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La dipendenza europea dal gas russo ai tempi della crisi ucraina: come può l’Europa sopravvivere senza Russia?

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La schizofrenica situazione evolutasi nei rapporti fra Russia e Ucraina nelle scorse settimane ha condotto le due potenze adiacenti ad un critico e controverso scontro bellico, trascinando con sé il più ampio fronte NATO nel più gravoso stallo diplomatico e militare con Mosca dai tempi della Guerra Fredda e della Cortina di Ferro. L’UE ricopre allo stesso tempo un ruolo primario e una posizione sospesa in questo scenario di scontro, essendo, da una parte a sostegno della causa ucraina, e dall’altra, fortemente dipendente dalle importazioni di gas russo. Ciò la pone in una posizione di estrema vulnerabilità, essendo esposta alle ritorsioni russe in materia di shock energetici ad ogni suo passo a favore di Kiev. Nonostante ciò, questo non ha impedito al blocco europeo, e più ampiamente agli alleati Occidentali, di ricorrere all’imposizione di quelle che vengono spesso definite le sanzioni più vigorose e pesanti mai imposte ad un Paese.

La criticità della dipendenza europea dal gas russo

Gli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina si son già ampiamente percepiti in Europa, con lo schizzare vertiginoso dei costi del gas e dell’energia in generale. Considerando la rete di approvvigionamento energetica europea, risulta subito chiara l’importanza focale della Russia per quanto riguarda e forniture di petrolio e di gas naturale. Secondo un report della Commissione Europea, sia nel 2020 che durante il primo semestre del 2021, la Russia è stata il principale fornitore di gas naturale per l’UE, e gli unici altri partner con una quota significativa nelle importazioni totali extra UE sono stati la Norvegia, e ad una certa distanza, l’Algeria (Eurostat, Ottobre 2021). 

Secondo i dati, quasi il 40% del gas naturale importato dall’UE via gasdottI proviene da Mosca. Più precisamente, l’UE riceve il gas russo attraverso quattro principali gasdotti: il Nord Stream 1, che collega la Germania direttamente al fornitore; il Northern Lights and Yamal-Europa, una rete che attraversa Bielorussia, Germania e Polonia; il Blue Stream, che collega la Russia alla Turchia, per poi arrivare in Europa Orientale; e il South Stream, che collega Russia e Turchia, procedendo poi attraverso Serbia, Bulgaria, Ungheria, Italia e Slovenia. Inoltre, in sospeso c’è il tanto discusso Nord Stream 2, un’infrastruttura che corre parallela al Nord Stream 1, e che rifornirebbe l’Europa di ulteriore gas naturale russo. Questo gasdotto è stato recentemente sotto il mirino degli strateghi di Bruxelles, che temevano potesse peggiorare ulteriormente la situazione di dipendenza energetica Europea da forniture russe. Le criticità delle circostanze attuali, ha portato il cancelliere tedesco Olaf Scholz a bloccare l’erogazione della certificazione necessaria per sbloccare il funzionamento dell’infrastruttura già potenzialmente funzionante (The Guardian, 22 Febbraio 2022).

L’Europa, oltre alle forniture Russe, può contare su approvvigionamenti di gas via pipeline provenienti da altri paesi, tra cui Norvegia, Algeria, e, in misura minore, Azerbaijan. Invece, per quanto riguarda i rifornimenti di GNL, nel primo semestre del 2021, Bruxelles ha potuto contare sulle forniture di Stati Uniti e Qatar. L’UE ha recentemente concordato con questi paesi l’aumento delle forniture di GNL, vedendo costantemente scendere i flussi provenienti dalla Russia e per evitare un’insufficienza energetica nelle settimane a venire. Infatti, secondo i dati di un rapporto ISPI, nelle prime settimane del 2022 la domanda europea di gas russo non è stata soddisfatta per il 40%. In queste ultime settimane, l’UE ha trovato ulteriore appoggio da altri stati quali Corea del Sud, Cina e Giappone, che sembrano predisposti a dirottare le proprie navi metanifere in soccorso all’Europa in caso di un’ulteriore stretta dei rubinetti di Mosca. Nonostante l’aumento delle forniture di GNL da Paesi terzi, la dipendenza energetica europea da Mosca è un fatto strutturale e geografico che non può svanire dall’oggi al domani. In più, gli stessi produttori di GNL e alleati europei stanno già operando alla massima capacità produttiva, e non riuscirebbero ad incrementare più di tanto la propria produzione, e tantomeno deviare ingenti quantità di gas originariamente dirette ad altri consumatori. Oltretutto, sarebbero i consumatori europei a pagarne le conseguenze, visti i rincari che comporterebbero tali manovre straordinarie. Negli ultimi anni, a causa delle instabilità in Libia, e dei cali nella produzione in Algeria e Norvegia, la dipendenza energetica europea da Mosca è andata aumentando, con le quote di gas che l’UE riceve da Putin che hanno toccato il 50% della quantità totale importata dal blocco. 

