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L’esclusione della Russia da SWIFT è un’opportunità per la Cina di internazionalizzare la sua valuta

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Le sanzioni economiche imposte dal blocco occidentale alla Russia si stanno rivelando un’arma a doppio taglio, perché se è un dato di fatto che un effetto primario è stato quello di colpire l’economia russa, restringendone il campo d’azione, allo stesso tempo il Cremlino sta dimostrando una discreta dose di adattamento.

Un effetto indiretto è da ricercare nella affermazione della moneta cinese, il renminbi (o yuan), come valuta internazionale al fianco delle altre valute tradizionalmente forti. E la collaborazione fra Cina e Russia ha dato i suoi frutti, almeno parziali, anche in questo ambito, poiché dopo l’esclusione della Russia dalla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) Pechino ha permesso a Mosca di eseguire una serie di transazioni e pagamenti internazionali in yuan, spalancando così le porte alla moneta cinese come valuta internazionale. 

Come noto, SWIFT fornisce una piattaforma di messaggistica affidabile che consente alle banche di inviare alle loro controparti istruzioni rapide sui trasferimenti di fondi. L’obiettivo della decisione era di paralizzare il sistema di transazioni esterne della Russia, scelta che si andava ad aggiungere alle già note sanzioni economiche imposte dall’Occidente che, secondo le previsioni, avrebbero messo in ginocchio il paese, cosa accaduta solo in parte. Secondo alcune stime, entro metà 2016 la Russia aveva già perso circa 170 miliardi di dollari a causa delle sanzioni finanziarie in vigore. La decisione occidentale di rimuovere sette banche russe dal sistema di messaggistica SWIFT dopo l’invasione dell’Ucraina non ha portato il colpo di grazia cercato, anche per la volontà di non imporre restrizioni alla più grande banca del paese, Sberbank, azionista del gigante del gas russo Gazprom, e a Gazprombank, la banca utilizzata per le transazioni »energetiche«. Gli effetti nel breve termine sono stati meno forti del previsto. Secondo un’analisi indipendente della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale (FMI) e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nel 2022 il PIL russo dovrebbe diminuire del il 3,4% nella migliore delle ipotesi, e un rapporto del Consiglio europeo afferma che le cifre dimostrano che le sanzioni economiche stanno dando risultati. 

La Russia ha cercato di trovare modi per ridurre al minimo il morso delle sanzioni, ma il ragionamento fatto sulla valuta cinese da parte di Mosca non è solo economico, ma anche, se non soprattutto, geo-politico. Le imprese russe stanno utilizzando lo yuan per regolare la maggior parte del loro commercio internazionale, con l’implicito effetto di rafforzare la valuta cinese, presa in prestito con più facilità e disinvoltura di quanto non accada con il dollaro, contribuendo a internazionalizzare il renminbi a un ritmo più veloce di quanto si potesse sperare poco più di un anno fa. Come osservato da alcuni analisti, a Mosca vedere la propria valuta a un livello più debole è dunque scenario auspicabile, insieme alla necessità di stabilizzarne il valore in una fascia accettabile. Per questo il Cremlino ritiene vitale l’approfondimento delle relazioni con lo yuan, considerato in questa fase un partner commerciale economicamente forte e la cui moneta è in grado di essere scambiata per attenuare la volatilità e le pressioni sul rublo, in modo da rappresentare il nuovo nocciolo duro delle riserve estere della banca centrale. 

Ed è così che la filiale di Mosca della Banca industriale e commerciale della Cina (ICBC), la più grande banca del mondo i proprietà statale, con 203 filiali all’estero, una delle quali anche a Milano, ha aumentato il proprio ruolo nel regolamento delle transazioni finanziarie denominate in yuan tra Cina e Russia, poiché è collegata sia ai pagamenti interbancari transfrontalieri cinesi System (CIPS) che a quello russo SPFS2. Negli ultimi 10 mesi, il totale attivo della filiale di Mosca di ICBC è aumentato di oltre il 200% in soli tre trimestri del 2022 e i depositi dei clienti del 290%. Inoltre, quasi 48 istituti finanziari hanno aperto un conto presso l’ICBC di Mosca durante questo periodo. 

L’internazionalizzazione dello yuan è, indubbiamente, un elemento dell’ascesa geopolitica di Pechino, tuttavia il confronto del sistema di pagamenti cinese (CIPS) con SWIFT è impari. Il primo può contare su 1.353 fruitori in 107 Stati e territori, l’associazione con sede in Belgio (SWIFT) raccoglie 11mila istituti bancari e finanziari di 200 fra nazioni e altre entità territoriali. Inoltre, come osservano alcuni analisti, il sistema di pagamenti cinese può essere d’aiuto solo in parte alla Russia perché la Cina non permette la libera circolazione dei capitali, fondamentale per l’uso dello yuan a livello globale. I dati forniti dallo SWIFT parlano chiaro: a ottobre il dollaro è stato usato in oltre il 42% delle transazioni globali; sebbene in crescita, lo yuan si è fermato poco sopra il 2%.

Alcuni dati rimangono. Il regolamento del commercio bilaterale russo-cinese in dollari è diminuito da quasi il 100% nel 2013 a circa il 15% lo scorso anno. Tenendo in considerazione l’efficacia del renminbi nel regolare i pagamenti internazionali, la Russia è diventata una delle prime 15 economie commerciali in yuan del mondo per la prima volta nel 2022. Un’ancòra di salvezza per la Russia, colpita dalle sanzioni, ma anche un’affermazione importante per la Cina, che alla fine del 2021 aveva firmato separatamente accordi bilaterali di regolamento valutario con Vietnam, Indonesia e Cambogia, nonché accordi di scambio di valuta con Indonesia, Malesia, Singapore e Thailandia, rendendola la quinta valuta più scambiata al mondo. 

Come effetto inatteso delle sanzioni, quindi, una nuova architettura finanziaria sta comparendo come alternativa al sistema esistente basato sul dollaro. Questo permette quindi al renminbi di affermarsi come valuta forte dopo dollaro, euro, sterlina inglese e yen. 

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