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TematicheAmbiente, Infrastrutture ed EnergiaEffetti indesiderati delle sanzioni europee: raffinerie in bilico

Effetti indesiderati delle sanzioni europee: raffinerie in bilico

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Mantenere e creare rapporti commerciali con stati illiberali, che hanno costellato la storia recente di ripetute violazioni del diritto internazionale, è tutt’altro che insolito. Tuttavia, ciò che risalta è la perpetuazione di progetti e accordi di alcuni Stati membri con la Russia, nonostante il ruolo già preponderante nel mix energetico e le pregresse esperienze di uso geopolitico dell’energia risalenti alla prima invasione dell’Ucraina avvenuta nel 2014. A discapito di una maggiore ed equilibrata diversificazione, molti Stati membri hanno coltivato una forte interdipendenza con la Russia, di cui oggi se ne soffrono le conseguenze.

Le sanzioni occidentali 

Dal 24 febbraio 2022 l’Unione Europea ha adottato sei pacchetti di sanzioni contro la Federazione Russa, per condannare l’invasione dell’Ucraina e porre una sempre maggiore pressione economica sulla Russia con l’obiettivo di minare la sua capacità di protrarre il conflitto. L’ultimo pacchetto, sul quale è stato raggiunto un accordo in Consiglio Europeo il 31 maggio 2022, ha di fatto soddisfatto le richieste di una buona parte della società comune sull’importazione del petrolio russo. Il pacchetto introduce un divieto che riguarda tutto il greggio ed i prodotti petroliferi russi introdotti via trasporto marittimo

Questi corrispondono al 90% delle attuali importazioni di petrolio russo in UE. Anche se è previsto un tempo di decorrenza pari a sei mesi per la messa in atto dell’embargo, la decisione è ambiziosa, vista l’ampia dipendenza di alcuni Stati Membri per la fornitura di petrolio e derivati. In virtù di tale dipendenza, la Croazia e la Bulgaria sono state esentate dal divieto tramite una deroga che permette loro di acquistare il petrolio via mare rispettivamente fino a dicembre 2023 e dicembre 2024 (European Commission, 03/06/2022). I Paesi che importano tramite oleodotto e che non hanno sbocco sul mare, quali l’Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca costituiscono il 10% di importazioni temporaneamente esentate. Anche la Polonia e la Germania importano grandi quantità di greggio tramite oleodotto, ciononostante si sono impegnate a cessarne l’acquisto entro il 2022 (Reuters, 31/05/2022). 

Il caso Isab 

Negli ultimi mesi si è registrato quello che probabilmente sarà l’ultimo drastico rialzo delle importazioni di petrolio russo in Italia da qui ai prossimi anni, facendo scalare al paese la classifica dei maggiori importatori UE. Quadruplicando le quantità di febbraio, nel mese di maggio si è toccato il picco dei 450 mila barili (Financial Times, 20/05/2022). Sarebbe logico aspettarsi una diminuzione delle forniture in vista del futuro divieto, tuttavia, il paradosso si spiega tramite la vicenda che riguarda l’impianto di raffinazione Isab, al quale i due terzi delle forniture sono stati destinati. 

L’Isab è un impianto di raffinazione, gassificazione e cogenerazione di energia elettrica creato nel 1972 nel polo petrolchimico di Priolo Gargallo, in Sicilia, nella provincia siracusana. Dal 2008 in poi, il gruppo Lukoil ha cominciato ad acquistare delle quote azionarie dell’Isab fino ad arrivare a possedere il 100% del capitale sociale nel 2013 (Lukoil, 2022). La società svizzera Litasco, che si occupa di commercializzazione e distribuzione di petrolio, è una consociata del gruppo Lukoil ed è di fatto proprietaria dello stabilimento Isab, di cui gestisce il 90% delle vendite dei prodotti raffinati (Reuters, 26/04/2022). 

La raffineria svolge un ruolo preponderante nella provincia, costituendo il 51% del suo PIL, con 1000 dipendenti diretti ed un indotto di circa 2000. A livello nazionale si classifica come la più grande raffineria, rappresentando il 22% della capacità di raffinazione complessiva Italiana (Il Post, 21/06/2022).

