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Droni e munizioni vaganti: cosa ci racconta l’Ucraina sul futuro delle guerre

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Il recente uso russo di droni iraniani in Ucraina ha riaperto la discussione sull’utilizzo di tali armi nei conflitti moderni. I droni sono da tempo un elemento di discussione sia in ambito accademico che nell’opinione pubblica a causa della loro recente crescita in termini di popolarità. Il costo contenuto e la loro facilità di utilizzo sono la formula vincente del loro successo. Dai cieli libici passando per quelli del Nagorno-Karabakh, i droni sono ora utilizzati anche in Ucraina, da entrambe le parti, segnando così un modello che potrebbe caratterizzare le guerre future.

I droni di fabbricazione iraniana rappresentano un caso particolare. Spesso vengono scambiati per droni suicidi o kamikaze, mentre in realtà sarebbe più appropriato includerli nello spettro delle munizioni vaganti. Come già spiega la definizione, queste armi vagano in aria dopo essere state schierate, finché un operatore da terra non sceglie il momento giusto per colpire un bersaglio). La principale differenza rispetto ai droni è che le munizioni vaganti sono concepite per essere armi monouso,sono facili da usare, portatili e molto difficili da rilevare per il nemico. Tele munizionamento combina quindi molti aspetti innovativi nel panorama militare: miniaturizzazione, resistenza, precisione, autonomia, facilità d’uso e bassi costi.

Recentemente l’Iran ha ammesso la vendita di droni alla Russia, chiedendo però, allo stesso tempo, prove del loro utilizzo in Ucraina. Secondo l’intelligence statunitense circa 600 droni di fabbricazione iraniana sono stati acquisiti dalla Russia, che ne ha già utilizzati circa la metà. Due sono i principali tipi di droni iraniani utilizzati dalla Russia in Ucraina: il più grande Mohajer-6, un vero e proprio drone in grado di trasportare un carico fino a 40 kg di esplosivo, e lo Shaded-136, il cosiddetto drone suicida, dotato di una testata esplosiva. Secondo l’intelligence britannica, l’Ucraina è stata in grado di distruggere il 60 per cento degli 86 Shaded-136 lanciati dalla Russia lo scorso 10 ottobre. Tuttavia, il costo dell’abbattimento dei droni iraniani supera di gran lunga il costo del loro lancio, poiché il prezzo di uno Shahed-136 varia dai $20.000 ai $50.000, di conseguenza si stima che tra il 13 settembre e il 17 ottobre la Russia abbia speso tra i $11,66 e i $17,9 milioni.  Per fare un confronto, secondo quanto riportato dal Guardian, gli sforzi ucraini per difendersi da tali droni sono costati più del doppio: 28,14 milioni di dollari. Pertanto, sembra chiaro che l’obiettivo principale che la Russia voglia raggiungere, utilizzando tali armi, sarebbe quello di logorare le difese ucraine ed esaurire le loro risorse, usando allo stesso tempo i droni come arma per incutere paura nei civili. L’altro lato della medaglia è rappresentato però dal fatto che la decisione russa di acquistare droni dall’Iran sembrerebbe indicare che la Russia stia finendo le proprie scorte di missili balistici e da crociera, più efficaci ma più costosi e complessi da realizzare. 

La Russia però non sta usando solo droni iraniani. La prima prova dell’uso di tali armi nel conflitto è stata proprio un ZALA KYB russo abbattuto a Kyiv. Lo ZALA KYB è prodotto dalla compagnia di difesa Zala Aero ed è stato ideato sulla base dell’esperienza di combattimento in Siria, può vagare in aria per un massimo di 30 minuti e può colpire bersagli sia a terra che in mare. Recentemente sono circolati in rete video di un altro tipo di munizione vagante russa in azione: il Lancet. Già usato dai russi in Siria, il Lancet è stato progettato per individuare autonomamente il bersaglio bypassando il supporto umano, sollevando così dubbi di natura etica sul loro impiego in combattimento.  

