Poco più di diciotto mesi sono passati dallo scoppio del conflitto russo-ucraino. Dalla fine di febbraio 2022, in meno di quattro mesi, lo spazio europeo ha visto venire meno l’impianto geopolitico che fino a “ieri” lo aveva sorretto e condotto verso l’acquisizione di traguardi storici in campo spaziale. Il ritiro della disponibilità dei lanciatori russi Soyuz– i “cavalli di battaglia” dell’Europa: 6 lanci spaziali su 10, in media, erano effettuati con questi lanciatori – ha lasciato molti programmi spaziali europei letteralmente a terra, forzando l’Europa stessa a dover trovare una soluzione “alternativa”. Il ruolo infatti assunto dalla Russia fino al mese di febbraio del 2022 è oggi ricoperto (in maniera totalitaria, questa volta) da un altro attore terzo: gli Stati Uniti d’America. L’Europa è davvero alla ricerca di una propria reale sovranità spaziale?
Kourou: il lungo filo conduttore della cooperazione spaziale tra Europa e Russia.
Uno dei punti cardine nella cooperazione in campo spaziale tra Europa e Russia è certamente l’accordo relativo al lancio dei vettori Soyuz (“unione”, in russo) dal Centro Spaziale della Guyana francese (Centre Spatial Guyanais, CSG). Collaborazione che ha origini molto indietro nel tempo. I primi studi di fattibilità atti ad ospitare concretamente i “sempre-verdi” vettori russi Soyuz risalgono infatti al 1998. Su iniziativa del governo francese – Kourou è territorio d’oltremare francese, ed è quindi soggetto alle leggi della Repubblica Francese – venne aperta la possibilità di ospitare presso il centro spaziale transalpino “qualsiasi paese” che, in cambio, fosse stato disposto a dispiegare ed operare da Kourou i suoi lanciatori. In un mondo spaziale allora totalmente diverso dall’attuale e moderno mondo del “New Space” (più nei ritmi, che nella vera e propria sostanza dei fatti), nessuno o forse solo pochi avrebbero potuto prevedere che proprio la Russia sarebbe diventata il primo – e fino ad oggi anche unico – “ospite straniero” a Kourou.
Il 7 novembre del 2003, solo circa cinque anni dopo l’esecuzione dei primi studi di fattibilità, il governo russo e quello francese trovavano l’accordo per portare i vettori russi Soyuz a Kourou. Accordo che prevedeva un numero complessivo di 50 lanci (50 vettori Soyuz), da effettuarsi in un periodo massimo di 15 anni: in pratica, tre/quattro missioni spaziali all’anno. Nello stesso periodo, venne quindi dato il via alle indagini geologiche e topografiche nella Guyana Francese per individuare il sito più adatto alla costruzione di quella che poi fu la nuova rampa di lancio – e i relativi complessi logistici – dei vettori Soyuz. Il sito dalle caratteristiche geologiche adeguate venne individuato a circa 13 km a nord-ovest dal già esistente complesso di lancio degli europei Ariane. Il finanziamento dei lavori per la costruzione della nuova piattaforma di lancio dei vettori russi Soyuz – in particolare quelli della serie 2 (Soyuz-2a) – venne fornito, dopo ulteriori anni di riflessione, dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ovviamente su indicazione francese.
Il costo totale per la costruzione del nuovo complesso di lancio per i vettori Soyuz venne stimato in 344 milioni di euro (valore al 2002). Di questi, 203 milioni vennero forniti da sette stati membri dell’ESA: Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Svizzera; mentre 20 milioni vennero forniti dall’Unione Europea attraverso il “6th Framework Programme and the Trans-European Network”. Arianespace assicurò invece a ROSCOSMOS la restante cifra compresa tra i 121 ed i 130 milioni di euro per la produzione, il trasporto e l’installazione delle necessarie infrastrutture di lancio – nonché l’ammodernamento – dei vettori Soyuz. Alle aziende europee venne invece assegnata la responsabilità complessiva della costruzione e sviluppo dell’intero sito di lancio.
