0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

#Turchia2023Elezioni Turchia: “Io sono alevita” e la sfida di...

Elezioni Turchia: “Io sono alevita” e la sfida di Kılıçdaroğlu al nazionalismo religioso

-

Lo scorso 19 aprile in un video pubblicato su Twitter diventato subito virale Kemal Kılıçdaroğlu – candidato presidente dei sei partiti di opposizione – ha rivendicato la sua fede alevita, sottolineando come l’identità di ogni individuo vada tutelata. Il video – pubblicato in piena campagna elettorale – invita in particolare i giovani a dare il loro voto per una società nuova, più inclusiva e priva di discriminazioni.

Da un punto di vista elettorale, tale dichiarazione era completamente inaspettata se si pensa che l’Alevismo è ancora oggi un tabù nel paese, e che le prime preoccupazioni dei sostenitori di Kılıçdaroğlu riguardavano quanto le sue origini potessero allontanare i cittadini più conservatori. Le parole del leader del CHP fanno quindi leva sulla polarizzazione che il paese ha attraversato negli ultimi anni, delineando una posizione netta che l’opposizione – data la sua eterogeneità – non è sempre riuscita a prendere su altri temi.

In secondo luogo, l’interrogativo che sorge nell’ascoltare le dichiarazioni del candidato è cosa significhi, in Turchia, appartenere a un gruppo di religione musulmana non sunnita. Gli aleviti in Turchia costituiscono all’incirca tra il 15% e il 20% della popolazione, essendo così il gruppo religioso minoritario più grande del paese. L’Alevismo nasce nel tredicesimo secolo in Anatolia, prendendo le distanze dal sunnismo e differenziandosi dallo sciismo, dal quale incorpora però alcune credenze e consuetudini. Nonostante questo, la questione di una “identità” alevita, e il definire l’Alevismo come una religione sono sempre stati argomenti controversi.

Infatti, un vero processo di assimilazione di tale comunità non è mai stato realizzato. La spietata repressione dell’Impero Ottomano venne seguita dall’approccio “laico” della Repubblica, comunque sostenitrice di un nazionalismo esclusivo fondato sul sentimento turco-sunnita. Con la nascita del pluralismo e delle rivendicazioni religiose della seconda metà del secolo, la frattura si ampliò nuovamente raggiungendo alle volte forme violente – socialmente accettate – ai danni della minoranza alevita. Ad esempio, nel 1993, in seguito al massacro di Sivas dove trentatré aleviti persero la vita in un incendio, un periodico islamico giustificò l’accaduto e il Primo Ministro precisò che “nessun cittadino aveva sofferto”.

Alle affermazioni di Kılıçdaroğlu, Erdogan ha risposto rivendicando l’unicità dell’identità islamica, asserendo – nello specifico – che non vi sono differenze tra le varie correnti, e che l’identità del cittadino turco è quella musulmana. Infine, nel corso del comizio, ha chiesto perché il candidato presidente avversario, all’età di 74 anni, abbia deciso improvvisamente di dichiarare pubblicamente la propria identità. Su quest’ultima questione, va detto che la fede del leader del CHP era già nota nonostante non ci fossero state dichiarazioni in merito, e che già nel 2011 – all’indomani delle elezioni parlamentari – Erdogan aveva fatto pubblico riferimento al credo alevita del suo avversario politico nell’intento di screditarlo.

La negazione di una “identità” alevita è coerente con l’approccio che l’AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) ha avuto nei confronti di tale comunità sin dai primi anni al potere. Infatti, nonostante all’inizio il governo tentò una riappacificazione tra sunniti e aleviti – nell’ottica del moderatismo e dell’europeismo che caratterizzavano la prima politica di Erdogan -, il fattore identitario non venne mai preso in considerazione. L’Alevismo veniva quindi considerato dalla politica alla stregua di un gruppo folcloristico e culturale, una confraternita alla quale non potevano essere riconosciuti i diritti propri alle religioni, tra cui quello di ricevere fondi statali per finanziarsi. La mancanza di riconoscimento è arrivata alla Corte Europea dei Diritti Umani che ha condannato la Turchia in tre occasioni, senza però poter entrare nel merito della dottrina sunnita.

Nella sentenza “Hasan e Eylem Zengin c. Turchia, 2008” – la quale verrà confermata anche dalla Corte Costituzionale – la Corte definì contraria ai principi di laicità statale la possibilità di esenzione dagli studi religiosi data esclusivamente a cristiani ed ebrei, senza tenere conto di coloro che professano un’interpretazione dell’islam diversa da quella sunnita. In “Mansur Yalçin e altri c. Turchia, 2015” è stato ritenuto discriminatorio, e contrario al principio di libertà di religione, il programma scolastico turco fortemente incentrato sulla religione sunnita che escludeva la storia e la filosofia alevita.

Infine, significativa è anche la decisione “Cumhuriyetçi Eğitim Ve Kültür Merkezi Vakfı c. Turchia” nella quale – nel 2014 – Ankara venne condannata per il mancato riconoscimento della “Cemevi” come luogo di culto della confessione alevita distinta dalla moschea sunnita. I rapporti nel corso degli anni hanno però continuato a peggiore, trovando il culmine nella svolta autocratica di Erdogan nel 2016, quando i conflitti tra stato e opposizioni – e ancor di più con i gruppi minoritari ostili al governo – si sono inaspriti in un clima di sospetto e diffidenza. Le dichiarazioni di Kılıçdaroğlu si pongono quindi in radicale discontinuità con la storia del paese e del suo rapporto con i gruppi minoritari, allineandosi sulla posizione della Corte di Strasburgo e sulle richieste dell’UE in merito alla richiesta di adesione. Nonostante questo, deve essere tenuto presente che l’argomento è altamente divisivo al punto da aver posto problemi di sicurezza in passato, e che quindi necessita risposte complessive. Ad ogni modo, non si può non apprezzare che – seppure al seguito di calcoli elettorali – l’opposizione alla politica divisiva dell’AKP abbia preso posizioni chiare rivolgendosi a un elettorato “giovane e inclusivo”.

Articoli Correlati

Cosa succede al confine tra Pakistan ed Afghanistan?

Schiavo della visione offuscata dei propri vertici militari, il governo di Islamabad appare oggi intrappolato in un circolo vizioso di...

Un futuro per Gaza: un’autorità provvisoria e una forza di sicurezza

Una soluzione attraverso il diritto internazionale e la diplomazia Il futuro per Gaza dovrà fondarsi sui principi del diritto internazionale...

Il futuro di Gaza dovrà superare l’ideologia oscurantista di Hamas

Ad Israele sono state contestate le responsabilità per le politiche discriminatorie nei territori occupati e ora  si richiama giustamente...

Israeli-Palestinian Conflict: Interview with Fritz Froehlich, Development and humanitarian consultant

To better assess the current war between Israel and the Palestinian movement Hamas the Research Center Geopolitica.info has met...