Il piano della Commissione Europea REPowerEU è la risposta all’aggressione russa dell’Ucraina e alle sue conseguenze in campo energetico. Il pacchetto mira a cercare immediatamente fonti alternative per i combustibili fossili, aumentando allo stesso tempo l’energia da fonti verdi e riducendo il consumo di energia. Questi obiettivi fanno parte delle ambizioni a lungo termine dell’Unione per diventare climaticamente neutrale entro il 2050. RePowerEU è un pacchetto di documenti, tra cui atti giuridici, raccomandazioni, linee guida e strategie, che arricchisce la comunicazione pubblicata lo scorso marzo. Si basa su quattro pilastri: risparmio energetico, sostituzione del gas russo con altri combustibili fossili, aumento di energia proveniente da fonti rinnovabili e finanziamento di nuove infrastrutture come gasdotti e terminali per il gas naturale liquefatto.
Risorse per far fronte alla crisi energetica
I funzionari di Bruxelles sono consapevoli che un rapido sganciamento dall’energia russa potrebbe colpire le economie dei Paesi membri; perciò, la Commissione ha affermato che i vari governi potranno estendere temporaneamente i controlli sui prezzi dell’energia per proteggere i consumatori e le imprese, a cui si aggiunge anche la possibilità di acquistare congiuntamente gas naturale. Il commissario per l’energia Kadri Simson ha dichiarato: “Mentre la Russia porta avanti la sua guerra non provocata in Ucraina, dobbiamo pianificare le interruzioni dell’approvvigionamento di gas e il loro impatto con misure di solidarietà e possibili interventi sui prezzi” (Politico, 18/05/2022). Secondo alcune analisi, Germania, Francia, Italia e Spagna hanno speso tra i 20 e i 30 miliardi di euro da settembre 2021 per abbassare artificialmente i costi di gas, elettricità, benzina e diesel.
Per far fronte a costi potenzialmente maggiori nel prossimo futuro – e per fornire le risorse necessarie a raggiungere l’obiettivo di un mix energetico in cui le fonti di energia rinnovabile rappresentino il 45% entro il 2030, per il quale Bruxelles cercherà di spingere sulla semplificazione dei processi di autorizzazione per progetti verdi e sull’obbligo legale di installazione di pannelli solari sui nuovi edifici residenziali entro il 2029 (Euractiv, 11/05/2022) – la Commissione ha in programma di utilizzare il Recovery and Resilience Facility (RRF) e i Relativi Piani nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). La Commissione ha affermato che gli Stati Membri potranno accedere ai 225 miliardi di euro inutilizzati previsti sotto forma di prestiti agevolati provenienti dal pacchetto RRF. Ulteriori 20 miliardi di euro in sovvenzioni proverrebbero dalla vendita di 250 milioni di permessi di emissione di CO2 sul sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS). I Paesi avranno anche il diritto di trasferire fino al 12,5% dei fondi destinati alle politiche di coesione e il 7,5% dei fondi agricoli a progetti posti sotto l’ombrello di RePowerEU.
Vecchie risposte a nuove sfide?
