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Donne, pace e sicurezza: il 25 Novembre è stata la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne… a che punto siamo?

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Recentemente è stata adottata la Risoluzione n.2493 nell’ambito dell’Agenda su Donne, pace e sicurezza che fa seguito, richiamandole, a diverse risoluzioni, tra le quali la n. 1325 del (2000) e la Relazione del Segretario generale del 17 settembre 2015 (S/2015/716).

“La violenza sessuale contro donne e ragazze affonda le sue radici in secoli di dominazione maschile. Non dimentichiamo che le disuguaglianze di genere che alimentano la cultura dello stupro sono essenzialmente una questione di squilibri di potere”. Queste le  parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, nella Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, del 25 Novembre 2015.

La violenza nei confronti del genere femminile è ad oggi una delle più ricorrenti e brutali dal punto di vista della violazione dei diritti umani. Si tratta, inoltre, di un problema diffuso a qualsiasi latitudine geografica, ed  è spesse volte accompagnato da impunità di chi lo perpetra e da vergogna per chi lo subisce. Inoltre, le conseguenze che tali violenze portano con sé, impattano negativamente sia sulla sfera psicologica, sessuale  che riproduttiva della donna, ripercuotendosi nell’arco della sua intera vita.

Alle violenze fisiche vere e proprie,  vanno poi connessi ulteriori svantaggi e discriminazioni che avvengono sin da un’età precoce, e non consentono un’inclusione piena della persona: tra questi vi rientra l’accesso alla scolarizzazione di base, a cui dovrebbe seguire la possibilità di un’istruzione primaria e secondaria; queste mancate e fondamentali opportunità per le bambine divenute poi ragazze ed in seguito donne, si traducono in maggiori rischi sia sul versante della salute, che sul versante delle opportunità di accesso al mercato del lavoro e più in generale sulla loro emancipazione in senso più ampio, a 360° (secondo quanto evidenziato dall’UNICEF-United Nations Children’s Fund).

In aggiunta poi,  si sottolinea come, se da un lato  la violenza di genere  riguardi  ipoteticamente qualsivoglia persona di genere femminile, di fatto alcune accadere donne e ragazze risultano maggiormente esposte rispetto alle altre poiché particolarmente vulnerabili: ad esempio le ragazze giovani e  le donne anziane; coloro che si identificano come lesbiche, bisessuali, transessuali o intersessuali; le  donne migranti e rifugiate; le donne indigene o parte di minoranze etniche;  le donne e ragazze che vivono con l’HIV  o con disabilità varie; infine coloro che vivono in Paesi con forti crisi umanitarie (che potrebbero rientrare anche nelle altre categorie summenzionate).

La violenza contro le donne continua ad essere un ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza, allo sviluppo, alla pace e al rispetto dei diritti umani; da qui ne scaturisce che “ la promessa degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDG) – di non lasciare indietro nessuno – non possa essere mantenuta, senza porre fine alla violenza contro le donne e le ragazze”.

Cosa prevede la Risoluzione n. 2493 del Consiglio di Sicurezza?

La presente risoluzione è volta a:

– ribadire gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale;

– ricordare la Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza Contro le Donne, ad opera dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (che definisce la violenza contro le donne come “qualsiasi atto di violenza di genere);

–  sottolineare  l’importanza di raggiungere una pace e una sicurezza sostenibili attraverso il dialogo, la mediazione, le consultazioni e i negoziati politici.

