Il viaggio di Francesco nell’Oriente Mediterraneo consolida le tracce lasciate in quelle terre da due suoi predecessori: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il Pontefice riprende, ancora una volta, un percorso già segnato ma che non comincia con loro. Lo ha fatto anche visitando l’Iraq, definendo una linea “lato sensu” politica di grande importanza nella geopolitica attuale: Francesco lavora per fare dell’innovativa opera ecumenica cominciata col Vaticano II una realtà universale, sessanta anni dopo e godendo di tempi maturi e della necessaria tecnologia.
Parte del Cristianesimo acattolico, andando in direzione degli Armeni (coi quali spera addirittura di entrare in comunione – “manca poco, manca molto poco” ebbe a dire una volta), per poi appianare le differenze con altre confessioni di matrice ortodossa (ecco Cipro e la Grecia) e protestante. Importantissima fu la sua affermazione, a Lund (l’occasione erano i 500 anni della riforma di Lutero), secondo la quale i Protestanti avrebbero il merito di aver rimesso i testi sacri nelle mani dei fedeli. Un’affermazione che, indipendentemente dalla sua fondatezza storica, non è certo neutra per una Chiesa cattolica la cui identità e missione si sono affermate nei secoli proprio come mediatrici fra uomo e Dio.
Non bisogna poi dimenticare che Francesco ha ridotto notevolmente l’eredità vivente della Chiesa preconciliare nel deterninare con la motu proprio “traditionis Custodes” che i libri della liturgia emessi dai papi Paolo VI e Giovanni Paolo II dopo il Concilio Vaticano II sono unica espressione della lex orandi del Rito romano, e subordinando la pratica del culto antico ad autorizzazione vescovile, andando contro Benedetto XVI. Insomma, Francesco è Pontefice “destruens” e “costruens”. Ha capacità distruttive e costruttive, operative e speculative, davvero notevoli, nelle quali dimostra tutta la sua potente identità gesuitica. Muovendosi verso Oriente (Mediterraneo) incontra una Cipro ancora vittima di una divisione della quale denuncia l’inopportunità, evitando tuttavia accuratamente di menzionare la controparte turca e non rispondendo all’invito informale del Presidente turco-cipriota Tatar, molto vicino ad Erdogan, di visitare anche la parte settentrionale dell’Isola, sotto controllo turco.
Andando verso la Grecia, sposterà l’attenzione sulla crisi migratoria, quella climatica e sull’identità di un Europa (concetto molto presente nell’attuale discorso francescano, in forme e funzioni diverse) incapace di ascoltare le sofferenze dei migranti. L’idea di Europa, della sua funzione ed identità, è fondamentale nella politica internazionale di Francesco e va di pari passo con l’agenda apertamente sposata dalla Commissione Europea a guida Von der Leyen, la quale è a sua volta molto aderente, in alcuni orientamenti universali, alla visione dell’Amministrazione Americana. Siamo alle soglie di un mondo nuovo, e Francesco ne è operoso promotore.