Prima dell’invasione dell’Ucraina e delle sanzioni, lo stabilimento aveva diverse fonti di approvvigionamento internazionali e la quota russa ammontava a circa il 30-40%. Sebbene il gruppo Lukoil non sia sottoposto a sanzioni, da marzo in poi l’impianto si è trovato costretto a rifornirsi unicamente dalla casa madre russa (Financial Times, 20/05/2022). Infatti, le banche europee hanno chiuso le linee di credito e hanno smesso di fornire le garanzie necessarie per acquistare greggio all’estero. La scelta dei creditori è probabilmente sostanziata dal timore di incorrere in future potenziali sanzioni, in generale i partner commerciali si sono allontanati dalle società di proprietà russa da quando sono entrate in vigore le sanzioni occidentali (Associated Press, 01/06/2022). 

Se la raffineria dovesse continuare ad operare solo con il petrolio russo, una volta reso effettivo il divieto, sarà destinata a chiudere, con severe ripercussioni per l’intero polo petrolchimico, uno dei più importanti hub energetici europei, così come per il porto di Augusta. Da quest’ultimo passano decine di tonnellate di merci ogni anno, tra cui ingenti quantità di prodotti petroliferi, in parte destinati alla raffineria Isab che viene rifornita unicamente via mare (Il Sole 24 Ore, 26/04/2022).

Sebbene il Ministro dello sviluppo economico Giorgetti ad aprile abbia dichiarato che la vicenda non fosse una priorità del governo e la nazionalizzazione dello stabilimento non fosse in agenda, ha espresso preoccupazione per le implicazioni sociali per l’area (Reuters, 26/04/2022). A fine aprile, l’agenzia di stampa Reuters, citando fonti interne, parla di una valutazione da parte del governo dell’opzione di una temporanea nazionalizzazione (Reuters, 26/04/2022). Tuttavia, in questi mesi non ci sono stati parecchi sviluppi. 

A giugno il Ministro della transizione ecologica Cingolani, durante un convegno, interrogato sulla materia, è rimasto piuttosto vago (Euractiv, 13/06/2022). Cingolani ha fatto riferimento all’approccio tedesco, dichiarando che è attualmente sotto esame come esempio da applicare in Italia. L’altra opzione sarebbe l’intervento di un compratore esterno disponibile a rilevare la raffineria. 

Il modello tedesco 

La Germania ha intrapreso una serie di step volti a modificare la ormai obsoleta legislazione riguardante la sicurezza energetica risalente al 1975. In funzione del rischio sempre più concreto di un’imprevedibile interruzione delle forniture russe, la Germania ha ritenuto opportuno stabilire un modo per garantire il proprio fabbisogno energetico ed elettrico in scenari estremi. Uno degli emendamenti recentemente adottati mira proprio a questo, rendendo più semplice l’assunzione del controllo di attività e aziende fondamentali per la fornitura nazionale di energia (Energy Connects, 13/05/2022). 

Da un punto di vista societario, il controllo di tali asset può avvenire tramite un trust o come ultima ratio l’espropriazione (Reuters, 26/04/2022). Il target dell’emendamento è qualunque azienda che ricopre un ruolo critico nell’infrastruttura energetica tedesca e che non sia più in grado di adempiere adeguatamente ai propri obblighi. 

Ritorniamo in Italia: ultimi sviluppi 

La settimana scorsa è stato introdotto ed approvato un emendamento ‘salva-Isab’ nel Decreto Legge Aiuti in Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera. Si tratta dell’istituzione di un Tavolo di coordinamento volto a trovare delle soluzioni per affrontare le criticità createsi in relazione alle condizioni di approvvigionamento dell’Isab  e che si riconosce avrebbero un impatto disastroso sulle aree industriali e portuali e sulle piccole e medie imprese collegate (Camera dei Deputati, 02/07/2022). Entro dieci giorni dall’entrata in vigore del dl viene dunque istituito presso il MISE un Tavolo a cui partecipano il Ministro della transizione ecologica, dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, insieme ai rappresentanti dell’azienda. 

