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TematicheRussia e Spazio Post-sovieticoI due fronti della crisi umanitaria in Ucraina

I due fronti della crisi umanitaria in Ucraina

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Dall’invasione russa dell’Ucraina martedì 24 febbraio 2022, centinaia di migliaia di civili ucraini si sono messi in fuga dalle città in guerra, diretti verso le regioni occidentali del Paese o verso i Paesi vicini. Domenica 27 febbraio 2022, la Commissaria europea agli affari interni Johansson, ha affermato che sono già più di 300mila i rifugiati ucraini entrati nei territori dell’Unione Europea (UE) dall’inizio delle azioni militari russe. A questi devono essere aggiunti più di 160mila civili ucraini sfollati all’interno dell’Ucraina stessa.

Si potrebbe trattare di una crisi umanitaria di proporzioni storiche: come spiegato dal Commissario Europeo agli aiuti umanitari Lenarcic, se l’invasione Russa si protraesse a lungo, il numero di rifugiati ucraini diretti verso i territori l’Unione potrebbe salire fino a 5 milioni, e quello degli sfollati all’interno del Paese fino a 7 milioni. Nell’analisi della reazione internazionale a questa nuova crisi umanitaria alle porte dell’Unione Europea, bisogna pertanto tenere in considerazione sia il fronte esterno, ovvero quello di flussi migratori verso i Paesi confinanti, che quello interno all’Ucraina, in termini di sfollati rimasti bloccati nel Paese nei giorni successivi allo scoppio della guerra. 

Fronte esterno: Polonia e Romania in prima linea 

È la geografia a stabilire l’epicentro della crisi migratoria ucraina in Europa centrale. Se da una parte gli sfollati delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Luganks sono stati evacuati in Russia, le (almeno iniziali) destinazioni della restante parte dei profughi ucraini sono gli stati dell’Europa centrale confinanti con l’Ucraina: principalmente Polonia e Romania, ma anche Slovacchia, Ungheria, e Moldavia hanno aperto le loro frontiere. Si tratta soprattutto di donne, bambini, e anziani: gli uomini in età militare tra i 18 e i 60 anni hanno largamente rispettato la legge marziale imposta dal presidente ucraino Zelensky, che li obbliga a rimanere per combattere. 

La Polonia, il cui confine con l’Ucraina supera i 500 chilometri, è la prima destinazione dei profughi ucraini: secondo le guardie di frontiera polacche, più di 200mila sono entrati nel Paese UE dall’inizio dell’invasione russa. La Polonia si stava preparando da settimane al loro arrivo nell’eventualità di un attacco russo, e giovedì 24 febbraio 2022 erano già operativi otto punti di accoglienza dove i rifugiati possono riposare, ricevere cibo, assistenza medica, ed informazioni. Il ministro dell’interno polacco Mariusz ha dichiarato che il Paese è pronto ad accogliere fino a un milione dei rifugiati in arrivo dall’Ucraina. A questo proposito, la Polonia ha già presentato una richiesta di aiuto all’agenzia comunitaria di controllo delle frontiere Frontex, e Johansson ha affermato che la Commissione è pronta a garantire al Paese aiuti economici, così come assistenza dall’Agenzia Europea per l’Asilo e da Europol. Infatti, la Polonia, che nel 2021 ha accolto solamente 5200 rifugiati, non ha certamente la capacità di soddisfare da sola le esigenze di un afflusso di profughi di tale larga scala e per un periodo prolungato. Complessivamente, infatti, il Paese non conta più di 2mila posti letto, distribuiti in dieci centri gestiti dall’Ufficio per gli Stranieri. A questi si possono aggiungere altri 2300 posti della Guardia di Frontiera, dei quali solamente 800 sono attualmente disponibili. 

Non è solo la sovrastimata capacità di accoglienza a stupire, ma soprattutto il cambio di rotta delle politiche migratorie del governo polacco. La Polonia è stata negli ultimi anni uno dei Paesi UE più contrari all’accoglienza dei migranti. La grande disponibilità ad aiutare chi scappa dall’Ucraina può essere però spiegata facendo riferimento alla storia del Paese, che conosce bene il costo dell’occupazione e delle ostilità con la Russia. Per di più, la Polonia ha un legame molto forte con l’Ucraina: sono circa due milioni gli ucraini residenti in Polonia, molti dei quali accolti in seguito all’annessione Russa della Crimea nel 2014. 

Tuttavia, l’accusa di doppio standard nel trattamento dei profughi di origini diverse non è infondata, come dimostrato dal violento respingimento al confine con la Bielorussia dei migranti provenienti dal Medio Oriente, culminato con il recente investimento di più di 400 milioni di euro per la costruzione di un muro lungo il confine con la Bielorussia. Per di più, già nel 2017 la Polonia aveva indicato la sua accoglienza dei migranti ucraini per distogliere l’attenzione dalle sue ostili politiche di migrazione nei confronti dei rifugiati musulmani in fuga da Siria ed Iraq. 

