Il Presidente del Tajikistan Emomali Rahmon è stato rieletto per la quinta volta con il 91% dei voti. Le elezioni di domenica 11 ottobre hanno avuto un’affluenza del 85,4% ed hanno assicurato a Rahmon altri sette anni come Presidente-dittatore del paese. Essendo in carica del 1993, egli è il più longevo tra i leader dei Paesi dell’ex-URSS.
Le elezioni, programmate per i primi di novembre, sono state anticipate alla scorsa domenica. La decisione presa dal Parlamento ad agosto è stata una mossa politica: Rahmon si è assicurato la presidenza prima che il clima politico e sociale non peggiori ulteriormente per via della crisi economica e sanitaria che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi. Dal punto di vista economico, la pandemia ha impedito ai molti lavoratori tagiki emigrati in Russia e in Kazakhistan di inviare le rimesse in patria (le rimesse nel 2019 componevano il 33% del PIL tagiko). Dal punto di vista sanitario, il Tajikistan, a seguito di pressioni internazionali, ha iniziato a segnalare i casi di Covid solo l’8 ottobre, registrando circa 10 mila casi e 78 decessi. Ora che è stato rieletto, Rahmon può “ammettere” e affrontare tali problemi.
Una ricandidatura in dubbio fino all’ultimo momento
Fin da quando è salito al potere Rahmon, nessuna elezione in Tajikistan è stata giudicata libera e regolare degli osservatori internazionali e anche nella votazione di domenica si denunciano brogli e irregolarità. Ma la ricandidatura del Presidente era stata in dubbio fino all’ultimo momento. Infatti, considerata la sua età, molti analisti sostenevano che avrebbe lasciato il posto al figlio, Rustam Emomali, già sindaco della capitale Dushanbe e Presidente dell’Assemblea nazionale. Quest’ipotesi era avvalorata anche dalle modifiche apportate alla costituzione nel 2016 che abbassavano l’età minima per la presidenza a 30 anni (Rustam Emomali ha 32 anni). Tuttavia, tra i nuovi emendamenti costituzionali approvati recentemente figurava anche la rimozione del limite di due mandati consecutivi per la Presidenza.
I candidati “fantoccio”
Alle elezioni si sono presentati anche altri candidati ma con una funzione puramente formale, in quanto la vittoria di Emomali Rahmon era scontata: Rustam Latifzoda del Partito Agrario (3,03% dei voti), Rustam Rahmatzoda del Partito delle Riforme Economiche (2,15%), Miroj Abdulloev del Partito Comunista (1,17%), Abduhalim Ghafforov del Partito Socialista (1,49%). I quattro candidati sostengono comunque posizioni filogovernative e dichiarano pieno appoggio al Presidente.
L’unica forza politica indipendente e che poteva essere considerata l’unico baluardo dell’opposizione, il “Partito della Rinascita Islamica”, è stata al centro di una pesante repressione governativa attraverso arresti, intimidazioni ed omicidi. Inoltre, il partito è stato inserito dalla Corte Suprema nella lista delle organizzazioni terroristiche. Espressione della corrente più moderata dell’islam politico, il Partito della Rinascita Islamica è stato di fatto estromesso dalla vita politica, a causa delle recenti modifiche alla Costituzione che impediscono espressamente a qualunque partito con basi religiose di candidarsi alle elezioni.
Se la riconferma di Emomali Rahmon era scontata, non lo saranno i prossimi sette anni. Dal punto di vista geopolitico, il Tajikistan è stretto da due potenze: da una parte la Russia, presente nel paese con due importanti basi militari, e dell’altra la Cina attraverso la Belt and Road Initiative a la conseguente “trappola del debito”. Dal punto di vista interno, Rahmon sarà costretto a cambiare la sua attitudine ed ammettere pubblicamente i problemi che il Paese deve affrontare, ad iniziare dalla gestione della pandemia di coronavirus.
Chiara Minora
Geopolitica.info