La domanda che molti ora si chiedono è se questa crisi potrà rappresentare un punto di svolta per le politiche verdi dell’Unione Europea e dare un’accelerata ai processi verso la transizione ecologica o se, piuttosto, il clima di urgenza ed emergenza che si respira non farà altro che riconsegnare l’Europa a vecchie abitudini dannose per l’ambiente. Il governo tedesco, ad esempio, ha cercato freneticamente alternative al gas naturale russo puntando su navi cisterna mobili galleggianti destinate all’utilizzo di GNL. Per diventare utilizzabile a fini energetici, il GNL ha bisogno di essere sottoposto a rigassificazione, un processo che richiede terminal speciali, la cui costruzione richiede circa cinque anni (Euractiv, 06/05/2022). In più di un Paese europeo, Italia compresa, si registrano molteplici proposte e firme di accordi per nuove forniture di gas da paesi alternativi alla Russia: certamente una soluzione che permetterà agli Stati membri di aumentare il proprio grado di sicurezza energetica nel breve termine, ma che rischia di ingabbiare i governi europei in sistemi da cui sarà difficile sganciarsi quando il clima emergenziale si distenderà. L’ultimo incontro su clima ed energia del G7 della settimana scorsa sembra non tener conto di questo. Il messaggio passato sembrerebbe essere che esiste la consapevolezza che gli investimenti nei combustibili fossili debbano essere eliminati, ma la volontà di sganciarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia sembra prevalere sugli impegni verdi. Questo è stato il messaggio contrastante dei ministri del clima delle principali democrazie industrializzate del mondo, secondo Politico (Politico, 27/05/2022). Il G7 ha chiesto la fine degli investimenti internazionali nei combustibili fossili entro la fine di quest’anno e ha criticato gli investitori privati per aver continuato a sostenere l’energia non verde, ma ha lasciato un grande vantaggio per i paesi dell’UE alla disperata ricerca di sostituire il gas russo. Infatti, i vari ministri partecipanti hanno dichiarato: “Riconosciamo che gli investimenti nel settore del gas naturale liquefatto sono necessari per rispondere all’attuale crisi, in modo coerente con i nostri obiettivi climatici e senza creare effetti di lock-in“. La speranza è che gli investimenti programmati vengano indirizzati a progetti con il potenziale di venire convertiti in soluzioni più in linea con gli obiettivi climatici: un esempio su tutti è rappresentato dal realizzare infrastrutture per il gas che prevedano un eventuale e futuro utilizzo delle stesse per l’idrogeno verde.
Se la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi, non sarà assurdo affermare che c’è un pizzico di follia nell’idea di voler proseguire con pratiche che sono state definite dannose non solo per l’ambiente ma anche per l’essere umano da numerosi studi, ribaditi ogni qualvolta che un nuovo rapporto IPCC viene pubblicato.
Finanza verde ed efficienza energetica come soluzione?
Riprendendo un passaggio di Lindsay Meiman pubblicato per RiEnergia: “ad oggi, solo 100 compagnie di combustibili fossili sono responsabili di più del 70% dell’inquinamento provocato dalla Rivoluzione Industriale in poi. A questi si aggiungono le responsabilità delle istituzioni finanziarie che hanno supportato gli idrocarburi con miliardi di euro: supporto che non è terminato nemmeno dopo la firma degli Accordi di Parigi. Per questo il settore finanziario è posizionato come nessun altro per porre fine al cambiamento climatico e finanziare il supporto ad un’industria responsabile del caos climatico. Il Segretario generale dell’ONU Guterres ha detto: «Gli scienziati avvertono che siamo già pericolosamente vicini a punti di rottura che possono portarci ad impatti climatici a cascata e irreversibili. Eppure, non solo governi e corporation stanno facendo finta di nulla, ma aggiungono fuoco alle fiamme. Queste stanno strozzando il nostro pianeta, basandosi sui loro interessi di parte e gli investimenti storici in idrocarburi, quando più convenienti soluzioni che passano per le rinnovabili sono disponibili, offrendo lavori sostenibili, sicurezza energetica e maggiore stabilità nei prezzi. Investire in nuove infrastrutture fossili, continua Guterres, è una pazzia morale ed economica». Oggi, le rinnovabili sono più competitive del carbone (ma anche di tutti i combustibili fossili) e i progetti di energia rinnovabile stanno avendo costi capitali più bassi rispetto alle energie più inquinanti. Per i prossimi anni, però, bisogna evitare di continuare a basarsi su economie di estrazione che sfruttano i lavoratori, le nostre comunità e il nostro prezioso pianeta.” (Rienergia, 10/05/2022). Il più grande potenziale per un massiccio risparmio energetico risiede nella decarbonizzazione del parco immobiliare dei Paesi dell’UE. Ma per essere efficaci, le misure devono essere accompagnate da una politica e da un quadro normativo dell’UE forti e adeguate. A questo si unisce la necessità di indirizzare gli investimenti (pubblici e privati) a pratiche innovative e che dimostrino le potenzialità del settore della green economy. REPowerEU dovrà dunque includere misure credibili e attuabili che governi, cittadini e industria possano attuare senza subire conseguenze economico-sociali ingestibili. A sostegno di ciò, l’UE può contare su tecnologie pulite e made in Europe che costituiscono il centro della transizione energetica. Inoltre, investimenti e quadri normativi dovranno essere coraggiosi e far evitare di cadere in nuove trappole energetiche.