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La diversificazione energetica europea in materia di gas: strategie e criticità

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L’invasione russa in Ucraina avvenuta lo scorso 24 febbraio ha scosso l’ordine geopolitico europeo. Tra i vari significativi sconvolgimenti, si segnala quello relativo all’approvvigionamento energetico continentale, fortemente legato all’esportazione di gas da parte di Mosca. La dipendenza dell’Unione Europea dalle forniture russe costituisce un problema di non facile risoluzione per Bruxelles, soprattutto nel breve periodo. Non è bastato, infatti, un accordo di fornitura di gas con gli Stati Uniti per risolvere una questione oltremodo complessa. L’unica via percorribile sembra essere la “diversificazione energetica”. Facile da teorizzare, difficile da realizzare.

Quale gas per l’Europa?

Lo scorso 25 marzo UE e Stati Uniti hanno annunciato un accordo incentrato sull’aumento delle forniture di gas americano ai Paesi europei. Sul fronte diplomatico tale accordo ha avuto dei riscontri positivi, visto il rinnovato impegno di Washington nel Vecchio continente. Recentemente, infatti, gli Statunitensi avevano mostrato molto più interesse verso un’altra area del mondo, l’indo-pacifico, zona oltremodo strategica per il contenimento della Cina, percepita come vera ed unica pretendente al trono geopolitico del mondo. Sul fronte energetico, tuttavia, va detto che l’accordo del 25 marzo è ben poca cosa. Il negoziato prevede che nel 2022 gli Stati Uniti inviino circa 15 miliardi di metri cubi (bcm) di gas in più in Europa, in aggiunta ai 22 miliardi già previsti, arrivando quindi ad almeno 37 bcm di gas per quest’anno. L’obiettivo finale dell’accordo è arrivare a importare 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno entro il 2030. Non è molto, soprattutto rispetto alle quote di gas che l’Unione Europea importa dalla Russia, equivalenti a circa 150 bcm all’anno. Il gas russo copre attualmente circa il 40% del fabbisogno energetico complessivo. La fornitura americana garantirà dunque circa un terzo dell’attuale approvvigionamento russo. Pur quantitativamente non rilevante, l’accordo del 25 marzo ha comunque avuto un impatto positivo nel calmierare i prezzi europei del gas, in rapida crescita.

Il motivo per cui l’Europa negli anni ha di fatto appaltato il proprio approvvigionamento di gas alla Russia è molto semplice: costa relativamente poco ed è facilmente trasportabile. In condizioni di mercato normali, il gas russo arriva in Europa attraverso gigantesche tubature ben collegate, partendo direttamente dal giacimento. In tal modo, i costi sono ridotti, non vi sono particolari problemi di stoccaggio e, di conseguenza, il gas può arrivare copioso e a buon mercato

Il GNL come alternativa

Tutt’altro dicasi per la fornitura concordata tra USA e UE lo scorso 25 marzo. Oltre alla scarsa quantità, il gas americano si porta in dote alcune problematiche. Innanzitutto, arriverà ai Paesi europei allo stato liquido (tecnicamente si tratta di GNL, ovvero Gas Naturale Liquefatto), dato che non esiste un metanodotto diretto che colleghi Stati Uniti ed Europa. Per poter usare il gas di Washington, quindi, serviranno attrezzature ed infrastrutture specifiche: navi metaniere, terminal in grado di stoccare il gas e gasdotti per trasportarlo. In secondo luogo, una volta che il gas è giunto in Europa occorrerà ricorrere a dei terminali di rigassificazione, cioè strutture progettate per far tornare il gas allo stato gassoso grazie ad un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore. Questo aspetto è particolarmente spinoso, dato che nel Vecchio continente non sono presenti molte strutture in grado di far ciò. La penisola iberica è la più dotata sotto tale profilo, visto che ne ha nove (tre in Portogallo e sei in Spagna). A seguire, Regno Unito, Francia e Italia (tre).

Dunque, sia sotto il profilo della quantità sia in ottica logistico-distributiva, la situazione per ciò che concerne l’approvvigionamento europeo di GNL dagli Stati Uniti non è tra le più rosee. A questo si aggiungano i costi della rigassificazione. Le temperature a cui viene tenuto il gas allo stato liquido sono molto basse, tra i -160 e i -162 gradi centigradi. Per riportarlo allo stato originario servono alti tassi di energia, che farebbero inevitabilmente lievitare i costi. 