Confindustria Siracusa ha accolto positivamente il provvedimento normativo con delle riserve sulle tempistiche (Siracusa News, 05/07/2022). Infatti, rispetto all’insorgere della crisi la convocazione dei vari ministeri risulta tardiva. Si auspica dunque un celere coordinamento in quanto un’eventuale sostituzione delle forniture russe richiederebbe tempi lunghi come qualsiasi transazione commerciale, soprattutto di questa portata (Confindustria Siracusa, 04/07/2022).

I sindacati da prima del provvedimento chiedono che il governo stesso si ponga come garante, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, per permettere alla raffineria di acquistare petrolio su altri mercati (Il Post, 21/06/2022).

A proposito della richiesta da parte della Regione Siciliana rivolta al Mise per il riconoscimento dell’Isab come area di crisi industriale complessa, il Ministro Giorgetti ha risposto durante un’interrogazione parlamentare tenutasi il 6 luglio affermando che non vi sono le condizioni per riconoscerla come tale (MISE, 2022). La vicenda, però, è strettamente connessa a ‘rilevanti questioni di ordine e di strategia di sicurezza nazionale’ e perciò ‘coinvolge il governo al suo apice’ (Camera dei Deputati, 06/07/2022). 

Altri casi in Europa 

L’Italia non è l’unico paese europeo ad avere un impianto di raffinazione di proprietà del gruppo Lukoil sul proprio territorio. Nonostante ciò, per una serie di circostanze, negli altri Stati membri (Romania, Bulgaria e Paesi Bassi) non si sono create situazioni analoghe. Nel caso della Romania, la Petrotel-Lukoil lavora sia petrolio russo che rumeno, l’importazione avviene tramite oleodotto, che dunque permetterà la continuazione dell’import anche dopo l’embargo (Petrotel Lukoil, 2022). Alla Bulgaria, come già accennato, è stata concessa una deroga all’embargo fino alla fine del 2024, quindi la raffineria Lukoil Neftohim Burgas potrà continuare ad operare con petrolio russo (Neftohim Burgas, 2022). Infine, l’impianto Zeeland, localizzato nei Paesi Bassi, è una joint venture tra TotalEnergies e Lukoil, di cui quest’ultima detiene il 45%  (Lukoil, 2022). I dati sulle forniture di questa raffineria non sono noti.

D’altra parte, altre compagnie petrolifere russe quali Gazpromneft e Rosneft operano diversi stabilimenti e strutture in tutto il territorio europeo. Emblematico è il caso dell’impianto di raffinazione PCK a Schwedt in Germania, in cui per l’appunto la Germania potrebbe applicare il cosiddetto ‘metodo’ menzionato dal Ministro Cingolani (Reuters, 06/04/2022). L’impianto PCK è per il 54,17% di proprietà di Rosneft e il greggio che lavora proviene interamente dalla Russia. Oltretutto, la raffineria è la fonte principale di approvvigionamento per la città di Berlino, di alcune zone della Germania orientale e della Polonia.  

Attraverso i recenti aggiornamenti della legislazione sulla sicurezza energetica, Berlino potrebbe prendere il controllo dell’azienda o addirittura espropriarla. Tali misure sono da applicare quando non vi sono altre alternative, quindi prima di procedere in questa direzione, si stanno vagliando tutte le altre opzioni con gli stakeholders occidentali coinvolti, anche se esitanti ad intervenire. Inoltre, un altro freno è posto dal timore di ritorsioni da parte di Mosca sulle forniture di gas (Reuters, 14/06/2022). 

Si vedrà solo nei prossimi mesi se e come i singoli Stati membri saranno in grado di destreggiarsi per arginare gli effetti indesiderati delle sanzioni sul proprio territorio. Ciò che è certo è che coordinamento e aiuto reciproco possano solo beneficiare questi processi. 

Nel panorama italiano si auspica un intervento governativo deciso per una gestione quanto più possibile efficace dei tempi di crisi che si prospettano. A quel punto, l’impatto ci sarà, ma ne varrà la pena se l’alternativa è guardare inermi il brutale ed insensato attacco russo dell’Ucraina, contribuendo al suo finanziamento. 

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