destinati a tale progetto siano derivati dal budget destinato al supporto delle forze americane, concordato in accordi di burden-sharing precedenti. Il rischio è che una simile riallocazione dei fondi ridurrebbe il supporto finanziario inizialmente previsto per altri progetti, intensificando la competizione interna per il budget.

L’importanza strategica di Okinawa

Nell’ultimo decennio, Okinawa è divenuta di enorme importanza strategica per l’alleanza tra Giappone e USA. Se durante la guerra fredda, la strategia dei due alleati era orientata sulle isole settentrionali dell’arcipelago giapponese, data la vicinanza dell’Unione Sovietica, con l’emergere della potenza cinese e le progressive incursioni attorno alle isole Senkaku, l’attenzione si è spostata sulle isole meridionali. Le basi di Okinawa hanno pertanto assunto un ruolo ancora più centrale sia nella strategia difensiva di Tokyo che nella strategia di deterrenza di Washington. Il rafforzamento delle capacità di difesa nella regione sud-occidentale dell’arcipelago giapponese è divenuto una priorità sotto l’ex governo Abe. Ciò è avvenuto attraverso l’aumento delle capacità di sorveglianza e missilistiche nelle isole Ryukyu, ma anche con la formazione della prima unità anfibia, specializzata nella difesa di isole remote. 

Il rafforzamento delle capacità nipponiche nel Giappone meridionale è volto ad integrare le capacità statunitensi, le quali si fondano sul coordinamento operativo integrato dei quattro principali rami delle sue forze armate presenti nella regione, inclusi i marines. Dal punto di vista dei due governi, pertanto, il completamento del progetto rimane l’unica soluzione per garantire la restituzione di Futenma senza in alcun modo ridurre la capacità di deterrenza totale delle forze americane. Nonostante tali presupposti, a 25 anni dall’annuncio del piano iniziale l’implementazione e completamento del progetto rimangono per ora un lontano miraggio. 

Alice Dell’Era
Geopolitica.info

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