Le mosse di Bruxelles per far fronte alle leve energetiche di Putin

L’attuale abisso diplomatico-militare tra Mosca e Kiev rappresenta la maggior frattura dei rapporti tra Est-Ovest dalla Guerra Fredda, e sta comportando pesanti danni agli alleati europei di Kiev, che dietro la crisi energetica intravedono una tattica del Cremlino per scoraggiare e atrofizzare loro possibili azioni a sostegno dell’Ucraina. 

Un possibile scioglimento delle tensioni e la normalizzazione delle esportazioni russe di gas dirette in Europa non risolverebbe la situazione di vulnerabilità dell’UE, almeno non nel lungo termine. L’Europa ora più che mai necessita di un’adeguata politica strategica in materia di sicurezza energetica, affinché possa evitare di rimaner coinvolta, e lesa, da eventuali coercizioni energetiche di Mosca. Per rispondere a questi problemi, Bruxelles dovrebbe munirsi di nuovi e diversi partner energetici, cosicché la riforniscano di sufficienti forniture di gas naturale e GNL da rendere una nuova ritorsione energetica russa una vana e improbabile leva di potere. Ma non solo. Necessari sono anche il focus sulla transizione energetica e l’efficace implementazione di risorse ad essa dedicate, con lo scopo di sostituire sostanzialmente la quota di gas che l’Europa importa dal vicino fornitore, e, nel lungo termine, rendere il continente autosufficiente e completamente sostenibile dal punto di vista energetico. 

Il primo obbiettivo, come abbiamo sottolineato in precedenza, non è così immediato – come d’altronde non lo è assolutamente il raggiungimento dell’autosufficienza energetica – date le limitazioni in termini di fattibilità logistica del trasporto via pipeline e i limiti tecnici relativi all’estrazione del gas, per non parlare del pieno regime con il quale sta procedendo il mercato mondiale di GNL, che vede la piena saturazione dell’offerta relativa. Inoltre, nonostante parte delle forniture di gas giungano in Europa attraverso il Mediterraneo e dal Nord Africa, la maggior parte di queste fonti non risultano meno instabili del nostro storico fornitore orientale, e perciò ritenute inaffidabili

Per questi motivi, l’Europa deve agire congiuntamente anche sul lato della domanda di gas all’interno dei suoi confini, cercando di diminuire i consumi e restringere l’utilizzo improprio di energia preziosa. Eppure, al contrario di quanto si possa pensare, l’Europa non sta consumando più gas di prima. Infatti, il picco dei consumi europei è stato raggiunto nel 2010, ma, al contempo, la produzione interna di gas è diminuita e con essa anche l’indice di sicurezza energetica Europea. 

Prospetti di sicurezza energetica europea 

Considerando ciò, al momento sembra che il legame di gas tra Mosca e Bruxelles sia indissolubile e, almeno nel medio termine, non mostra di poter essere eliso facilmente. In più, eventuali ulteriori restrizioni russe nei flussi di gas diretti all’UE, metterebbero con le spalle al muro gli stati membri già sofferenti, soprattutto quelli in cui il gas gioca un ruolo chiave nel mix energetico nazionale, e in particolar modo, dove il gas è perlopiù di provenienza russa. Per l’UE, il raggiungimento di un adeguato livello di sicurezza energetica dipende sia da fattori esterni che interni, ma la transizione energetica di Bruxelles deve di certo andare oltre la semplice diversificazione delle forniture di gas. Essa dovrebbe concentrarsi sulla diversificazione di tutte le fonti energetiche, con maggior attenzione alle fonti rinnovabili, come l’energia solare ed eolica, che non si affidano a fornitori esterni, e che sono completamente immuni dalla politica

Nell’attuale contesto, a seguito degli ennesimi brutali sviluppi del conflitto, diversi paesi europei, sempre più inquieti e insicuri del vicino russo, si dimostrano propensi a distanziarsi ancor più da Mosca malgrado i rischi a ciò correlati, considerando nuove e drastiche manovre coercitive, o, come la Germania, annunciando piani di investimento a medio termine atti alla trasformazione industriale ed energetica del paese, così da sopprimere ogni vincolo da Mosca. Tra le azioni previste, c’è l’intenzione di voler interrompere in toto le importazioni di gas russo, come dichiarato recentemente dalla Danimarca (Reuters, 6 Marzo 2022), o perfino la possibilità di imporre un blocco Europeo alle importazioni di petrolio russo in parallelo con Washington (Reuters, 7 Marzo 2022). 

Queste politiche di distanziamento e di purificazione dei mercati energetici europei, vanno interpretate come segnali inequivocabili delle leadership Europee, che si schierano sempre più apertamente contro il barbarico operato di Mosca, andando così a delineare la loro postura nei confronti della Russia come attore internazionale.

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