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Africa: il fragile equilibrio nella regione dei Grandi Laghi

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È, contemporaneamente, una delle regioni più ricche e povere del pianeta. Ricca di risorse naturali quali minerali, diamanti, legno. Ma nonostante questo i suoi abitanti sono tra i popoli più poveri della terra poiché quelle risorse sono sfruttate, da sempre, da altri.

Prima furono i colonizzatori europei. Oggi che belgi e francesi hanno lasciato quelle terre, sono i governi a sfruttare quelle preziose risorse e a utilizzarle poche volte per il bene comune.

La regione dei Grandi laghi, in Africa, dal punto di vista geografico comprende Rwuanda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Uganda, paesi posti in prossimità della fascia equatoriale.

Giovani e fragili democrazie, i paesi sono stati segnati in maniera indelebile dal genocidio ruandese del 1994 che causò un milione di morti e un esodo di profughi. Ma più ancora del genocidio, i danni peggiori in Rwanda li hanno causati i colonizzatori belgi.

Prima del loro arrivo, nel 1920 circa, le due principali etnie ruandesi, Tusti e Hutu vivevano in pace. I colonizzatori alimentarono l’odio tra le due etnie, favorendo i tutsi sul presupposto di una loro superiorità razziale. La tensione e l’odio razziale alimentato nei decenni porterà al terribile  massacro  ruandese del 1994, detto il genocidio del machete.

Sotto gli occhi dei caschi blu dell’Onu vengono uccisi quasi un milione di ruandesi di etnia tutsi e hutu moderati. Non vengono risparmiati nemmeno i bambini e le donne rincorse e uccise nelle chiese.

Il Ruanda di oggi è per alcuni un paese democratico, per altri una dittatura. Al potere, dal 2003, c’è Paul Kagame, di etnia tutzi e fondatore del Fronte Patriottico Ruandese. Kagame da bambino fu costretto a scappare in Uganda  e vivere da profugo con la sua famiglia per fuggire alle persecuzioni degli hutu.

Diventato adulto e tornato in Ruanda, unitosi alle milizie tutsi è riuscito a  fermare il genocidio della sua gente.

Terminerà il suo secondo mandato nel 2017, dopo essere riuscito a migliorare le condizioni di vita della popolazione ruandese, con l’aumento della crescita economica e la costruzione di importanti infrastrutture. Ma i suoi detrattori lo accusano di aver chiuso la stampa di opposizione e di voler provare a ottenere un terzo mandato, cosa attualmente impedita dalla Costituzione.

Ambigua inoltre è la posizione di Kagame nel conflitto che coinvolge la Repubblica Democratica del Congo.

Qui, nel gigantesco paese ricchissimo di oro, diamanti e cobalto, l’ultima incursione delle forze islamiste risale al 13 agosto. Quasi 50 morti, nel paese i cui abitanti sono poverissimi a dispetto della ricchezza di risorse.

Posto nella foresta equatoriale, anche il Congo è stato colonizzato dal Belgio. L’ex Congo belga, ottennuta l’indipendenza nel 1960, negli anni ‘90 ha dovuto fare i conti con la guerra che ha coinvolto tutte le vicine nazioni africane e causato quattro milioni di vittime.

Attuale presidente congolese è Joseph Kabila, in scadenza di mandato nel 2016. La costituzione congolese gli impedisce un terzo mandato, ma ad oggi, le elezioni non sono state programmate e sembrano lontane. L’incertezza politica accompagna la drammatica situazione della parte orientale del paese.

Bande di miliziani, tra cui gli Hutu ruandesi e il gruppo M23 provocano morte tra la popolazione, e soprattutto violenze sessuali ai danni di donne e bambine. In congo lo stupro, perpetrato non solo dai miliziani, ma anche dai soldati dell’esercito regolare rappresenta una vera e propria emergenza.

Ma la situazione peggiore della regione dei grandi laghi sembra essere al momento quella del Burundi. Il paese, poverissimo e con altissimi tassi di corruzione è anch’esso un ex colonia belga. Ha ereditato dai colonizzatori l’odio razziale tra le etnie hutu e tutzi, che ancora oggi dilania la popolazione.

Un anno fa il presidente Nkurunziza ha deciso di ricandidarsi per un terzo mandato, ma la cosa vietata dalla costituzione. In seguito alle proteste di piazza la situazione è degenerata con arresti di giornalisti e oppositori  e con la solita caccia all’etnia avversaria, in questo caso i tutzi.

La situazione preoccupa fortemente l’Onu ma il governo del presidente pare abbia rifiutato l’intervento dei caschi blu per appianare i disordini nel paese. Intanto l’Unione Europea ha deciso di sospendere gli aiuti economici al Burundi dopo la violenta repressione dei mesi scorsi.

Almeno all’apparenza la situazione in Uganda sembra più tranquilla. L’ex colonia britannica, indipendente dal 1962, è governata da 30 anni dal presidente  Museveni, al quinto mandato. Anche in Uganda, la cui piaga principale è l’Aids, gli osservatori internazionali parlano di campagne repressive del presidente nei confronti degli oppositori, esattamente come accade nelle altre giovani democrazie della regione dei Grandi Laghi.

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