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TematicheSpazioL’Europa alla ricerca di una sovranità spaziale. Parte seconda

L’Europa alla ricerca di una sovranità spaziale. Parte seconda

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Poco più di diciotto mesi sono passati dallo scoppio del conflitto russo-ucraino. Dalla fine di febbraio 2022, in meno di quattro mesi, lo spazio europeo ha visto venire meno quell’impianto geopolitico che fino a “ieri” lo aveva sorretto e condotto verso l’acquisizione di traguardi storici in campo spaziale. Il ritiro della disponibilità dei lanciatori russi Soyuz– i “cavalli di battaglia” dell’Europa: 6 lanci spaziali su 10, in media, erano effettuati con questi lanciatori – ha lasciato molti programmi spaziali europei letteralmente a terra, forzando l’Europa stessa a dover trovare una soluzione “alternativa”. Il ruolo infatti assunto dalla Russia fino al mese di febbraio del 2022 è oggi ricoperto (in maniera totalitaria, questa volta) da un altro attore terzo: gli Stati Uniti d’America. L’Europa è davvero alla ricerca di una propria reale sovranità spaziale?

Il punto di non ritorno

Dopo l’importante – e per certi versi anche “ignaro” – Space Summit tenuto a Tolosa (Francia) il 16 febbraio dello scorso anno, al successivo 306esimo Consiglio degli Stati Membri componenti l’Agenzia Spaziale Europea tenutosi a Parigi il 16 e 17 marzo, questi davano mandato all’attuale Direttore Generale Joseph Aschbacher di sospendere con effetto immediato ogni tipo di collaborazione tecnico-scientifica con l’Agenzia Spaziale Russa ROSCOSMOS, inasprendo la risposta all’invasione Russa dell’Ucraina. 

Dal canto suo, già in risposta alle prime sanzioni europee, il 26 febbraio del 2022, ROSCOSMOS aveva già annunciato il ritiro di tutto il suo personale tecnico (circa una ottantina di tecnici) dallo spazioporto “europeo” di Kourou, ivi dislocato in supporto alla preparazione ed al lancio dei vettori Soyuz. Nel 2021, l’anno antecedente lo scoppio del conflitto Russo-ucraino nonché il primo di un lento ritorno alla “normalità” dopo due anni interi di pandemia, l’Europa era tornata a sostenere un volume interessante di lanci dallo spazioporto francese facendo registrare quindici missioni spaziali in un solo anno, un vero record per l’Europa. Di queste, ben nove – quindi il 60% circa – sono state condotte tramite l’utilizzo dei vettori russi Soyuz. 

L’interruzione dei rapporti di collaborazione tra le due agenzie spaziali con il ritiro della disponibilità dei vettori russi costituisce il vero e proprio punto di non ritorno per lo spazio europeo. Interruzione che, nel successivo mese di aprile, ha portato anche alla cessazione dei rapporti di collaborazione per la più importante missione scientifica europea di esplorazione marziana ExoMars (a guida italiana). Missione che sarebbe dovuta partire nel successivo mese di settembre – quindi ai nastri di partenza – per portare per la prima volta nella storia l’Europa (e la Russia inclusa) sulla superficie di Marte, al pari di Stati Uniti e Cina. Programma che ora non vedrà nessuna possibilità di partenza prima del 2028. Sono cessate anche importanti collaborazioni reciproche per le missioni di esplorazione lunare, anche qui mettendo in grave sofferenza le ambizioni europee di esplorazione lunare con il programma di punta europeo chiamato Argonaut. Un colpo durissimo, in pieno volto, che lascia l’Europa spaziale ancora oggi completamente stordita, come un pugile frastornato che, seppur ancora cosciente (fatto non scontato), fatica a rimettersi in piedi nel tentativo di riguadagnare il centro del ring. 

Una reazione (quella russa) difficilmente non prevedibile dai vertici ESA, ed europei in generale. Vertici che sull’onda dei tragici eventi che ancora agitano l’Europa orientale hanno prodotto scelte drastiche e non sicuramente una valutazione distaccata che chiaramente sarebbe stata per certi versi cinica finalizzata alla salvaguardia degli interessi spaziali di un intero continente. ROSCOSMOS si è trovata comunque in una posizione di forza rispetto all’ESA stessa, come del resto hanno dimostrano le attività spaziali condotte dalla Russia nel primo anno di guerra: ventidue le missioni spaziali portate a termine nel 2022, sei invece quelle fino ad ora condotte nel 2023. 