Oltre a ciò, la suddetta risoluzione pone in evidenza come di fatto permangano molte lacune sia con riferimento all’Agenda su Donne, pace e sicurezza che con riferimento a risoluzioni del Consiglio di Sicurezza adottate precedentemente ma non del tutto poste in essere; un esempio, a quest’ultimo riguardo, è dato dalla risoluzione n. 1325 (2000), citata frequentemente all’interno dell’odierna risoluzione, per gli obiettivi significativi che quella si prefissava:

– sia
da un punto di vista politico, dal momento che enfatizzava  l’importanza della partecipazione femminile ai vari livelli decisionali, ponendo di contro in evidenza la frequente sottorappresentazione delle donne in molti processi e organismi formali relativi al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali; la mancanza di risposte umanitarie adeguate e di sostegno ai ruoli dirigenziali delle donne in tali contesti, l’insufficienza dei finanziamenti per progetti specifici che avessero come focus le donne, la pace e la sicurezza e il conseguente impatto negativo sul mantenimento della pace e della sicurezza internazionale;

– sia da un punto di vista giuridico
, poiché ribadiva, con riferimento alla  tutela delle donne e delle ragazze nei conflitti, quanto fosse importante prevenire la violenza attraverso la promozione dei diritti, perseguendo i colpevoli di gravi crimini ed includendo le donne  nelle operazioni di pace, sia in situazioni di conflitto che postbelliche.

Dal momento che  i conflitti armati hanno un impatto fortemente riconosciuto sulla vita dei civili in generale e delle  donne e delle ragazze in particolare,  il Consiglio di Sicurezza, ancora una volta, chiede a gran voce, con l’odierna  risoluzione n.2493, che  gli Stati membri garantiscano la protezione delle donne da ogni forma di prevaricazione,  e che parimenti  consentano loro di poter prendere pienamente parte ai processi negoziali di pace.

Quanto richiesto dal Consiglio di Sicurezza agli Stati membri, attraverso l’adozione di siffatta risoluzione, è teso a ricordare loro gli impegni presenti all’interno della Dichiarazione e della Piattaforma d’azione di Pechino (1995), a sottolineare agli Stati firmatari della Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Contro le Donne e del relativo Protocollo Facoltativo, il rispetto degli obblighi ivi riportati,  sollecitando al contempo gli Stati che non  ne facciano ancora parte, a ratificare o ad aderire a tali Patti, prendendo atto della Raccomandazione Generale 30 del Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne nella Prevenzione dei Conflitti e delle Situazioni Post-Conflitto.

Gli Stati membri hanno di fatto la responsabilità primaria a far sì che le numerose  risoluzioni delle Nazioni Unite nell’ambito dell’Agenda su Donne, pace e sicurezza diventino operative a tutti gli effetti, potendo, in via continuativa, contare sul ruolo altrettanto importante, sebbene complementare e non sostitutivo, delle varie organizzazioni delle Nazioni Unite in materia, così come degli organismi regionali e sub-regionali.

Spetta agli Stati membri rispettare e garantire i diritti umani di tutti gli individui presenti sul proprio territorio e soggetti alla propria giurisdizione, sia in situazioni di pace che di conflitto armato.

In aggiunta,  si afferma come anche la società civile ricopra un ruolo importante per il contributo che questa apporta, nelle sue varie organizzazioni (tra le quali sono ricomprese le organizzazioni femminili) nel dare attuazione concreta  alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza  nell’ambito dell’Agenda summenzionata.

Si veda poi come, lo stesso Segretario Generale, in più occasioni, tra le quali la Relazione  del 9 ottobre 2019 ed altre raccomandazioni operative per l’ONU e gli Stati membri, oltre a fare il punto della situazione in materia, solleciti gli Stati ad  attuare o ad implementare i propri sforzi con riferimento all’Agenda su Donne, pace e sicurezza, tenendo conto di alcune ricorrenze a breve, tra le quali:  il 20° anniversario della risoluzione n. 1325; il 25° anniversario  della dichiarazione e della piattaforma d’azione di Pechino ed il 75° anniversario delle Nazioni Unite.

Inoltre, se è vero che gli Stati membri, con il supporto delle organizzazioni regionali e sub regionali  abbiano in parte posto in essere alcuni sforzi, al fine di attuare quanto previsto dalla risoluzione n.1325 (2000) e dalle successive risoluzioni in materia, sia a livello regionale, nazionale e locale, attraverso l’implementazione di piani d’azione diversificati tra i quali  il monitoraggio, la valutazione e il coordinamento nelle varie situazioni, così da promuovere , l’emancipazione delle donne e delle ragazze nei processi di pace,  va altresì menzionata la relazione del Segretario Generale del 17 settembre 2015 (S/2015/716) che conteneva già, al suo interno, le raccomandazioni  sull’analisi dell’attuazione della  risoluzione n. 1325 (2000).