In sostanza, il GNL non è una fonte di energia utilizzabile nel lungo periodo per quanto riguarda l’approvvigionamento europeo, a prezzi invariati. Una valida alternativa sarebbe la diversificazione delle fonti, sicuramente non di facile realizzazione ma che garantirebbe un flusso costante di energia facilmente stoccabile. I Paesi da cui Bruxelles potrebbe ricavare il gas sono sostanzialmente tre: Algeria, Iran e Qatar. Queste nazioni, a vario titolo, dispongono di gas naturale e potrebbero, in teoria, compensare senza troppi affanni le grandi quantità che ogni anno la Russia esporta nel nostro continente. Nondimeno, sussistono delle criticità per ognuno di questi Paesi che vanno necessariamente considerate, onde poter ponderare con la massima efficacia una strategia di diversificazione energetica di cui l’UE prima o poi dovrà dotarsi.  

I fornitori alternativi alla Russia

Algeria. La produzione annuale nazionale di gas algerino ammonta a circa 130 bcm circa. Oltre a non essere molto, si tratta di una produzione che risulta stagnante dal 2018 e che stenta a progredire a causa della diminuzione delle riserve esistenti e del costo elevatissimo degli investimenti necessari per sfruttare tutti i giacimenti potenzialmente in grado di ospitare grandi riserve di gas naturale. Il solo consumo domestico richiede circa 48 miliardi di metri cubi l’anno. A questi considerevoli volumi vanno aggiunti altri ingenti quantitativi di gas naturale (20 miliardi) indispensabili per la produzione di energia elettrica. Dati alla mano, alla fine ad Algeri restano circa una sessantina di miliardi di metri cubi da destinare all’export, in particolare all’Europa. Le criticità principali per l’Algeria risultano dunque la scarsa quantità di gas esportabile e gli alti costi necessari per effettuare nuove esplorazioni

Iran. Alla fine del 2020, tra i primi 10 Paesi a livello globale per quantità di riserve di gas l’Iran si posizionava al secondo posto, dietro solo alla Russia, con riserve pari a 32.1 trilioni di metri cubi. Inoltre, si segnala che l’Iran ha un alto tasso di successo (stimato intorno all’80%) nell’esplorazione. Per avere un raffronto, si consideri che la media mondiale si attesta al 30-35%. Nel concreto, Teheran potrebbe facilmente sostituire Mosca nella fornitura energetica destinata al Vecchio continente. Tuttavia, il ripristino delle sanzioni sotto la presidenza Trump ha di fatto impedito che l’Iran esportasse gas. In aggiunta, il grande legame politico con la Russia costituisce un ostacolo ab origine a qualunque tentativo “di sostituzione”. Teheran ha recentemente stipulato un nuovo accordo ventennale con la Russia incentrato su varie tematiche, tra cui cooperazione diplomatico-politica, sicurezza militare, difesa ed economia. Di fatto, Mosca mantiene un controllo su dove e a quale prezzo viene venduta la maggior parte del gas iraniano. Le criticità maggiori per l’Iran, quindi, risiedono nell’isolamento internazionale dovuto alle sanzioni e nel forte legame con la Russia

Qatar. Al terzo posto nella classifica mondiale di riserve di gas si trova proprio il Qatar, con riserve stimate pari a 24.7 trilioni di metri cubi. Questo piccolo Paese è un vero e proprio colosso nella fornitura di GNL, con un grande mercato di esportazione in estremo oriente. Quasi il 70% del gas liquefatto proveniente dal Qatar è diretto a Giappone e Corea del Sud, due grandi Paesi energivori dotati di grossi terminali di rigassificazione. Le criticità principali relative a questo terzo possibile fornitore europeo sono due. Innanzitutto, il gas qatariota verrebbe consegnato allo stato liquido, come quello americano. Dunque, andremmo incontro agli stessi problemi logistici già analizzati. Inoltre, l’aumento della fornitura all’Europa potrebbe creare delle sfide geopolitiche da non sottovalutare, visto che le quote di gas destinato ai mercati asiatici andrebbero a diminuire. Pur essendo dotato di uno dei più grandi impianti petrolchimici del mondo (Ras Laffan, situato ad 80 km a nord della capitale Doha), il Qatar è un piccolo Paese che può certamente contribuire a rifornire di GNL varie aree industrializzate del mondo ma che non può costituire la principale fonte da cui approvvigionarsi.

In seguito alla guerra in Ucraina scoppiata lo scorso 24 febbraio appare quanto mai evidente la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento di gas da parte dell’Unione Europea. Ingenti sfide attendono i leader continentali sotto questo profilo. Pur essendo presenti vari player da cui poter rifornirsi in alternativa al gas russo, sussistono delle serie criticità strategiche che devono essere prese nella massima considerazione per poter elaborare politiche energetiche sostenibili ed efficaci. 

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