È ancora oggi da risolvere la questione di come l’Europa inserirà in orbita i quattro satelliti di seconda generazione Galileo 29, 30, 31 e 32 ed il satellite Sentinel-1C parte integrante degli strategici programmi satellitari europei GALILEO e COPERNICUS. Lo scorso primo luglio, il Direttore Generale Joseph Aschbacher ha dichiarato che l’ESA “ha fornito [alla Commissione Europea, N.d.R] tutte le informazioni tecniche relative alla compatibilità al lancio” di questi satelliti europei con i vettori americani Falcon-9 di Space-X. Satelliti che, in origine, era previsto venissero inseriti in orbita – lo scorso anno – proprio con l’utilizzo di vettori russi Soyuz, appunto non più disponibili. 

A distanza quindi di un anno da quelle che erano le originarie date di lancio dei satelliti europei, trattandosi di programmi strategici, la palla è ora spetta al Consiglio Europeo che – per conto della Commissione Europea, quale organo rappresentante dell’Unione, la proprietaria dei programmi spaziali ad uso duale (quindi anche militare) GALILEO e COPERNICUS – deve ora verificare (prima) e raggiungere (poi) adeguati accordi di riservatezza e protezione dati dei suoi satelliti con la compagnia privata americana Space-X. Situazione anomala. Soprattutto se si pensa al caso inverso: americani, cinesi, russi o indiani che affidano all’Europa, per esempio la messa in orbita di assetti satellitari atti al soddisfacimento dei più alti interessi nazionali anche inerenti il settore della Difesa. 

È proprio questo il grande dazio – dopo quello tecnico dello stop ad importanti missioni scientifiche – che l’Europa sta pagando a seguito dell’interruzione dei rapporti con la russa ROSCOSMOS: il doversi completamente affidare ad enti esterni – concorrenti, come lo sono gli Stati Uniti per il settore spaziale – per la messa in orbita di assetti spaziali che sono cruciali per la propria autonomia e sopravvivenza sociale, politica, economica e financo militare. 

Il Presidente francese Macron si è espresso in questo contesto chiaramente: “Non c’è potere o autonomia senza una gestione dello spazio”. “Senza, non si possono conquistare nuove frontiere, e nemmeno difendere le proprie “. Affermazioni che, rivolgendo internamente lo sguardo agli “affari europei”, stridono pensando alla gestione dello sviluppo del nuovo lanciatore europeo Ariane-6, oggi vero e proprio collo di bottiglia per le attività spaziali europee.

Dinnanzi alla crisi russo-ucraina è tuttavia di non facile comprensione la postura spaziale europea se si considera che gli stessi Stati Uniti  continuano a mantenere attivi rapporti di collaborazione con l’Agenzia Spaziale Russa ROSCOSMOS, soprattutto per quanto riguarda il proseguimento del programma della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Stati Uniti che, come soluzione di back-up alle Crew Dragon di Elon Musk, continuano a comprare i seggiolini russi dei vettori russi Soyuz per per il trasporto di propri astronauti sulla ISS, almeno fino a quando la capsula Starliner della Boeing non sarà definitivamente operativa. Per quanto riguarda invece l’Europa, l’ESA compra ormai solamente seggiolini americani. Un totale sbilanciamento di forze, che pone l’Europa in una totale dipendenza verso gli Stati Uniti che, di fatto, anche nel settore spaziale, centrano l’obiettivo di staccare l’Europa dalla Russia.

Il cambio della guardia: “due piccioni, con un fava”

Ad oggi, dunque, l’Europa compra solo americano. Lampante è caso del programma ARTEMIS: programma spaziale americano (non europeo, non internazionale) che punta a riportare sulla superficie della Luna astronauti americani, non europei! Mastodontico quanto storico, in questo programma spaziale l’Europa mette ad esclusiva disposizione degli Stati Uniti le sue più elevate competenze tecnologiche in campo aerospaziale, fornendo agli americani – per il tramite di contratti all’Agenzia Spaziale Europea – il cosiddetto “modulo di servizio” o European Service Module (ESM) atto a fornire aria, elettricità e propulsione alla capsula (americana) di trasporto astronauti (americani). In altre parole: il modulo che garantisce la sopravvivenza degli astronauti a bordo, e ne assicura anche il viaggio di andata e (soprattutto) di ritorno. Una posizione di tutto rispetto quindi quella dell’Europa: non sarebbe possibile sostenere la vita a bordo delle capsule americane «Orion» senza l’ESM europeo.  

