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NotizieFrancesco in Iraq – giorno 3

Francesco in Iraq – giorno 3

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Oggi 7 marzo il Papa visita il Nord iracheno, importante politicamente e religiosamente. Effettua visite ad Erbil, Mosul, Qaraqosh. La sensitività dei luoghi suggerisce ai diversi commentatori della stampa regionale specifiche scelte di carattere lessicale ed espressivo. 

La stampa turca riprende a seguire con attenzione la visita dopo aver dimostrato molto interesse nel sottolinearne la storicità. La visita a Ur, ricchissima di elementi utili a definire la policy della Chiesa per le Comunità in Oriente, aveva ripetuto ed amplificato i concetti di maggiore interesse per la Turchia, ovvero la promozione della “stabilità” regionale letta da Ankara come la tutela dell’integrità irachena alla quale si aggiunge l’utilità della scissione fra gli sciiti di Qom e quelli di Najaf. Francesco atterra oggi ad Erbil, il capoluogo del Kurdistan iracheno, entità autonoma regionale all’interno dello Stato iracheno nata negli anni ’70 come concessione alle fortissime spinte autonomiste. Queste sono sempre state di grande preoccupazione per un Turchia che ne teme l’effetto domino sul suo territorio e che ha subito la guerriglia del PKK per quasi quarant’anni. Da qui l’ambivalente rapporto Turchia-Regione del Kurdistan iracheno: quest’ultima deve esistere perché costituisce un “giardino di casa” controllabile, ma non esagerare. La policy post-kemalista di Erdogan stava peraltro portando, lentamente, ad un processo di rappacificazione culturale coi Kurdi. Nell’estate 2015 il Governo turco ha dovuto affrontare una sanguinosa attività insurrezionale nel Sud Est, che alcuni maligni vogliono essere stata orchestrata dal Governo stesso a seguito delle disastrose elezioni di giugno. Da allora, e ancora di più dall’alleanza con gli ultranazionalisti, il termine “Kurdistan” è nuovamente un parziale tabù ed è stato ripreso un maggiore uso di “Nord Iraq”. Si è accennato al kemalismo: il più stretto in questo senso è proprio il kemalista Sözcü, che telegraficamente menziona la città di Erbil solo come luogo di atterraggio del Papa. Il Papa viene sempre definito “capo spirituale dei Cattolici” e “Vescovo di Roma” mentre il suo ruolo di vertice del Vaticano come entità politica non viene ricordato. Nessuna menzione del suo incontro con le Autorità regionali, mentre Mosul viene definita una città “dove si trova la  popolazione cristiana” (Hıristiyan nüfusun bulunduğu Musul). Più elaborato l’articolo di Hürriyet, che riporta le parole del Papa che esorta a non manipolare la religione.

