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Ripensare l’uso della forza? L’ECOWAS e la regionalizzazione delle operazioni di pace in Africa

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Con la fine della guerra fredda si è consolidata la tendenza a dislocare operazioni di pace di natura regionale. L’Economic Community of West African States (ECOWAS) ha sin da subito svolto un ruolo importante per la regione dell’Africa Occidentale. La base legale per questo tipo di operazioni deriva dal Capitolo 8 della Carta delle Nazioni Unite, il quale all’Articolo 52 non esclude la possibilità per organizzazioni o accordi regionali di trattare questioni concernenti la pace e la sicurezza internazionale, comprendendo anche la possibilità di fare di tali organizzazioni strumenti per l’azione del Consiglio di Sicurezza e salva la condizione di tenere quest’ultimo costantemente informato delle azioni delle dette organizzazioni. Le operazioni di pace attuate da organizzazioni regionali possono beneficiare di diversi vantaggi, come la vicinanza geografica al teatro del conflitto, elemento questo che permette un rapido dispiegamento di mezzi e truppe. Inoltre, le organizzazioni regionali godono spesso di maggiore legittimità rispetto ad attori “esterni” e possono contare su una maggiore conoscenza della specifica realtà sul campo. Data la recente natura di questo fenomeno, però, è importante tenere in considerazione il fatto che molte di queste organizzazioni hanno poca esperienza nell’implementazione di operazioni di pace. Inoltre, il variegato universo delle organizzazioni regionali pone diverse sfide interpretative sull’attuazione dei rispettivi mandati.

Ripensare l’uso della forza: l’ECOWAS in Liberia

Quando il governo liberiano venne minacciato dalla ribellione posta in essere dal National Patriotic Front of Liberia (NPFL) di Charles Taylor, nel dicembre del 1989, l’allora presidente Samuel Doe chiese con urgenza l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Anche a causa dei tentennamenti di quest’ultimo, nel 1990, l’ECOWAS Standing Mediation Committee, alla presenza di solo cinque dei suoi sedici membri (Gambia, Ghana, Nigeria, Guinea e Sierra Leone) e dopo aver richiesto a gran voce un cessate il fuoco, istituì l’ECOWAS Monitoring Group (ECOMOG). Il mandato di ECOMOG era volto a far mantenere il cessato il fuoco e supportare la formazione di un governo provvisorio al fine di organizzare libere elezioni in un anno. Quando, però, l’NPFL di Taylor violò il cessate il fuoco nel 1992, le truppe in dotazione a ECOMOG reagirono non solo difendendo Monrovia, elemento questo che poteva essere interpretato come parte del mandato data la violazione del cessate il fuoco, ma anche respingendo il più possibile l’NPFL, arrivando a riconquistare parte del territorio occupato dai ribelli. Un uso della forza che da difensivo si era trasformato in offensivo, dando vita a una vera e propria operazione militare di riconquista del territorio. Questa reinterpretazione dell’uso della forza durante un’operazione di pace aprì un dibattito sulla legittimità legale di ECOMOG. Come ricordano Williams e Bellamy (2021), il mandato di ECOMOG era rivolto a favorire una mediazione del conflitto attraverso misure di mantenimento del cessate il fuoco e di supporto a una transizione democratica. ECOMOG, invece, si rese protagonista di un’operazione militare di natura offensiva che andò a imporre un certo indirizzo al conflitto. Inoltre, l’ECOWAS non prese pienamente in considerazione il ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel dispiegamento di ECOMOG, nonostante New York fosse stata tenuta costantemente informata riguardo le azioni dell’operazione, mantenendo di conseguenza una facciata di legalità sotto il citato capitolo 8 della Carta ONU. Nonostante questo uso della forza e il successivo dislocamento dell’operazione UNOMIL (United Nations Observation Mission in Liberia), il risultato della crisi liberiana non cambiò, in quanto Taylor assunse la presidenza del paese nel 1997. ECOMOG si presentò come un’alternativa, soprattutto in termini di mandato, alle più comuni operazioni a guida ONU, attirandosi tuttavia diverse critiche sia da un punto di vista legale che geopolitico. Numerose furono, infatti, le voci che accusavano l’operazione di essere vittima delle aspirazioni egemoniche della Nigeria

Ripensare l’uso della forza: l’ECOWAS in Gambia 

Nel dicembre 2016, il dittatore Yahya Jammeh perse le elezioni a favore del candidato Adama Barrow. Jammeh, come prevedibile, contestò il risultato elettorale, dando vita a una disputa politico-istituzionale che paralizzò il paese. L’ECOWAS decise allora di intervenire con l’istituzione di ECOMIG (ECOWAS Mission in the Gambia) con l’obiettivo di assicurare il rispetto del risultato elettorale attraverso una pacifica transizione del potere. Il metodo utilizzato da ECOMIG, però, si rivelò una sfida in termini di interpretazione del mandato e di legalità. Le truppe ECOWAS, infatti, diedero a Jammeh un ultimatum per accettare l’esito delle elezioni. Dopo la presa di posizione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU comune alle istanze dell’ECOWAS, le forze ECOMIG entrarono in Gambia per implementare il mandato. Il robusto dispiegamento di forze venne, di conseguenza, attuato per prevenire il consolidamento di un mantenimento incostituzionale del potere. Tale obiettivo viene spesso cercato attraverso strumenti di natura diplomatica anziché militare; l’ECOWAS, invece, utilizzò la minaccia dell’uso della forza per “convincere” Jammeh ad accettare l’esito della tornata elettorale. Nonostante l’assenso del Consiglio di Sicurezza, ECOMIG ottenne i risultati sperati con metodi e mezzi propri, ponendo ulteriori sfide interpretative alle operazioni di pace regionalizzate. 

Conclusione

Come si è potuto constare in questa breve disamina, la regionalizzazione delle operazioni di pace pone senza dubbio sfide interpretative che ne riguardano sia i mandati che la legittimità legale. Nel caso dell’ECOWAS, i due esempi hanno evidenziato come in più occasioni l’organizzazione africana abbia posto sfide giuridiche ed etiche riguardo l’uso della forza in contesti di crisi per raggiungere gli obiettivi designati della missione. Se nel caso del Gambia, la minaccia dell’uso della forza ha infine prodotto i risultati sperati dalla missione, in Liberia l’uso massiccio della capacità militare ha solo ritardato la presa del potere di Taylor. In un contesto internazionale che vede una sempre maggiore tendenza alla regionalizzazione delle operazioni pace come elemento di cooperazione e burden-sharing per le Nazioni Unite, intraprendere una riflessione sull’interpretazione e l’attuazione di queste questioni chiave è sicuramente di fondamentale importanza.

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