In questo momento, anche in virtù di questa coincidenza importante di anniversari (nell’ ambito delle Nazioni Unite), il Consiglio di Sicurezza richiede con fermezza agli Stati membri che venga data effettiva attuazione alle risoluzioni precedenti per quanto riguarda la specifica Agenda su Donne, pace e sicurezza richiedendo un impegno concreto ed efficace che riesca a garantire e promuovere  una partecipazione  concreta, egualitaria ed effettiva alle donne nelle varie fasi dei processi di pace e nelle varie posizioni civili, militari ed apicali annesse. E’ necessario che le donne prendano parte ai colloqui di pace fin dall’inizio, sia nelle delegazioni delle parti negoziali che nei meccanismi istituiti per attuare e monitorare gli accordi; bisogna  rafforzare la  partecipazione femminile nei processi di pace, nelle organizzazioni di consolidamento della pace, nella pianificazione e negli  sforzi di stabilizzazione, nella ricostruzione e nella ripresa postbellica, secondo quanto auspicato dalla risoluzione n. 1645 (2005), dal momento che la loro rappresentanza e partecipazione é attualmente pressoché esigua.

Per poter consentire alle donne di acquisire maggiori capacità partecipative e decisionali a livello di rappresentanza nelle istituzioni é necessario poi che gli Stati membri promuovano  i diritti civili, politici ed economici delle donne, che  decidano di finanziare i progetti dell’ Agenda summenzionata, quali gli aiuti nelle situazioni di conflitto e post-conflitto, i programmi volti alla promozione della parità di genere, dell’emancipazione  femminile e della sicurezza economica delle donne, anche attraverso l’accesso all’istruzione, alla formazione e al rafforzamento delle capacità,  anche mediante una maggiore cooperazione internazionale incentrata su queste tematiche.

Tuttavia, non basta. Stando a quanto richiesto dal Consiglio di Sicurezza, gli Stati membri devono creare ambienti sicuri, così da permettere alla società civile,  alle comunità formali e informali, anche guidate da donne,  agli attori politici e  a coloro che sono impegnati nella protezione e promozione dei diritti umani, di poter svolgere il loro lavoro in maniera libera, indipendente, senza interferenza alcuna ma anzi promuovendo un coordinamento degli sforzi di attuazione in tal senso. Parimenti si chiede di valorizzare il prezioso lavoro posto in essere dal gruppo di esperti informali su Donne, pace e sicurezza,  sulla base di quanto previsto dalla risoluzione n. 2242 (2015), affinché all’interno di tale Agenda, si operi in maniera più efficiente,  con un maggiore controllo e coordinamento degli sforzi per la sua concreta attuazione. Determinante risulta, al riguardo, il contributo stesso delle Nazioni Unite.

Infine, si chiede alle organizzazioni regionali e sub regionali di svolgere riunioni,  a cui partecipino governi ed organizzazioni della società civile impegnate in tale ambito.

Per monitorare l’attuazione dell’ Agenda su Donne, pace e  sicurezza, in maniera specifica, nelle rispettive regioni e nei singoli paesi,  risulta importante incoraggiare e  individuare misure pratiche e misurabili per la piena attuazione dell’Agenda stessa, condividendo le best practices già poste in essere, così da garantire una partecipazione più inclusiva, riferendo poi,  in merito a tali progressi, durante il dibattito annuale del Consiglio di Sicurezza, grazie a gruppi di esperti e a squadre di monitoraggio dei comitati per le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,  quanti e quali impegni e progressi previsti dalla presente risoluzione e dalle precedenti summenzionate vengano effettivamente realizzati.

 

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