Questo, tuttavia, pare non fosse sufficiente per l’Europa per vedersi assegnare un posto per un proprio astronauta a bordo nella prossima missione ARTEMIS-II, la cui partenza è – ad oggi – fissata a novembre del prossimo anno, dal Kennedy Space Center. A bordo, infatti, saranno presenti tre astronauti americani ed uno canadese. Canada che è parte della cosiddetta “anglosfera”, insieme ad Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda ed ovviamente Stati Uniti, nonché partner estero dell’Agenzia Spaziale Europea. Un vero e proprio “smacco” per l’Europa. Per quanto è possibile comprendere oggi, sottoforma di “compensazioni” per lo sforzo tecnologico, industriale ed economico, all’Europa sono riservati solo tre slot di volo sulla futura stazione cislunare, il Gateway: nessun volo su ARTEMIS però. Ergo, nessun astronauta europeo – o nordamericano più in generale- sulla superficie della Luna, per quanto la stampa continui a prospettare scenari di collaborazione che gli Stati Uniti hanno già chiaramente delineato, relegando l’Europa a mero contributore: la storia non si ricorderà certo di chi ha costruito un modulo di servizio. 

Dipendenza europea che non si esaurisce qui. Con la cessazione dei rapporti di collaborazione con ROSCOSMOS, l’Europa non ha potuto far altro che rivolgersi proprio agli Stati Uniti per lanciare i propri satelliti. È il caso (il primo di tanti) della importantissima missione EUCLID il cui lancio era previsto dallo spazioporto “europeo” di Kourou con un lanciatore Soyuz, l’estate scorsa; missione decollata invece lo scorso 1° luglio – con un anno di ritardo – tramite un vettore Falcon-9 di Space-X dal Kennedy Space Center. Sono oggi in corso le trattative per lanciare i satelliti delle costellazioni europee GALILEO e COPERNICUS sempre con i vettori americani di Elon Musk, in origine previsti al decollo con i vettori russi Soyuz. 

L’Europa s’è desta? 

L’Europa cerca tuttavia di reagire. Nel completo disinteresse, lo scorso 10 marzo, per la prima volta nella sua storia, la Commissione Europea insieme allo European External Action Service (EEAS)» ha pubblicato le linee guida di quella che è la Strategia Spaziale Europea di Difesa e Sicurezza. Nel documento, l’Europa finalmente mette al centro della propria politica di Difesa e Sicurezza le attività spaziali, soprattutto alla luce del mutato contesto internazionale.

Negli ultimi dieci anni, tutte le maggiori potenze spaziali (Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone ed India) hanno proceduto ad una profonda ristrutturazione delle proprie attività spaziali, soprattutto nei rispettivi comparti della Difesa dove in pochissimo tempo si è assistito alla nascita di diversi Comandi Spaziali (anche in Europa, seppur a livello di singole nazioni e non in maniera organica) se non addirittura, come nel caso statunitense, alla formazione di una vera e propria nuova forza armata dedicata: la United States Space Force (USSF), nel dicembre 2019.

La nuova EU Space Strategy for Security and Defence vuole mettere l’Europa stessa sulla scia di queste ristrutturazioni dando chiare indicazioni sulla riorganizzazione ed integrazione tra centri spaziali e Comandi Spaziali europei, sullo sviluppo di nuove capacità operative per scopi di sicurezza e di Difesa, nonché sulla fondamentale elaborazione di una nuova posizione strategica europea che includa anche il dominio operativo spaziale estendendolo fino allo spazio cislunare, ovvero fino alla Luna, includendola.Nel periodo di crisi più grave della sua storia spaziale a causa della mancanza – ad oggi – di capacità di accesso allo spazio esterno per inserire in orbita i propri assetti satellitari in maniera indipendente, la risposta dell’Europa dello spazio deve poggiare sulle linee guida strategiche delineate nella EU Space Strategy for Security and Defence, riducendo fortemente le dipendenze da enti terzi ed investendo in una sintesi comunitaria, spesso e volentieri ostacolata proprio da enti terzi atti a sfavorirne il raggiungimento. Programmi spaziali come GALILEO, COPERNICUS e nel prossimo immediato futuro quelli di IRIS2 ed IRIDE costituiscono la giusta strategia per permettere all’Europa di trovare la propria strada verso una piena e competitiva sovranità nel mutato contesto internazionale.

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