I lavori presero ufficialmente il via solo due anni dopo, alla fine del mese di aprile 2005, in seguito alla sigla formale dell’accordo di collaborazione tra Arianespace e l’Agenzia Spaziale Russa ROSCOSMOS, i due “bracci (spaziali) operativi” dei rispettivi governi di Parigi e Mosca coinvolti nell’accordo. Successivamente, il costo del progetto aumentò in modo significativo con la Francia che sostenne il 62% delle spese totali per l’ampliamento del sito di lancio. Per quanto feroci furono le critiche, il progetto si era tuttavia rivelato certamente più economico rispetto ad uno sviluppo ex-novo di un’intera famiglia di lanciatori europei che aspirasse ad avere simili capacità. Mai come gli avvenimenti di oggi ci insegnano, col senno di poi, quanto questa fu una scelta sbagliata sul piano strategico da parte dell’Europa, così come il mancato investimento nello sviluppo di lanciatori riutilizzabili, opzione scartata perché ritenuta “troppo innovativa”.
Vettori russi che, potendo decollare da Kourou piuttosto che solo dallo storico Cosmodromo di Baikonur (Kazakhistan), hanno potuto così incrementare la capacità di carico utile in orbita (soprattutto verso quella geostazionaria, GEO) da 1.8 a 3 tonnellate, quasi il doppio. Certamente di interesse per la Russia che – come ogni potenza spaziale che si rispetti – pone forte attenzione all’accesso alle (sempre strategiche) orbite GEO con un “carico pagante” nettamente superiore. Anche la stessa Europa avrebbe così usufruito delle rinnovate performance dei vettori russi, in aggiunta al suo già eccellente lanciatore ARIANE-V, definitivamente in pensione dallo scorso 6 luglio.
Il primo vettore russo Soyuz (VS01) decollò ufficialmente da Kourou il 20 ottobre del 2011: più di dieci anni dopo la stesura dei primi studi di fattibilità. Da quel momento, sono state ventisette in totale le missioni spaziali europee condotte con vettori Soyuz dallo spazioporto di Kourou. L’ultima (VS27) il 10 febbraio 2022, appena due settimane prima del fatidico giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, con lo scoppio del conseguente sanguinoso conflitto.
Ventisette lanci dedicati al soddisfacimento degli interessi spaziali europei, scientifici e (soprattutto) istituzionali. In particolar modo, otto (quasi 1/3 del totale) sono le missioni spaziali dedicate alla messa in orbita dei satelliti GALILEO che oggi costituiscono la più avanzata costellazione satellitare di posizionamento e navigazione, diretto competitor delle analoghe costellazioni satellitari americana nota con l’acronimo di GPS, russa GLONASS e cinese BeiDou. Un assetto strategico quindi fondamentale per la sovranità ed indipendenza economica, sociale e financo militare dell’intero continente europeo.
Non solo, attraverso i vettori Soyuz, l’Europa ha potuto inserire in orbita operativa assetti satellitari adibiti ad un parallelo comparto strategico fondamentale per le sorti del Continente: quello dell’Osservazione della Terra (EO). Sono infatti i satelliti Sentinella (1A e 1B, in particolare) ad essere stati inseriti in orbita per iniziare a comporre la costellazione europea di EO chiamata COPERNICUS; costellazione a scopo duale, quindi anche militare. Militari sono anche i diversi satelliti di Osservazione della Terra italiani e francesi immessi in orbita attraverso l’utilizzo dei vettori Soyuz. Dal punto di vista scientifico invece, come non ricordare l’importantissima missione GAIA dell’ESA (il telescopio spaziale europeo per misurazioni astronomiche senza precedenti) e la missione CHEOPS (il cacciatore di esopianeti); missioni entrambe decollate ed inserite nelle rispettive orbite operative grazie all’utilizzo di vettori russi Soyuz. Vettori, quelli russi, che si sono presto meritati l’appellativo di work-horses dello spazio europeo, proprio per l’intensivo utilizzo da parte dell’Europa. Vettori che, di fatto, hanno costituito – fino “all’altro ieri” – la spina dorsale sul quale poggiava l’accesso europeo allo spazio esterno, soprattutto per quanto riguardava importanti – quanto strategici – assetti satellitari istituzionali, europei ma anche nazionali, adibiti anche a compiti di Difesa nel sempre più complesso contesto internazionale.