Per quanto riguarda invece la Romania, il governo romeno ha riportato che sono 67mila i civili ucraini a essere entrati nel Paese dall’inizio della guerra in Ucraina. Tuttavia, nonostante il ministro della difesa Dincu avesse assicurato all’inizio di febbraio che il suo Paese era pronto a ricevere fino a 500mila rifugiati ucraini, la Romania si è dimostrata piuttosto riluttante all’apertura di campi profughi. Tale comportamento è stato sostenuto dal Presidente Iohannis, che ha dichiarato di non voler invitare un flusso di rifugiati in Romania, pur dicendosi disponibile a garantire l’aiuto necessario ai rifugiati che si sarebbero presentati al confine del Paese. 

A questo proposito, la polizia di frontiera rumena ha insistito sul fatto che i valichi fossero completamente attrezzati, e che avrebbero potuto chiamare più agenti se necessario. Nonostante le lunghe code segnalate ai checkpoints romeni lungo la frontiera, la posizione di Bucarest è stata confermata da quella di ONG come la Croce Rossa e l’Associazione dei Servizi dei Gesuiti per i Rifugiati che, insieme all’UNICEF, hanno dichiarato di operare nei centri di accoglienza in stretto coordinamento con le autorità del Paese e le centinaia di volontari civili, l’Ispettorato di Emergenza rumeno e i vigili del fuoco. Nonostante la calorosa accoglienza della Romania, e a differenza dei profughi ucraini arrivati in Polonia, la maggior parte di quelli giunti in Romania non intendono rimanere nel Paese, e dichiara di voler ripartire alla volta dei Paesi dell’Europa occidentale, primo tra tutti la Germania, nel tentativo di guadagnare i soldi necessari per sostenere le loro famiglie e la lotta contro gli invasori russi. Si tratta comunque di un grosso sforzo per la Romania, il Paese più povero dell’UE e che, nelle settimane precedenti l’invasione russa, non prevedeva di ricevere un tale afflusso di profughi.

Fronte interno: aiuti umanitari agli sfollati in Ucraina 

Dall’inizio della guerra gli sfollati interni all’Ucraina sono aumentati rapidamente: chi non voleva o non poteva abbandonare il Paese è comunque scappato dalle regioni orientali verso le maggiori città dell’Ucraina occidentale, prima fra tutte Lviv. Tuttavia, come sottolineato da Grandi, il Commissario dell’ONU per i rifugiati, stabilirne il numero e fornire aiuti umanitari, data la continua fluidità della situazione militare, è estremamente difficile. Mentre grandi pacchetti di aiuti dai singoli stati hanno tardato qualche giorno ad arrivare, gruppi come il Comitato Internazionale della Croce Rossa e CARE, un’organizzazione umanitaria internazionale che combatte la povertà e la fame nel mondo, hanno lanciato subito appelli umanitari. Il 25 febbraio 2022 l’ONU ha stanziato 20 milioni di dollari dal Central Emergency Response Fund per aumentare immediatamente l’assistenza umanitaria salvavita e la protezione dei civili in Ucraina. Tali fondi sostengono le operazioni di emergenza lungo la linea di contatto nelle regioni orientali di Donetsk e Lugansk e in altre aree del Paese. Inoltre, il 26 febbraio 2022 l’ONU ha anche lanciato un appello per finanziare le operazioni umanitarie in Ucraina. 

Nei primi giorni della guerra sono stati i singoli stati UE, primo fra tutti la Svezia, ad inviare aiuti umanitari (e militari) all’Ucraina. La risposta dell’UE è arrivata lunedì 28 febbraio, quando la Commissione europea ha annunciato l’invio di armamenti all’Ucraina per 450milioni di euro insieme allo stanziamento di ulteriori 90 milioni di euro per programmi di aiuti di emergenza a favore dei civili colpiti dalla guerra in Ucraina e in Moldova. Questo nuovo strumento umanitario dell’UE fornirà cibo, acqua, medicinali, strumenti di prima accoglienza, e contribuirà a coprire i bisogni di base degli sfollati in Ucraina. In aggiunta, mediante il meccanismo di protezione civile dell’UE, la Commissione sta anche coordinando la fornitura di assistenza materiale all’Ucraina, comprendente 8 milioni di articoli per le cure mediche essenziali e il sostegno della protezione civile. Per quanto riguarda la distribuzione di tutti questi aiuti umanitari sul territorio, particolarmente importanti è il ruolo delle ONG attive in Ucraina, come Schtka, Depaul International, East Europe Foundation, Caritas Ucraina, Razom for Ukraine e United Help Ukraine. 

Malgrado la decisa risposta della comunità internazionale in termini di fondi messi a disposizione delle ONG in questi primi giorni di guerra, nella prospettiva di una crisi umanitaria di lungo termine, i bisogni degli ucraini vanno oltre le provvigioni temporanee di cibo, vestiti e riparo contro il freddo. In altre parole, sarà il lungo periodo a determinare l’efficacia degli aiuti umanitari per i civili ucraini, sia all’interno del Paese che lungo i propri confini. 

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