Alle elezioni parlamentati che si sono svolte il 17 dicembre, il popolo ha deciso di optare per l’astensione. Infatti, secondo i dati ufficiali – annunciati dall’Istance Supérieure Indépendante pour les Élections – il tasso di affluenza alle urne ha registrato l’11,2% (in leggero aumento rispetto all’8,8% dichiarato nelle ore successive alla chiusura dei seggi). L’opposizione presente nel paese maghrebino, raggruppata nel Fronte di salvezza nazionale e guidata dal leader Ahmed Nejib Chebbi, ha chiesto le immediate dimissioni del presidente Kaïs Saïed ed elezioni presidenziali anticipate.
Gli elettori tunisini sono stati chiamati a votare per eleggere i membri della Camera bassa del parlamento, l’Assemblea dei rappresentanti del popolo. Le ultime elezioni legislative si sono svolte nel 2019, ma i membri non hanno potuto completare il loro mandato quinquennale dopo la scelta del presidente di sciogliere il parlamento. In base alla nuova Costituzione, la Tunisia ha ora un parlamento bicamerale. La camera alta, l’Assemblea nazionale delle regioni e dei distretti, sarà eletta indirettamente in una data ancora da definire. La Camera bassa è composta invece da 161 deputati (rispetto ai 217 del precedente sistema), eletti direttamente per un mandato quinquennale. I risultati ufficiali delle elezioni saranno annunciati il prossimo 19 gennaio e la prima riunione dovrebbe essere convocata dal presidente entro marzo del 2023.
Dopo aver sospeso il parlamento, sciolto il governo ed esautorato qualsiasi forma di contropotere nel luglio dello scorso anno, Saïed ha introdotto una nuova Costituzione, riducendo notevolmente l’importanza dei partiti politici all’interno del sistema. Proprio contro i partiti – colpevoli dell’economia in declino e della forte disoccupazione, secondo i sostenitori dell’attuale presidenza –, l’attuale presidente ha lanciato la sua sfida. Saïed ha incoraggiato infatti gli individui a candidarsi autonomamente, promuovendo programmi in favore delle loro stesse comunità. Il risultato è stato di oltre un migliaio di candidati per i soli 161 seggi a disposizione e una forte incertezza per coloro che avrebbero dovuto esprimere la propria scelta. La nuova legge elettorale prevede elezioni dirette attraverso un sistema maggioritario a doppio turno. Ciò fa seguito agli emendamenti alla precedente legge elettorale emanati lo scorso settembre che hanno cambiato il sistema. Inoltre, con la rivisitata legge elettorale non è stata incoraggiata la rappresentanza delle donne e delle minoranze: è stato eliminato l’obbligo di alternare candidati uomini e donne nella lista e di includere candidati sotto i 35 anni e persone con disabilità.
Il forte astensionismo indica come allo stato attuale ci siano fasce della popolazione che non credono più nella politica e nel fatto che un nuovo governo possa garantire condizioni di vita migliori di quelle attuali. Un dato simile era stato già protagonista nel voto del 25 luglio scorso – quello sull’approvazione della nuova Costituzione in sostituzione di quella del 2014 – quando l’astensione si era attestata a circa il 70%. Un fenomeno che, oltre a confermare quanto già detto, aggiunge un altro elemento, ossia che la silenziosa opposizione a Kaïs Saïed preferisce delegittimare l’attività politica del governo promuovendo un boicottaggio del voto piuttosto che esprimere il rifiuto attraverso le urne.
Oltre alla crisi politica, il paese continua a vivere una gravissima crisi economica, con dati che non spiegano realmente le condizioni di vita in cui versa la maggior parte della popolazione: la disoccupazione è al 16% (quella giovanile al 40%), il tasso d’inflazione all’8% e la crisi alimentare è aggravata dalle mancate importazioni a causa del conflitto in Ucraina. Il potere d’acquisto è praticamente crollato e lo Stato non riesce a trovare soluzioni. In cambio del supporto delle istituzioni finanziarie internazionali, vengono richieste riforme che creano non pochi malumori all’interno della società: dal congelamento delle assunzioni nella pubblica amministrazione a un piano ingente di prepensionamenti, dalla riforma delle sovvenzioni statali alla privatizzazione di importanti aziende pubbliche. Tuttavia, i detrattori del presidente sostengono come non esista un programma economico o sociale preciso per risolvere l’attuale crisi e che Saïed stia semplicemente guadagnando tempo per rafforzare la sua posizione politica.
Nel breve periodo il decisore politico della Tunisia resterà quindi l’attuale presidente, anche grazie alla nuova Costituzione che lo pone come unico arbitro del paese. Nonostante la mancata legittimità popolare, appare complicato ad oggi immaginare infatti un cambio di rotta da parte dell’ex professore di diritto costituzionale.