Anche l’Ucraina sta usando droni e munizioni vaganti. Ad aprile gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire all’Ucraina oltre 700 Switchblades Tactical Unmanned Aerial Systems (Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, 2022a). Gli Switchblades sono munizioni vaganti prodotte dalla azienda americana AeroVironment e si dividono in due tipi principali. Il piccolo e leggero (2.5 kg) Switchblade 300, in grado di vagare in aria per soli 15 minuti e con un’autonomia di 10 km, e il più pesante (22,7 kg) Switchblade 600 con un’autosufficienza di oltre 40 minuti e un raggio operativo di 40 km, in grado di eliminare anche i carri armati. Essendo un’arma portatile e pronta al lancio in pochi minuti, lo Switchblade rappresenta uno strumento estremamente utile nelle mani della fanteria ucraina, inoltre, ad aprile, il Pentagono ha autorizzato un nuovo piano di aiuti, che includeva oltre 121 Phoenix Ghost Tactical Unmanned Aerial Systems. Questo sistema è totalmente nuovo e ancora poco conosciuto, ma si può presumere che abbia caratteristiche molto simili a quello Switchblade, essendo un’altra munizione vagante a basso costo, che soddisfa i bisogni dell’esercito ucraino.

L’Ucraina non utilizza però solo droni e munizioni vaganti americane. In seguito all’efferato attacco di droni del 10 ottobre, gli ucraini hanno lanciato una raccolta fondi, che ha ricavato 9,5 milioni di dollari in sole 24 ore, per fornire all’esercito il RAM-II di fabbricazione nazionale. Con un raggio di volo fino a 30 km e con la possibilità di essere equipaggiato con armi termobariche (che gli permettono così di colpire bersagli all’interno di edifici e veicoli), il RAM-II potrà presto dimostrare la sua efficacia sul campo di battaglia. L’Ucraina ha inoltre fatto ampiamente uso di droni Bayraktar TB2 di fabbricazione turca dall’inizio della guerra e con un alto tasso di successo. Sin dall’inizio del suo utilizzo, sono circolati in rete video del drone turco in azione contro carri armati e difese russe, facendogli guadagnare grande popolarità e divenendo un simbolo della propaganda ucraina. I principali fattori che contribuiscono alla popolarità del drone turco sono il costo contenuto, circa 5 milioni di dollari, l’elevata efficacia nel colpire bersagli in aree con un numero limitato di difese aeree e la capacità di individuare postazioni di artiglieria nemiche. La provata efficacia del Bayraktar TB2 ha spinto molti paesi a investire in tali armi, ad esempio sia il Bangladesh che gli Emirati Arabi Uniti avrebbero già iniziato ad acquistare droni turchi.

Sembra che l’Ucraina stia diventando una sorta di test per molte di queste armi. L’Iran sta testando i suoi droni kamikaze contro un paese occidentale dotato di difese aeree moderne, che rappresentano una sfida più probante per il suo prodotto. Parallelamente, La Russia ha appena fornito all’Eritrea 8 droni ZALA KYB in cambio della costruzione di una base militare nel Paese africano e l’efficacia delle munizioni vaganti ha portato paesi come la Francia ad accelerare un ordine di Switchblades di fabbricazione statunitense. 

Droni e munizioni vaganti cambieranno il corso della guerra in Ucraina? Probabilmente no, ma possono indicare in quale direzione le guerre moderne stiano andando. Si prefigura uno scenario nel quale il coinvolgimento umano sarebbe sempre meno indispensabile, portando lentamente ad un’ulteriore robotizzazione della guerra, caratterizzata da costi economici, miniaturizzazione e dispositivi di facile utilizzo. Tali caratteristiche portano droni e munizioni vaganti ad essere disponibili in modo orizzontale: non solo gli stati più tecnologicamente avanzati possono contare su tali armi, ma anche non-state actors e gruppi terroristi. 

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