Hürriyet menziona esplicitamente per nome il Governo regionale kurdo-iracheno ma non fa riferimento al dialogo con le Autorità dello stesso. Sempre Hürriyet pubblica oggi un molto più elaborato “extra” di sintesi del viaggio, strutturato su 3 pagine con molti inserti fotografici. Il titolo e la introduzione sono di particolare interesse: “Avvicinamento cattolico-sciita – i Codici (o anche: le cifre, o anche: i punti-chiave) del viaggio del Papa in Iraq” (Katolik-Şii yakınlaşması… Papa’nın Irak gezisinin şifreleri)”. Segue un riassunto delle attività svolte da Francesco dal suo arrivo, non dissimile da uno quelli che potrebbero trovarsi sulla stampa nostrana. Unica differenza è un rimando ad un altro incontro di Francesco, inserito nel paragrafo relativo alla visita ad Ur “casa di Abramo”. Il rimando è all’incontro avvenuto nel 2017 in Egitto con l’Imam Tayyib di al-Azhar al quale segue un breve commento: “L’incontro di Francesco con Sistani è descritto come la continuazione del suo incontro con lo sceicco Ahmed Al Tayyib, l’imam dell’Università Al-Azhar, una delle principali istituzioni dell’Islam sunnita in Egitto…” (Françesko’nun Sistani ile görüşmesi, 2017 yılında Mısır’da Sünni İslam’ın önde gelen kurumlarından biri olan El Ezher Üniversitesi imamı Şeyh Ahmed El Tayyib ile görüşmesinin devamı olarak nitelendiriliyor…). Il “riavvicinamento sciita” viene dunque inteso come la seconda parte di un processo che comincia nel 2017 con la controparte sunnita. L’episodio viene menzionato dopo aver ricordato che all’incontro non erano presenti rappresentanti ebrei (ancak etkinlikte Yahudi dininden temsilciler olmadığı belirtildi). Importante quindi il tentativo di costruire una relazione esclusivamente islamo-cristiana e di recuperare la parte sunnita ricollegandola alla visita di tre anni fa. In effetti è importante sottolineare come una connessione fra le due visite esista: questa si riscontra nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (la cosiddetta “dichiarazione di Abu Dhabi”), firmato da Tayyb ma non da Sistani, in segno certamente di indipendenza intellettuale e presupposto qualche problema di accettabilità teologica di alcuni suoi punti. Il reportage continua definendo l’incontro del Papa con Sistani, la cui influenza “supera i confini dell’Iraq e che è l’ayatollah più importante nello sciismo” (nüfuzu Irak sınırlarını aşan ve Şii mezhebinde en yetkin Ayetullah), coem un passo verso il rafforzamento delle relazioni tra l’Islam e la Chiesa cattolica sttraverso l’incontro coi rappresentanti di diversi rami della religione musulmana (Müslüman aleminin farklı koldan temsilcileriyle görüşerek İslam ve Katolik kilisesi arasındaki ilişkilerin güçlendirilmesine yönelik bir adım). Di massimo interesse il paragrafo finale del reportage: si ritiene anche che la visita del Papa abbia uno sfondo politico: la Chiesa intenderebbe “far sentire la sua presenza contro l’influenza della Russia e della Chiesa ortodossa sui cristiani in Siria. D’altra parte, esiste anche l’opinione che la visita del Papa abbia reso felici gli sciiti anti-iraniani e infastidito gli sciiti filo-iraniani” (Papa’nın ziyaretinin siyasi bir arka planı olduğu görüşü de var. Rusya’nın ve buna bağlı olarak Ortodoks kilisesinin Suriye’deki Hıristiyanlar üzerindeki etkisine karşı, Katolik kilisesi bölgedeki varlığını hissettirmek niyetinde. Öte yandan Papa’nın ziyaretinin İran karşıtı Şiileri mutlu ederken İran yanlısı Şiileri rahatsız ettiği görüşü de paralel bir etkiye işaret ediyor). Mentre condividere l’opinione sull’opposizione all’Ortodossia non è cosa immediata, è difficile dare torto all’interpretazione sulla questione dell’Iran. La stampa turca dunque oggi propone meno virgolettati, meno cronaca giornaliera ma un interessante reportage di sintesi che si chiude con un’analisi di carattere politico-regionale.

Come è facilmente immaginabile, è l’Agenzia kurda Rudaw che sottolinea maggiormente la visita nel Kurdistan, richiamando i messaggi di pace che il Papa lancia dallo Stadio “Franso Hariri”, dedicato al primo Governatore cristiano di Erbil, l’emissione filatelica speciale voluta dalla Regione Autonoma per la visita, insieme alla raccolta di diverse testimonianze di Cristiani ed altri la cui vita è stata danneggiata dall’avvento dello Stato Islamico. Nonostante la pluralità degli argomenti, non si riscontra una forte volontà di proporre analisi approfondite.  

Iranpress invece inverte il trend di disinteresse/ostilità della stampa persiana dei giorni precedenti e pubblica (insieme ad un asciutto report sull’arrivo ad Erbil) un partecipato articolo sulla Messa celebrata a Mosul. La cosa non è indice di un’inversione del giudizio che l’Iran fa della visita: le considerazioni svolte dal Pontefice sulla sofferenza generata dalla distruzione della città e sulla sua decadenza condannano Daesh, gruppo Sunnita contro il quale l’Iran si è battuto senza risparmiarsi, sacrificando tante vite ed ingentissime somme. Ed infatti il pezzo di Iranpress chiude con una (azzardatissima) connessione fra quanto dichiarato dal Pontefice (“non doveva andare così”, in riferimento alla distruzione della città) e l’assassinio del Gen. Soleimani. Teheran Times riporta le parole del Consigliere speciale del Presidente del Parlamento iraniano per gli affari internazionali, che ricorda come la sicurezza del Papa sia stata garantita grazie al martirio del Gen. Soleimani e dei suoi. I fatti iracheni sono davvero per l’Iran un problema immenso, e il disagio per il fortissimo danno subito è difficilmente occultabile anche dalla penna di un giornalista.

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