Si è svolto ieri il primo e unico dibattito televisivo tra i candidati in vista delle elezioni presidenziali dell’11 gennaio a Taiwan. Protagonisti sono stati i due principali candidati presidenti: l’uscente Tsai Ing-wen, del Partito democratico popolare, e Han Kuo-yu, rappresentante del Partito nazionalista e sindaco di Kaoshiung, seconda città taiwanese. È in corsa anche James Soong, candidato del People First Party,
(Un articolo di Raffaele Cazzola Hofmann già apparso su Nova)
L’andamento del dibattito ha riflesso la differente situazione in cui si trovano Tsai e Han. La presidente, che fino alla difficoltosa designazione a candidata da parte del Dpp era apparsa in grave crisi nei sondaggi, è considerata protagonista di una evidente rimonta. Secondo i sondaggi pre-dibattito – in sostanza gli ultimi visto che dal 1° gennaio scatterà il divieto di pubblicazione – Tsai sarebbe sopra Han di circa 10 punti.
Durante il dibattito Tsai ha puntato sul proprio momento positivo che è il riflesso anzitutto di una situazione economica nel complesso positiva. Gli investimenti esteri a Taiwan sono in forte crescita: il ministero per gli Affari economici ha indicato un +20 per cento su base annua nel periodo gennaio-novembre. Il programma di incentivi per il rientro in patria di aziende che avevano delocalizzato in Cina viene presentato come un successo: oltre 150 aziende vi hanno aderito e questo pone le basi per la creazione di nuovi posti di lavoro. A livello politico, nonostante la perdita di ulteriori alleati diplomatici passati dalla parte della Cina, Taiwan ha visto perfino confermato il sostegno degli Usa a livello politico e militare.

Han, indubbiamente carismatico, ha visto gli iniziali exploit nei sondaggi della scorsa primavera spegnersi progressivamente. A fronte dei successi politici ed economici rivendicati da Tsai, nelle ultime settimane ha dovuto più che altro pensare a ribadire che egli, se eletto, non sarebbe un presidente arrendevole nei confronti della Cina. Durante il dibattito egli ha dovuto affermare espressamente che da presidente la sua priorità sarebbe quella di difendere la sovranità della Repubblica di Cina (il nome ufficiale di Taiwan). La crisi di Hong Kong ha certo avuto un ruolo mettendo di fatto in difficoltà Han e consentendo a Tsai di ergersi a difensore dell’integrità taiwanese nei confronti della Cina.
L’11 gennaio si voterà anche per il Parlamento ma la partita decisiva è quella per il presidente, che a Taiwan ha funzioni esecutive dettando le politiche interne poi affidate all’attuazione del governo e gestendo sostanzialmente in prima persona la politica estera, decisiva per un Paese la cui priorità è difendere la propria sovranità.