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Un mese dopo la firma degli accordi di Istanbul, Ankara va molto a fondo con Kiev

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La visita in Ucraina del Presidente Erdogan e del Segretario Generale dell’ONU del 19 agosto ha prodotto più delle dichiarazioni sulla vicinanza fra Ankara e Kiev esaltate da tutti gli organi di informazione turchi, compreso il filorusso Vatan (che addirittura pubblica il video nel quale il Presidente ucraino si dichiara grato per il sistegno turco) e che sono state, forse, estese nel loro significato.

I punti di maggior interesse del meeting sono stati gli aspetti relativi all’impegno di Ankara in un eventuale scambio di prigionieri e le preoccupazioni sulla sicurezza della centrale di Zaporizhzhia, sotto controllo russo.

Ed è in merito alla questione della sicurezza della centrale che il Presidente turco ha espresso di essere al fianco di Kiev, oltre che nella questione della conservazione dell’integrità trritoriale del Paese. E’ importante intenderlo ed è importante comprendere come si sia avuta premurosa cura nel fare intendere, invece, un perfetto allineamento. La comunicazione, ora, si vuole che verta su una supposta identità di vedute fra i due Paesi.

Come pià volte sottolineato, la vera posizione della Turchia non può che essere l’equidistanza. Equidistanza che permette appunto ad Ankara di porsi come mediatore, tanto nella gestione del JCC con sede ad Istanbul che tanto peso avrà nella gestione dell’invio delle granaglie dall’Ucraina al resto del mondo, quanto nella delicatissima questione del possibile futuro scambio di prigionieri. Già il 22 aprile scorso il Presidente turco aveva trattato un tema simile, stavolta con la controparte russa, ad oggetto lo scambio fra il pilota Konstantin Yaroshenko e l’es Marine statunitense Trevor Reed. In quell’occasione, la Presidenza russa aveva perfino ringraziato i Servizi di sicurezza turchi (MIT) per aver supervisionato l’intero dossier. Due settimane fa, a Sochi, la Presidenza turca aveva mostrato di aver ben inteso il messaggio inviatole dal Leader della Rivoluzione nello scorso meeting di Astana svoltosi a Teheran, a favore dell’integrità territoriale siriana. Un messaggio la cui piena comprensione è stata riaffermata anche pochi giorni fa, a vantaggio naturalmente della Russia.

Il Presidente turco ha espresso preoccupazione per la condizione della maggior centrale nucleare europea, sotto controllo delle Forze russe, che da queste si immagina essere potenziale obiettivo di un “attacco terroristico ucraino”. La controparte, naturalmente, considera l’accusa la prova di una pianificata operazione di false flag e sottolinea come i Russi abbiano usato la centrale stessa come deposito di armi.

Comunque stiano le cose, il prospettare apertamente l’incidente nucleare (qualche settimana fa si parlava dell’uso di bombe tattiche, ora di una fuga radioattiva alla Černobyl’) scopre le carte di una situazione di forte tensione. La speranza è che si stia usando la tattica del prospettare l’impossibile al fine di alzare la tensione e spingere i giocatori al tavolo a determinate reazioni, per quanto analisti come il Gen.F.Mini considerino la possibilità di un escalation nucleare assolutamente plausibile nella realtà.

Il terreno è comunque più che pronto per Ankara per gestire ogni assunto di carattere tattico tra le parti.

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